“La nostra guerra d’indipendenza” è il titolo dell’edizione speciale de Il Manifesto di giovedì 29 settembre che annuncia un restyling grafico e le novità. “Miglioriamo il nostro vestito di carta” è scritto nel sommario che introduce l’editoriale del direttore Norma Rangeri (la declinazione al femminile del ruolo la lascio a voi). Perché la carta resterà centrale per il quotidiano comunista, pur cercando evoluzioni sul web. Domenica a 24 pagine anzichè 16 e più supplementi da acquistare assieme al giornale. Un vestito nuovo per un “cambio di stagione”, come dice il titolo dell’editoriale, per coprirsi con l’arrivo dell’autunno e per mostrarsi in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre.
Una campagna semplice quanto efficace utilizzando lo slogan “Oggi facciamo la rivoluzione”. Quel che ogni buon comunista vorrebbe sentirsi dire, perché gli accende il cuore. Un cuore rosso come rosso è il colore, un po’ vintage e un po’ identitario, che Il Manifesto ha deciso di utilizzare. Innanzitutto sotto la testata a posto del baffo arancione ma anche all’interno delle pagine, dove si alterna in titoli e occhielli al nero del testo e ai colori delle foto.
Il titolo di prima pagina come spesso è geniale e sintetico: “Milonga manus” per parlare del ministro Maria Elena Boschi che va in Argentina per cercare di convincere gli italiani di Buenos Aires a votare sì al referendum (ma è giusto che lo faccia il governo? E a spese di chi?).
Come al solito centrali risultano la politica e la cultura.
Degni di menzione sono gli articoli:
– “Si può fare – l’Ad di Ferrovie rilancia il Ponte di Renzi” in cui si spiega come l’avvio di cantieri dell’alta velocità in Sicilia potrebbe essere il piede di porco per il ritorno da protagonista del Ponte sullo Stretto, con la privatizzazione del settore Frecce e Intercity e sbarco in borsa;
– “Dalla Screen Sud alla gbm, quando il lavoro è senza padroni” dove si descrivono quelle aziende che, fallite o abbandonate dai proprietari, arrivano alla gestione diretta degli operai con la riqualificazione dell’attività e del settore;
– “La giustizia climatica non può attendere” dove si parla di ambiente e lotta di un’associazione tedesca per bloccare le miniera di carbone e passare a una conversione ecologica della produzione energetica.
Forse la scelta delle immagini potrebbe essere più estetica anche a costo di sacrificare un pochino la contestualizzazione, vista la centralità che si continua a dare alle foto su un giornale cartaceo. La pubblicità non è più un tabù, sia sul cartaceo che sul web, comunque limitata per puntare soprattutto sulle vendite.
Sicuramente un nuovo corso che arriva dopo la crisi e la riacquisizione della testata da parte del collettivo di redazione, a cui non si può che augurare un buon e lungo lavoro quantomeno per ridare vigore a un minimo di pluralismo dell’informazione.