Alla vigilia della chiusura della 73a edizione del Festival del Cinema di Venezia tra passerelle, mondanità, vecchi e giovani leoni del panorama cinematografico internazionale, mi torna in mente Gillo Pontecorvo (1919-2006). Non è un ghiribizzo nostalgico ritrovarlo da direttore del festival dal 1992 al 1996.
A quei tempi non c’erano i social network per condividere live le piccole grandi rivoluzioni al Lido del regista di La Battaglia di Algeri e Kapò e strizzare tutto in un hashtag, come oggi accade con #Venezia73. Nonostante ciò, tanti di noi, allora ventenni, condividemmo con Pontecorvo la metamorfosi di un prestigioso festival in una Woodstock dei giovani.
Fu quasi venticinque anni fa che, insieme agli psicologi Massimo Calanca e Giuliana Montesanto, Gillo – così lo chiamavamo tutti noi con familiarità – mise la prima pietra di CinemAvvenire, il progetto culturale che portò in un decennio oltre 2.000 giovani e studenti al Lido, rendendoli parte attiva della Mostra del Cinema di Venezia. Fu istituita una giuria dei giovani a cui fu affidata l’assegnazione di premi prestigiosi, come quello ANICA-Flash alla migliore opera prima, con cui nel ’93 fu segnalato un promettente produttore, Domenico Procacci.
Mentre noi giovani di allora crescevamo al lido tra Robert Altman, David Linch, Manoel de Olivera, Ken Loach, Krzysztof Kieślowski, Jack Nicholson, Giuseppe Bertolucci, Gabriele Salvatores, Marco Bellocchio, Marco Ferreri, Pontecorvo aggiungeva mattoncini a questa meravigliosa Woodstock dei giovani.
La Mostra di Venezia chiuse nell’armadio l’abito da sera e tirò fuori quello ante-litteram di Festa del Cinema tra dibattiti, incontri e concerti, che portavano al Lido ogni giorno migliaia di ragazzi in visita, perché non occorreva stare soltanto in Sala Grande al Palazzo del Cinema per respirare l’aria di condivisione del festival.
Di questa piccola rivoluzione di Pontecorvo se ne accorsero gli altri festival europei, da Cannes a Berlino, e il passaparola arrivò persino oltreoceano dove gli americani immaginarono una CinemAvvenire sulla boulevard hollywoodiana. Mi è rimasta impressa la faccia del regista Robert Altman che, incontrandoci nel 2000, replicò all’amico cineasta:
Che meraviglia stare insieme a tanti giovani in un colpo solo. Non c’è migliore soddisfazione per chi fa film come me. Bravo, Gillo, hai compiuto un gran bel miracolo.
Gillo Pontecorvo, Massimo Calanca e Giuliana Montesanto compirono un atto di generosità nei confronti della gioventù italiana e non solo perché alcuni di noi mossero proprio alla Mostra del Cinema di Venezia i primi passi delle professioni future: io, Valentina (Petrini), Paola (Altomonte) e Valentina (Renzopaoli) intraprendemmo la strada di giornalista; Luca (Passerini) e Giona (Peduzzi) di creativo e autore televisivo; Gianluca e Massimiliano (De Serio) di registi cinematografici; Bruno (Tassone) di legale specializzato in diritto d’autore; Claudia (Vago) di digital strategist, oggi nota inflencer della Rete e Guido (Calanca) di montatore video e collaboratore del regista Daniele Vicari.
In quegli anni maturammo una coscienza civile e una progettualità legata alla nostra esistenza, racchiusi in questo intervento di Calanca e della Montesanto al 2° Congresso Mondiale di Psicoterapia a Vienna:
Il cinema è anche progetto. Lo è nel suo rapporto con la realtà, necessario alla sua realizzazione, e nella sua stessa essenza di opera d’arte, che esprime il progetto profondo dell’artista e, nello stesso tempo, evoca il progetto esistenziale autentico dello spettatore e gli consente, se vuole, di rimetterlo in gioco.
Le passerelle del cinema passano, i riflettori si spengono, restano gli uomini che hanno fatto piccole rivoluzioni con grandi utopie.