Ieri in prima pagina il Corriere della Sera – esuberante – dava molto spazio al ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il quale inneggiava alla nuova manovra fiscale del governo a favore dei pensionati.
Sempre più spesso nei dibattiti televisivi – ormai inguardabili, meglio spegnere la tv e studiare – si usa la locuzione “I poveri pensionati”, come se fosse una verità rivelata, un mantra indiscutibile. Non è così. In Italia la classe agiata sono coloro che hanno superato i 55 anni. I dati della Banca d’Italia sulla distribuzione del reddito per classe di età sono inoppugnabili.
Durante la crisi le classi più danneggiate sono quelle con il capofamiglie sotto i 34 anni. A seguire la fascia 35-44. La fascia 55-64 anni ha mantenuto il tenore di vita solito, mentre addirittura la fascia “oltre i 64 anni” ha migliorato dal 2002 in avanti la propria situazione economica.
Poletti festeggia dicendo che “La quattordicesima dei pensionati sarà aumentata del 30%”. “Chi paga”, direbbe il compianto Ugo La Malfa? Noi aggiungiamo che ha senso aiutare le categorie più disagiate – ci mancherebbe – ma in molti casi si aiutano coloro che non ne hanno bisogno.
Anche in questo caso il governo malauguratamente non ha volute inserire il vincolo dell’ISEE – indice della situazione economica complessiva familiare”. In questo modo un soggetto con la pensione bassa – che magari ha pagato esigui contributi – con un marito agiato, si vede aumentare la propria pensione.
Altro dato. Secondo la Banca d’Italia il 17% del bonus da 80 euro (10 miliardi all’anno) è affluito a chi ha un reddito familiare particolarmente elevato.
Ancora una volta si rompe l’importantissimo principio stabilito dall’ottima ministra Elsa Fornero, che ha stabilito per tutti il principio contributivo: la tua pensione dipenderà da quello che hai versato in tutta la tua vita lavorativa (con rivalutazione, se il pil sale!).
L’indagine annua della Banca d’Italia – il prossimo aggiornamento a dicembre – ci ha detto che in termini reali il reddito degli anziani oltre i 65 anni è al 160% del suo livello del 1994 e quello dei giovani fino a 30 è al 40%.
Siamo alle solite. Si pensa sempre ai pensionati. Ma ai giovani qualcuno pensa? La piramide demografica invertita pende a favore degli anziani. Sono loro che vanno a votare con percentuali di affluenza maggiore. Sarà per quello, ipotizza Federico Fubini, che il governo tende a favorirli?