Non so se mi indigna di più la matita provocatoria di Charlie Hebdo o Salvini con i doposci nello studio televisivo a pilotare sermoni che sanno di sciacallaggio riguardo la slavina che si è abbattuta sull’hotel Rigopiano.
Non bastava un arcipelago di scosse di terremoto, è toccato ad una bufera di neve mettere in ginocchio l’Abruzzo. I social network ci hanno risparmiato per diversi giorni le soilite oche social che, pur di strappare inispidi consensi alle proprie community, si sforzano di fare da ambasciatrici del territorio.
Possiamo parlare ancora di territorio? Non so se mi indigna di più chi strumentalizza politicamente la tragedia, rimpiangendo il Bertolaso di turno o la Commissione Grandi Rischi che lancia l’allarme Vajont bis e non si rende conto di quanto queste avances siano peccaminose.
In Italia c’è una generazione completamente all’oscuro di quella ferita da disastro industriale, ovvero la diga del Vajont che fece di progettisti, costruttori e politici di allora gli assassini del boom economico al pari dei terroristi del decennio successivo. L’Abruzzo è stato un territorio lapidato e, se dovesse ripetersi la sciagura Vajont, dimostreremmo prima di tutto all’Europa e poi al mondo che nelle nostre istituzioni si sono infiltrate gente senza scrupoli e noi concediamo loro qualsiasi libertinaggio.
Non so se mi indigna di più lo speciale di Porta a Porta, ultima riserva della tv democristiana dove non si distingueva uno spazzaneve da uno spazzacamino, o chi ancora ci gira intorno pur di non riconoscere l’email d’allarme ignorata, il ritardo dei soccorsi, la mancanza di un flusso coerente di gestione.
Per fortuna quei poveri cristi, che tra gelo e neve hanno estratto vivi i bambini del Rigopiano, hanno riscattato la coabitazione dell’eroismo con il compimento del proprio dovere fino in fondo, anche a costo di rimetterci la pelle.
#ColCuoreinAbruzzo? Pensavamo davvero anche questa volta di farla franca con un hashtag di circostanza?
Restiamo il Paese del tirare a campare. Speriamo che il futuro contraddica questa presa di coscienza di oggi. Se così non fosse, la vignetta spietata di Charlie Hebdo, piena di sfumature oltre lo steccato dell’indignazione collettiva, ha predetto già tutto.