Parks And Recreation è una tra le comedy di maggiore successo negli Usa, girata nel classico stile del mockumentary, ossia un finto documentario, ha nel proprio cast Amy Poehler, comica uscita fuori dal Saturday Night Live Show. Il telefilm narra le vicende del dipartimento parchi della fittizia cittadina di Pawnee.
Come ogni commedia anche questa serie cerca di catturare lo spirito del momento, d’altronde spesso i monologhi dei cabarettisti non sono altro che riflessioni e critiche alla società odierna, solo che rispetto alle nostre quotidiane lamentele loro fanno ridere, noi di meno. In una delle recenti puntate, per la precisione la quinta della settima/ultima stagione, il tema di una delle sotto-trame è la privacy sulla rete. Ma il telefilm fa molto di più e parla esplicitamente di data mining, rappresenta in maniera perfetta lo stile dei nuovi capitalisti della Silicon Valley ispirandosi maggiormente a Google, inoltre con un breve sketch spiegano meglio di tanti altri il recente business dei big data.
Ma ci sono tanti esempi reali di data mining senza che noi ne fossimo consapevoli: il 1 Aprile del 2004 Google concede a pochi eletti i primi indirizzi Gmail, che rispetto ad altre mail hanno ben 1 giga di memoria virtuale e dei filtri anti-spam maggiormente efficaci. Il sistema degli inviti per poter usufruire di questo servizio genera un meccanismo d’invidia, emulazione, anche se in realtà questa trovata nasce per necessità, Gmail non aveva potenza sufficiente. In cambio di caselle mail così performanti gli utenti devono accettare il data-mining; ripensando a quegli anni in cui chi aveva Gmail era considerato uno avanti, un primo innovatore, adesso verrebbe da chiamarli i primi coglioni. Peccato che a molti non importi questa invasione della privacy, anzi ci si esalta quando Google ci fa notare che abbiamo scritto “in allegato”, ma non abbiamo allegato nulla.
Come ci esaltiamo quando vediamo passare il camioncino di Google Street View, ci vantiamo se capitiamo in una delle sue mappature fotografiche. Ma nel 2010 hanno scoperto che le auto Google con telecamera non si limitavano a fotografare strade e piazze, spiavano anche noi, intercettando segnali wi-fi si impadronivano di password, email e altro. La società di Mountain View dopo una serie di ridicoli tentativi di difesa ha dovuto ammettere la propria colpevolezza. Chi l’avrebbe mai detto che invece di aizzarci contro il grande fratello che viene a spiarci, avremmo fatto di tutto per farci riprendere, quasi esaltati da questa opzione.
Ma degli ex hacker californiani come possono andare d’accordo con degli anarco-capitalisti di Wall Street? Sostanzialmente vi sono tre idee alla base dell’ideologia hacker, sviluppatasi negli anni ’80. La prima è una forte tendenza individualista, secondo gli hacker la condivisione non può nascere se gli individui non sono in grado di creare elaborazioni personali, negli ’80 il pc è diventando personal sconfinando nell’alienazione solipsistica. La seconda è il culto dell’eccellenza, ossia l’imperativo di fare meglio, infine c’è il rifiuto dei limiti, bisogna superare le barriere, penetrare nei sistemi.
L’individualismo e il culto della libertà assoluta sono due punti di affinità fra lo spirito hacker e l’anarco-capitalismo. Inoltre hanno un nemico comune: le istituzioni, specie quelle federali, che limitano la libertà di conoscere per i primi e di fare soldi per i secondi. Google, essendo un’azienda della rete che lavora a livello sovranazionale, credeva di poter fuggire da determinate regole e norme, ma la recente balcanizzazione di internet in Cina o Russia sta demolendo l’utopia di una rete libera dalle dittature.
Più andiamo avanti più siamo preda di una follia collettiva nella quale la privacy è una stupida e nostalgica fissazione, se non si ha nulla da nascondere perché nasconderlo? La trasparenza è un mito moderno da perseguire, garanzia di onestà. La privacy deve scomparire per il “nostro bene”, per avere la giusta pubblicità, per poter usufruire della personalizzazione di massa di Google.
Ciò che avviene quando immettiamo così tanti su Facebook o su altri social è il profiling, un termine di chiara derivazione criminologa, che consiste nel raccogliere dati riguardo una determinata persona. Solo che in questo caso siamo noi a fornirgli i dati. I big data permettono guadagni crescenti proprio tramite la profiliazione, grazie alla quale è possibile l’esistenza gratuita del web 2.0. Noi utenti siamo i “criminali” da conoscere bene per predire i nostri desideri e tamponare la nostra sete di consumo, insomma Minority Report di Dick ma per consumatori, perlomeno adesso viene usato solo per questo, domani chissà.
Sbaglia chi crede di poter sfuggire inventandosi un falso profilo, dato che sono in corso diversi studi su sistemi di mass de-anonymizing e re-identification, algoritmi di de-anonimizzazione e re-identificazione di massa sui social network. E’ sufficiente conoscere una rete sociale di modeste dimensioni per poter usare queste informazioni per re-identificare e dare un nome e cognome reali anche ad altri utenti che appartengono ad una rete più grande. In parole povere potere anche farvi il profilo di Massimo Rispetto, ma se poi create sempre la stessa rete sociale il vostro tentativo risulterà inutile.
Fuggire da questo grande fratello è difficile, specie date le pressioni sociali delle nostra rete di conoscenze, ma sarebbe comunque un primo passo essere coscienti del controllo che subiamo ogni giorno, di tutti i preziosi dati con i quali paghiamo i social o le app. Il business di un applicazione non si ferma al semplice utilizzo della suddetta, prosegue con i meta dati raccolti. Ad esempio tutte le varie app per correre hanno un’enorme database riguardante gli allenamenti delle persone, sicuramente sono informazioni che possono essere utilissime per aziende sportive. Dobbiamo sempre ricordarci cosa stiamo dando in cambio per avere social e simili gratuiti, altrimenti arriverà il giorno in cui saremo così assuefatti da pagare per farci spiare. L’ossessione per la privacy di Ron Swanson sembrava esagerata e assurda nelle prime stagioni di Parks and Recreation, adesso sembra l’unico sano di mente.