La Fantascienza è adessoPark And Recreation, Ron Swanson e il data mining

Parks And Recreation è una tra le comedy di maggiore successo negli Usa, girata nel classico stile del mockumentary, ossia un finto documentario, ha nel proprio cast Amy Poehler, comica uscita fuor...

Parks And Recreation è una tra le comedy di maggiore successo negli Usa, girata nel classico stile del mockumentary, ossia un finto documentario, ha nel proprio cast Amy Poehler, comica uscita fuori dal Saturday Night Live Show. Il telefilm narra le vicende del dipartimento parchi della fittizia cittadina di Pawnee.

Come ogni commedia anche questa serie cerca di catturare lo spirito del momento, d’altronde spesso i monologhi dei cabarettisti non sono altro che riflessioni e critiche alla società odierna, solo che rispetto alle nostre quotidiane lamentele loro fanno ridere, noi di meno. In una delle recenti puntate, per la precisione la quinta della settima/ultima stagione, il tema di una delle sotto-trame è la privacy sulla rete. Ma il telefilm fa molto di più e parla esplicitamente di data mining, rappresenta in maniera perfetta lo stile dei nuovi capitalisti della Silicon Valley ispirandosi maggiormente a Google, inoltre con un breve sketch spiegano meglio di tanti altri il recente business dei big data.

Ma andiamo con ordine: nella puntata in questione la protagonista Leslie Knope, interpretata appunto da Amy Poehler, continua la sua battaglia per la concessione di un  terreno verde per fare un parco naturale di livello nazionale. Purtroppo a concorrere per lo stesso spazio vi è una grande azienda tech: la Gryzzl, chiaramente ispirata a Google. I ragazzi della Gryzzl spediscono a Leslie e altri dei pacchi dono, fatti arrivare direttamente alla porta con un drone; i regali sono così personali che subito si capisce che Leslie e gli altri sono stati vittime di data mining, i loro dati in rete sono stati spulciati per fare i regali dei sogni ai vari membri del dipartimento.

A lavorare per l’azienda c’è un ex-collega di Leslie: Ron Swanson, uno dei personaggi più amati della serie, se non il più amato. Prima di andare avanti occorre soffermarsi sul buon Ron.

Ron è un liberalista convinto, come ogni vero americano che schifa il socialismo, ma più che convinto direi estremo. Non tollera minimamente l’intervento dello Stato, difatti sostiene di “lavorare” per il dipartimento solo per far cadere il sistema dall’interno, crede che ogni uomo debba badare alle proprie necessità e difatti è un tuttofare capace di costruirsi una casa da solo installando elettricità e tutto ciò che serve. In America questi liberali estremi vengono detti “Right Libertarian”, sono molto vicini al Tea Party e sognano una minarchia, ossia uno Stato ridotto al minimo intervento.

Right Liberatarian, per far capire il concetto, si potrebbe tradurre in anarco-capitalisti che potrebbe sembrare un ossimoro, ma analizzando brevemente la loro ideologia si capisce come non sia così. Ma perché soffermarsi su questa corrente politica? Perché il primo azionista di Facebook è stato proprio uno di loro, tale Peter Thiel. Sono stati loro a intuire la ricchezze delle aziende tech californiane e a realizzarne il matrimonio con Wall Street.Ma Ron Swanson è molto anarco, ma per niente capitalista, essendo un personaggio fittizio del genere “burbero ma dal cuore tenero” non avrebbero mai potuto rappresentarlo come un reale right libertarian.

Per quanto riguarda i veri libertariani, perdonate l’infelice anglicismo, il primo a pronunciare questo termine è stato l’economista Rothbard negli anni ’60 del passato secolo. Il libertarianesimo si poneva come realizzazione radicale delle libertà individuali in un contesto di libero mercato, ove ogni istituzione che si frappone tra individuo e proprietà è un tiranno oppressivo. 

Ludwig Von Mises, precursore di Rothbard, teorizzò un assioma fondamentale che determina l’individuo a priori: gli individui agiscono per conseguire dei fini soggettivi e per fare ciò usano dei mezzi. Da tale assioma derivano due verità: la prima sostiene che ogni individuo cerca di massimizzare la propria utilità, la seconda che data la scarsità di tempo prima si consegue la soddisfazione meglio è. Date queste premesse si arriva ad affermare che lo scambio economico deve essere vantaggioso per entrambi, altrimenti l’assioma della massimizzazione del profitto individuale nel minor tempo possibile sarebbe invalidato.

Ron Swanson vede lo Stato come un tiranno, ma per comprendere la realtà di questo orientamento bisogna parlare di Peter Thiel, primo investitore di Facebook nel 2004 con 500mila dollari. Peter è un noto venture capitalist di San Francisco, laureato a Stanford: università culla del capitalismo estremo. Se vi sono dubbi sulle sue simpatie politiche vi basti sapere che ha finanziato generosamente la campagna del candidato di estrema destra Ron Paul, inoltre Thiel è anche membro del Bildeberg.

Peter Thiel ha co-fondato, assieme all’ex ceo di Ebay Whitman, PayPal, la cui idea politica alla base era di togliere alle banche centrali il controllo della moneta. Idea lodevole se non fosse per il fatto che PayPal attualmente è quasi un monopolio riguardo i pagamenti online. Inoltre avendo la sede fisica a Lussemburgo molti servizi non sono garantiti. Anche Ron diffida delle banche, difatti sotterra lingotti d’oro, unico valore stabile sicuro; condivide molte idee degli anarco-capitalisti, ma a differenza di loro non le sfrutta per fare soldi sugli altri.

Questa in estrema sintesi è l’ideologia degli anarco-capitalisti, che Ron sia in parte uno di loro ce lo conferma la stessa puntata: quando Leslie svela l’arcano a Ron, ossia che la Gryzzl con il data mining invade la loro privacy e analizza i loro dati, quest’ultimo non viene minimamente scosso da questa notizia, sostiene di non avere nessun giudizio riguardo il funzionamento delle aziende private, anzi critica chi si lascia fregare da loro portandosi dietro un aggeggio che li monitora continuamente.

Immediatamente dopo vediamo Leslie e compagno andare in visita agli uffici della Gryzzl: il ragazzo che li accoglie ricorda lo stile dimesso di un Sergey Brin, così come gli uffici ricordano il Googleplex sede della Google. Un ambiente rilassato maggiormente vicino allo stile di un campus universitario americano, dove studio, impegno, sport e svago formano un tutt’uno; uno spazio di lavoro basato sull’idea che un ambiente ricco di comfort e rilassato aiuta la creatività di tutti. 

Che i ragazzi di Gryzzl predichino un ambiente rilassato lo si capisce chiaramente con il loro motto “Wouldn’t it be tight if everyone was chill to each other ?(non sarebbe figo se tutti fossero tranqui con gli altri?)”, non sono altrettanto tranqui Leslie e Ben quando gli viene spiegato come con una app creino profitto attraverso i big data.

Gryzzl ha sviluppato un app che tramite la fotocamera controlla l’umore dell’utente, consigliandogli di dirigersi allo Starbucks più vicino, che difatti è partner occulto in questa app. Ben rimane stupito quando gli viene detto che la fotocamera resta sempre accesa, sia che la usiamo che no. Il programmatore lo dice come se fosse ovvio, quel “come sapete…” con cui inizia la frase presuppone un utente che ha piena di conoscenza dei propri dati analizzati, come i notai assolutamente sicuri che voi abbiate letto anche quel codicillo in fondo alla pagina e leggibile solo con una lente d’ingrandimento. E’ su questa ingenua ignoranza che le aziende che sfruttano i big data fondano il proprio successo.

Ma ci sono tanti esempi reali di data mining senza che noi ne fossimo consapevoli: il 1 Aprile del 2004 Google concede a pochi eletti i primi indirizzi Gmail, che rispetto ad altre mail hanno ben 1 giga di memoria virtuale e dei filtri anti-spam maggiormente efficaci. Il sistema degli inviti per poter usufruire di questo servizio genera un meccanismo d’invidia, emulazione, anche se in realtà questa trovata nasce per necessità, Gmail non aveva potenza sufficiente. In cambio di caselle mail così performanti gli utenti devono accettare il data-mining; ripensando a quegli anni in cui chi aveva Gmail era considerato uno avanti, un primo innovatore, adesso verrebbe da chiamarli i primi coglioni. Peccato che a molti non importi questa invasione della privacy, anzi ci si esalta quando Google ci fa notare che abbiamo scritto “in allegato”, ma non abbiamo allegato nulla.

Come ci esaltiamo quando vediamo passare il camioncino di Google Street View, ci vantiamo se capitiamo in una delle sue mappature fotografiche. Ma nel 2010 hanno scoperto che le auto Google con telecamera non si limitavano a fotografare strade e piazze, spiavano anche noi, intercettando segnali wi-fi si impadronivano di password, email e altro. La società di Mountain View dopo una serie di ridicoli tentativi di difesa ha dovuto ammettere la propria colpevolezza. Chi l’avrebbe mai detto che invece di aizzarci contro il grande fratello che viene a spiarci, avremmo fatto di tutto per farci riprendere, quasi esaltati da questa opzione.

Ma degli ex hacker californiani come possono andare d’accordo con degli anarco-capitalisti di Wall Street? Sostanzialmente vi sono tre idee alla base dell’ideologia hacker, sviluppatasi negli anni ’80. La prima è una forte tendenza individualista, secondo gli hacker la condivisione non può nascere se gli individui non sono in grado di creare elaborazioni personali, negli ’80 il pc è diventando personal sconfinando nell’alienazione solipsistica. La seconda è il culto dell’eccellenza, ossia l’imperativo di fare meglio, infine c’è il rifiuto dei limiti, bisogna superare le barriere, penetrare nei sistemi.

L’individualismo e il culto della libertà assoluta sono due punti di affinità fra lo spirito hacker e l’anarco-capitalismo. Inoltre hanno un nemico comune: le istituzioni, specie quelle federali, che limitano la libertà di conoscere per i primi e di fare soldi per i secondi. Google, essendo un’azienda della rete che lavora a livello sovranazionale, credeva di poter fuggire da determinate regole e norme, ma la recente balcanizzazione di internet in Cina o Russia sta demolendo l’utopia di una rete libera dalle dittature.

Più andiamo avanti più siamo preda di una follia collettiva nella quale la privacy è una stupida e nostalgica fissazione, se non si ha nulla da nascondere perché nasconderlo? La trasparenza è un mito moderno da perseguire, garanzia di onestà. La privacy deve scomparire per il “nostro bene”, per avere la giusta pubblicità, per poter usufruire della personalizzazione di massa di Google.

Ciò che avviene quando immettiamo così tanti su Facebook o su altri social è il profiling, un termine di chiara derivazione criminologa, che consiste nel raccogliere dati riguardo una determinata persona. Solo che in questo caso siamo noi a fornirgli i dati. I big data permettono guadagni crescenti proprio tramite la profiliazione, grazie alla quale è possibile l’esistenza gratuita del web 2.0. Noi utenti siamo i “criminali” da conoscere bene per predire i nostri desideri e tamponare la nostra sete di consumo, insomma Minority Report di Dick ma per consumatori, perlomeno adesso viene usato solo per questo, domani chissà. 

Sbaglia chi crede di poter sfuggire inventandosi un falso profilo, dato che sono in corso diversi studi su sistemi di mass de-anonymizing e re-identification, algoritmi di de-anonimizzazione e re-identificazione di massa sui social network. E’ sufficiente conoscere una rete sociale di modeste dimensioni per poter usare queste informazioni per re-identificare e dare un nome e cognome reali anche ad altri utenti che appartengono ad una rete più grande. In parole povere potere anche farvi il profilo di Massimo Rispetto, ma se poi create sempre la stessa rete sociale il vostro tentativo risulterà inutile.

Fuggire da questo grande fratello è difficile, specie date le pressioni sociali delle nostra rete di conoscenze, ma sarebbe comunque un primo passo essere coscienti del controllo che subiamo ogni giorno, di tutti i preziosi dati con i quali paghiamo i social o le app. Il business di un applicazione non si ferma al semplice utilizzo della suddetta, prosegue con i meta dati raccolti. Ad esempio tutte le varie app per correre hanno un’enorme database riguardante gli allenamenti delle persone, sicuramente sono informazioni che possono essere utilissime per aziende sportive. Dobbiamo sempre ricordarci cosa stiamo dando in cambio per avere social e simili gratuiti, altrimenti arriverà il giorno in cui saremo così assuefatti da pagare per farci spiare. L’ossessione per la privacy di Ron Swanson sembrava esagerata e assurda nelle prime stagioni di Parks and Recreation, adesso sembra l’unico sano di mente.

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