In questi giorni sta girando una storia che, seppur un po’ drammatica, fa un po’ ridere. Un tale che si chiama Richard Brittain, 28 anni, inglese, ha scritto un libro e se l’è autopubblicato su Wattpad. Il libro in questione non è piaciuto proprio per niente a una tale Paige Rolland, 18 anni, scozzese, che l’ha letto e ha scritto quel che pensava, ovvero che faceva schifo.
Quel che è successo dopo è che Brittain non ha preso per niente bene la recensione della Rolland, l’ha spiata sui social per capire dove vivesse e poi, dopo aver comprato una bottiglia di vino, gliel’ha spaccata in testa, senza neanche la cortesia di svuotarla prima. Fortunatamente la ragazzina se l’è cavata con un gran mal di testa, e lui lo hanno diligentemente arrestato.
Ora, oltre al fatto che Paige Rolland ha ufficialmente smesso di scrivere stroncature, questa storia mi fa venire in mente una domanda che spesso mi viene in mente — e mica solo a me, chiaramente — sul ruolo dei giornalisti culturali, ma soprattutto sul ruolo di un genere vero e proprio di articolo: la stroncatura.
Qualunque giornalista che si occupa di cultura ha avuto a che fare un numero incontabile di volte con libri, dischi, film, opere teatrali, concerti, esibizioni e qualsiasi altro prodotto culturale che facesse cagarissimo. Di solito quello è il momento in cui ci si chiede: assecondo il mio istinto e lo stronco oppure faccio a meno di parlarne?
La risposta, come per quasi tutte le domande del mondo è “dipende”. Ok, ma da cosa? Dal discorso dominante. Sì, esattamente, la stroncatura ha senso soltanto quando si stronca quelli grossi.
HA senso, come fa Monina in un gustosissimo pezzo sul Fatto Quotidiano, stroncare l’ultimo album di Laura Pausini perché tutti gli altri — che magari sono stati invitati al party esclusivo a Miami, tutto pagato, in un hotel a tante stelle con piscina — lo hanno incensato. Ha senso perché l’ascoltatore ha diritto di sapere se una cosa che gli viene venduta come fighissima in realtà fa cagarissimo. Mentre NON HA senso stroncare il libro di quel poveretto di Londra che è andato a cercare quell’altra poveretta in Scozia per prenderla a bottigliate. Non si stroncano cose del genere non tanto perché il poveretto poi ti viene a cercare sotto casa, ma semplicemente perché nessuno ha bisogno di saperlo che quel suo libro fa schifo.