La trasparenza non è una password, è soprattutto una cultura sia dell’amministrazione che dei cittadini
Chi ha creduto, per anni, alla primaria necessità di uno sviluppo della comunicazione pubblica (parlare, dialogare, spiegare) coniugato – in Italia come in tutte le democrazie – con l’applicazione della oggettiva trasparenza (accesso alle informazioni dovute al cittadino e anche connesse all’andamento gestionale della cosa pubblica), riceve 192 pagine di amarezza leggendo Silenzi di Stato, analisi fervida e impietosa curata da Guido Romeo (giornalista del Sole 24 ore) e Ernesto Belisario (avvocato esperto di diritto e accesso all’informazione), edito da Chiarelettere[1].
Alle spalle di questo libro un ampio lavoro di documentazione di Cittadinanzattiva.
Scrive lo stesso Romeo, annunciando sul suo giornale il libro, che “nonostante il diritto alla trasparenza sia nato 250 anni fa nella Svezia delle Repubbliche anseatiche e nonostante che negli USA oggi Obama ne abbia fatto una delle sue bandiere più belle, lasciando all’Unione una riforma del Freedom of Information Act senza precedenti nei suoi 50 anni di storia, in Italia siamo solo agli inizi” [2].
E’ vero – lo dicono gli autori – che l’Italia ha di recente (nel quadro della “riforma Madia”) una nuova legge di accesso alle informazioni che, almeno nei suoi principi fondamentali, è ispirata al migliori Freedom of Informtion Acts. Ma – è sempre Romeo a chiosare il contrappunto – “è la storia degli ultimi cinquant’anni che ci mostra che il cammino verso la trasparenza non è quasi mai lineare e che anche i leader più progressisti possono cadere nella tentazione di metterle un freno se coinvolti in prima persona” [3].
Il caso Giulio Regeni (che comunque non si inquadra nei contesti dei “leader più progressisti”) è tra i più dolorosi casi aperti sui freni drammaticamente tirati in materia di trasparenza.
Il dossier, ora in libreria, è costituito da dieci storie tenute insieme dall’efficace battuta del regista Michael Moore: “La democrazia non è uno sport da spettatori”.
I dieci casi sono altrettante ferite civili quotidiane dell’Italia contemporanea. Per esempio: quanto è sicura la mia scuola? quanto è inquinata l’aria del mio quartiere? come sono fatte le graduatorie dei concorsi pubblici? l’amianto uccide ancora, ma dove? quanti sono i “derivati” acquistati dal ministero e dalle amministrazioni? Sono esempi di informazioni non coperte dal segreto di Stato, ma il cui accesso, fino a oggi, è negato a cittadini, associazioni e giornalisti.
Interessante l’approccio, appunto “civile”, degli autori. Guido Romeo aggiunge alla sua attività giornalistica l’esperienza di Diritto di sapere, una delle associazioni più attive nella battaglia per il cosiddetto FOIA (acronimo di Freedom of Information Act italiano). E spiega in tale veste la necessità del ribaltamento culturale del punto di vista. “Finora la trasparenza è stata vista come una serie di adempimenti a carico della Pubblica amministrazione. Ma non è solo questo. L’obiettivo del libro è assumere il punto di vista dei cittadini mostrando che la trasparenza è uno strumento utile per la salute, per l’ambiente, per il diritto allo studio, per il diritto al lavoro, per la giustizia, per la memoria storica. Nella prefazione diciamo che il diritto alla trasparenza è il più importante in una democrazia dopo il diritto di voto. Non si tratta di un claim per vendere qualche copia in più ma è una cosa in cui crediamo veramente” [4].
Dunque c’è ora una legge – che sta per entrare in vigore – ma si dice che la legge da sola non basti.Per il suo successo è necessario che l’organizzazione di base, diciamo archivistica, della documentazione amministrativa. Ma soprattutto c’è da lavorare (formazione, criteri di reclutamento, priorità nella definizione della mission, eccetera) su quello che Guido Romeo chiama “il gap culturale”. Cioè il dato di fatto che “la macchina amministrativa italiana è stata abituata per più di un secolo a essere molto opaca e pudica e ha timore di aprirsi alla collaborazione, ad esempio chiedendo ai cittadini di aiutare laddove le informazioni sono mancanti o non corrette, cosa da noi ancora inconcepibile” [5].
Lo stesso Gian Antonio Stella è fin troppo avvertito per sapere che, da sempre, quando si tratta di fare queste rivoluzioni in Italia “una legge non basta. E ricorda che “tre secoli fa Ludovico Muratori scriveva: “Quante più parole si adopera in distendere una legge, tanto più scura essa può diventare” [6].
[1] Ernesto Belisario e Guido Romeo , Silenzi di Stato – Storie di trasparenza negata e di cittadini che non si arrendono, prefazione di Gian Antonio Stella, Chiarelettere 2016.
[2] Guido Romeo, Quel che lo Stato non dice, Il Sole 24 ore, 9 ottobre 2016.
[3] G. Romeo, ibidem.
[4] Nel blog riparterilfuturo.it , intervista di Laura Ghisellini a Guido Romeo,”Il diritto alla trasparenza è il più importante dopo quello di voto”, 10 ottobre 2016.
[5] Nel blog riparteilfuturo.it, ibidem.
[6] Gian Antonio Stella, Quanta paura fa la trasparenza ai potenti con la coda di paglia, Corriere della Sera, 8 ottobre 2016.