Un tweet trionfale del premier Matteo Renzi annuncia quelli che per lui sarebbero stati i meriti del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea.
Nell’ordine: piano Juncker, QE, flessibilità, parità euro/dollaro.
Come direbbe quel genio della comunicazione che fu Marshall McLuhan: “Il sensazionalismo ed il sadismo sono termini quasi gemelli”.
Andiamo con ordine.
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
Che compiti ha il Consiglio dell’Unione europea?
Si tratta dell’istituzione in seno alla quale i Ministri di tutti i Paesi Membri si riuniscono per recepire le normative comunitarie e coordinare le politiche relative.
Rispetto alla funzione legislativa, il Consiglio prende congiuntamente al Parlamento la decisione finale sulle proposte presentate dalla Commissione.
All’interno del Consiglio, la Presidenza di turno ha il compito di coordinare e preparare i lavori dell’organismo.
IL PIANO JUNCKER
Il c.d. “piano Juncker” è il programma di investimenti di oltre 300 miliardi adottato a dicembre dalla Commissione europea per rilanciare la crescita all’interno dell’Unione.
Il piano prevede in sostanza la creazione di un nuovo fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI) con il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti (BEI), istituzione che da decenni viene utilizzata dall’Unione per il finanziamento di progetti a lungo termine.
Quale il ruolo del Consiglio presieduto temporaneamente dal premier Renzi rispetto a questo piano? Di fatto ha ratificato la proposta della Commissione europea. Lo stesso merito, quindi, ben potrebbe prenderselo il Presidente del Parlamento Martin Schulz.
Matteo Renzi si è insediato come presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea l’1 luglio 2014.
Già quindici giorni dopo (ripetiamo: quindici giorni dopo, fine settimana compresi) Jean Claude Juncker, nel suo discorso programmatico, diceva che avrebbe voluto “smobilizzare 300 miliardi di investimenti pubblici e privati nei prossimi tre anni. Lo faremo e sarò grato al Parlamento europeo se vorrà supportarmi in questo percorso”.
Quanto alla maggiore flessibilità, sempre nel suo discorso Juncker rilevò che il Consiglio Europeo (organo diverso dal Consiglio dell’Unione europea presieduto da Renzi) “ha stabilito che dovremmo utilizzare i margini di flessibilità che il Patto di Stabilità, come rivisto nel 2005 e nel 2011, prevede per massimizzare la crescita. Lo abbiamo fatto in passato e lo faremo ancora in futuro con una portata più vasta”.
Ancora nello stesso discorso di luglio, il neo presidente della Commissione preannunciò anche le nuove linee guida in materia di flessibilità che sarebbero poi arrivate a gennaio di quest’anno (“I intend to issue concrete guidance on this as part of my ambitious Jobs, Growth and Investment Package”).
In sostanza, Juncker non aveva certo bisogno di venire persuaso o convinto da Renzi, poiché tutto era già stato deciso da tempo sotto la spinta incalzante dell’opinione pubblica di un’Unione sempre più in recessione e dell’affermazione delle forze euroscettiche alle ultime elezioni europee.
Inutile rilevare, poi, che i dettagli del piano sarebbero stati comunque presentati ed approvati nel 2015, sotto la Presidenza di turno lettone.
IL QUANTITATIVE EASING
Sul quantitative easing di Mario Draghi Renzi alza decisamente il tiro.
Non serve davvero spiegarlo.
Si parla di QE (ossia di creazione di base monetaria attraverso l’acquisto di titoli finanziari, anche di Stato, da parte della Banca centrale europea) come opzione davvero realistica almeno dal 2013.
Renzi è debitore di Draghi se l’attuale situazione sembra volgere a favore e non vale certo il contrario.
Inutile ricordare, poi, che la Banca centrale europea è un’istituzione indipendente e che il QE con il Consiglio dell’Unione europea presieduto dal nostro Premier non c’entra davvero nulla.
PARITA’ EURO/DOLLARO
Sulla parità euro/dollaro si consuma la sparata più grossa.
Perché su questo Renzi non può davvero aver esercitato alcuna influenza.
Il deprezzamento dell’euro si spiega infatti principalmente con la divergenza in tema di politica monetaria tra la Banca centrale europea e la Federal Reserve americana.
Da un lato la BCE è stata costretta a lanciare una serie di misure monetarie di alleggerimento (appunto il QE) per far fronte al pericolo di deflazione. Dall’altro la FED ha avviato il c.d. tapering (ossia la progressiva riduzione degli stimoli monetari derivanti dall’immissione di liquidità), annunciando inoltre un futuro aumento dei tassi di interesse con lo scopo di riequilibrare gli effetti espansivi degli interventi precedenti.
In buona sostanza, mentre la base monetaria in UE va aumentando, in USA si va restringendo. E da che mondo è mondo, l’aumento dell’offerta di un bene ne diminuisce il valore.
A ciò si aggiunga la progressiva crescita USA da una parte e la costante difficoltà dell’economia UE dall’altra, difficoltà che contribuisce al deprezzamento della nostra moneta intesa come indice di fiducia sulla salute effettiva di un’economia.
Insomma, Renzi al posto giusto nel momento giusto per poter strumentalizzare a suo favore i segnali di una timida ripresa che in realtà non dipende certo da lui.
Per dirla con lo scrittore di fantascienza statunitense Theodore Sturgeon: “Il 90% di tutto è spazzatura”.
Anche se la traduzione dall’originale inglese “crap” richiederebbe un termine un po’ diverso.