Viva la FifaMuntari zitto e subisci

C'è un giocatore dalla pelle nera che si ferma e vuole uscire dal campo. Ci sono i cori razzisti. C'è un arbitro che amminisce il giocatore. C'è un giudice sportivo che squalifica il giocatore. C'è...

C’è un giocatore dalla pelle nera che si ferma e vuole uscire dal campo. Ci sono i cori razzisti. C’è un arbitro che amminisce il giocatore. C’è un giudice sportivo che squalifica il giocatore. C’è chi ha insultato il giocatore che non ha subìto nulla.

La vicenda accaduta a Sulley Muntari potrebbe essere presa dal canovaccio di una commedia teatrale di Paese. Invece è tutto vero e ancora una volta dobbiamo ricacciare i pugni in saccoccia per la rabbia di un sistema che punisce chi alza la voce e lo fa giustamente. In termini di regolamento, la doppia ammonizione comminata al giocatore, con conseguente squalifica, è una decisione aderente a quanto stabilito.

Nel provvedimento del giudice sportivo si legge che la squalificata è stata comminata per “Doppia ammonizione per proteste nei confronti degli Ufficiali di gara, e per comportamento non regolamentare in campo perché abbandonava il terreno di giuoco senza autorizzazione del Direttore di gara (provvedimento comunicato al capitano della Soc. Pescara)“. Il giocatore del Pescara, ricordiamolo, durante la gara contro il Cagliari, a un certo punto si è visibilmente arrabbiato per alcuni cori razzisti arrivato da un piccolo gruppo di intellettuali in libera uscita. L’arbitro si è mostrato sorpreso per il comportamento di Muntari, che con veemenza ha protestato con l’arbitro: da qui l’ammonizione. Muntari a quel punto ha deciso di uscire dal campo. Poiché però non si può abbandonare il terreno di gioco se non per decisione del direttore di gara, questi non ha potuto fare altro che comminargli il secondo cartellino, come appunto scritto nel comunicato del giudice.

Lo stesso comunicato dice però altro. Attenzione bene. “Considerato che i pur deprecabili cori di discriminazione razziale sono stati percepiti nell’impianto in virtù anche della protesta silenziosa in atto dei tifosi (come segnalato dagli stessi rappresentanti della Procura federale) ma, essendo stati intonati da un numero approssimativo di soli dieci sostenitori e dunque meno dell’1% del numero degli occupanti del settore (circa duemila), non integrano dunque il presupposto della dimensione minima che insieme a quello della percezione reale è alla base della punibilità dei comportamenti in questione, peraltro non percepiti dagli Ufficiali di gara (come refertato dall’Arbitro), a norma dell’art. 11, comma 3″.

Qualcosa non torna: i cori sono stati sentiti sì o no? O bisogna presumere che qualcuno ha un udito migliore di altri, nonostante la protesta silenziosa? Invece, silenziosa non è stata l’Onu – l’Onu, ok? – che ha chiesto alla Fifa di stringere ancora di più le maglie attorno al razzismo: l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Ra’ad al-Hussein, ha spiegato che“Muntari è stato un’ispirazione per tutti noi sul tema dei diritti umani”. Meno male che non lo ha chiesto alla Federcalcio: in fondo, stiamo parlando di un governo del pallone comandato da uno che nemmeno troppio anni fa parlava di Optì Pobbà e banane, per dire.

E allora, se è vero che il pesce puzza dalla testa, le norme applicate non hanno tenuto conto del famigerato buon senso, semplicemente perché non ci sono le condizioni etiche per farlo. Negli anni siamo passati dalla proesta di Zoro in Messina-Inter a quella di Boateng in un’amichevole del Milan, senza che nulla sia davvero cambiato. Anzi, in queso senso le istituzioni del pallone non fanno altro che lanciare un messaggio: se protesti per difendere la tua causa, la tua giusta causa, ti punisco. Zitto e gioca, caro giocatore che nero che prendi gli insulti. Ecco come combattiamo dunque il razzismo nei nostro stadi: fingendo che non ci sia. Nessuno deve vedere o sentire e chi lo fa viene pure mazziato. Ecco la colpa di Muntari. Che ora deve pagare.

P.s.: il Cagliari è alle prese con il progetto del nuovo stadio. Giusto per dare il buon esempio e non dover attendere di trasferirsi lì, visto che i razzisti erano pochi, il club potrebbe tranquillamente identificarli e non accoglierli più in tribuna.