Trovarmi per caso a Napoli nel giorno della scomparsa di Gerardo Marotta, filosofo e fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, mi è apparso come un segnale per ricordare agli esiliati come me la propria provenienza.
I federiciani fino al midollo osseo come il sottoscritto, nonostante la latitanza da studi classici o filosofici per aver frequentato con onnivora passione i corridoi di Lingue e Letterature Straniere, devono qualcosa all’avvocato partenopeo scomparso lo scorso 25 gennaio sulla soglia dei 90 anni.
Marotta ha spalancato a tutto l’esercito della mia generazione e non solo – che per giunta aveva battagliato negli anni ’90 tra le mura della Federico II il proliferare dei piccoli atenei di periferia per dispensare “titoli” ai figli dei feudatari di provincia – la porta dell’Istituto Italiano per gli Studi Folosofici e farci sentire tutti protagonisti sotto lo stesso tetto della cultura, vestiti con il soprabito della laicità.
Gerardo Marotta mise i primi mattoni dell’accademia scientifica di rilievo internazionale nel bel mezzo degli anni ’70, un decennio buio per la Napoli ferita dal far west della Nuova Camorra Organizzata cutoliana. Il filosofo certosino e appassionato, percorrendo i piccoli passi della discrezione dei grandi filosofi di tutti i tempi, ci mostrò come il sapere poteva zittire il rumore delle pallottole dei mostri di Gomorra, anche quando il malaffare criminale dei decenni successivi si spostò su altri fronti.
I 300 mila volumi lasciati in eredità da Marotta alla città di Napoli non si limitano ad essere il bastimento carico della vita dell’intellettuale o del “filosofo”, vissuto nell’immaginario popolano come il pensatore con la testa tra le nuvole.
Quei quintali di carta e i quarant’anni di attività dell’Istituto ospitato nello storico palazzo Serra di Cassano rimangono la testimonianza di un’esistenza devota alla ricerca e che hanno fatto di Napoli la capitale europea del sapere e della cultura. Quanti di noi se ne sono accorti?
L’avvocato Marotta è stato testardo fino all’ultimo giorno, nella Napoli che per decenni fu decapitata come Cenerantola d’Italia, anche quando il suo amato Istituto rischiò lo “sfratto”, finendo nel dimenticatoio nei giorni grigi della sfrenata corsa al profitto e del business con le regole spietate della globalizzazione.
L’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, che per riflesso ha onorato la gloria dell’Università Pubblica, è un patrimonio da difendere con gli artigli perchè non esiste economia senza pensiero o il valore aggiunto degli umanisti.
Questo è l’epitaffio che vogliamo imparare a memoria come i versi di una grande eredità:
Senza cultura non si crea solidarietà europea. (Gerardo Marotta)