I caratteri maiuscoli, la profusione di vergognatevi e ora basta, i parallelismi superficiali, le dirette streaming brevi, gli slogan, l’App ufficiale, la piattaforma che mette la rete di iscritti nella Rete, e da lì ingaggia in campagne social quotidiane con hashtag ufficiali. A meno che non vi interessiate mai di politica e siate totalmente digiuni di comunicazione, avrete già capito che qualcuno, forse più d’uno, nel PD ha deciso di virare decisamente verso lo stile 5stelle. Per ora indirettamente, sperimentando. La chiacchierata pagina Facebook Matteo News, gestita da simpatizzanti (dunque libera dalle rigidità dell’ufficialità di partito), può essere interpretata come segno di una sconfitta culturale oppure come passaggio obbligato. Potrebbe essere un grave errore di comunicazione, ma può anche darsi che vada come a nessuno pare essere venuto in mente, cioè che funzioni.
LA TERZA REPUBBLICA – Diciamola tutta: lo spettacolo di questa tremenda e imbarazzante grafica è repellente per una buona fetta di elettorato di sinistra e centrosinistra. Le prove tecniche di applicazione dei principi ideati da Casaleggio e soci (non ha senso parlare di Beppe Grillo: il comico non ha nessuna preparazione né merito, ha solo messo il nome) rappresentano una sconfitta per chi finora aveva fortemente criticato questo stile, accusandolo non a torto di vere nefandezze come la relazione opaca coi produttori internazionali di fake news, e lo sfruttamento algoritmico dell’analfabetismo funzionale. Tuttavia di converso potrebbero segnare la vittoria di un modus che se si installasse nell’intero arco costituzionale porterebbe in breve tempo a una nuova Repubblica. Una social-repubblica. I calcoli sul voto servono a poco: è senz’altro vero che una comunicazione del genere non convincerà mai l’elettorato cinquestelle, ma col 13% di elettori che decidono nell’urna, con questa liquidità, con l’ingresso dei nativi digitali, la trasformazione è più profonda. Guarda lontano.
I BARBARI – Facciamo uno sforzo e freniamo il sarcasmo, arrestiamo subito il lamento sui tempi odierni, concentrando l’attenzione su un aspetto poco considerato: i processi culturali. Da sempre, la Storia dei passaggi culturali avviene un po’ per osmosi e un po’ a strappi, ma è circolare: arrivano i barbari che non sanno nulla, distruggono la cultura precedente, i più colti piangono sulle ceneri di quel che è stato, profetizzando tempi bui. Poi, però, i “nuovi” si ingentiliscono, assumono qualità dirigenziali, quasi sempre anche si corrompono, ma si specializzano al punto di estraniarsi dalla base della piramide nella misura sufficiente a costruirne una. Neanche il tempo di spassarsela che arrivano i nuovi barbari, che non capiscono un accidenti ma hanno il sangue più fresco, sono più motivati, vendicano il futuro cancellando il passato.
La declinazione maggioritaria, di un partito del socialismo europeo (fin qui vittima della propaganda populista) rimette il Belpaese come avamposto del nuovo peggio, come lo è spesso stato nei tempi moderni e contemporanei. Ancora una volta in Italia si sperimenta qualcosa che ha il giusto tasso di cattivo gusto per scalare, e lo fa prima di nazioni che hanno anticorpi più robusti, quindi organismi frenati: la Germania, la Francia. La democrazia come la conoscevamo (ed è stata una grande democrazia) sta finendo e con lei la cultura che la sottendeva. È come la pietra di San Michele cantata da Ungaretti: prosciugata, refrattaria, totalmente disanimata.
COME GLI OTT – Al suo posto dovrebbe esserci questo orripilante miscuglio di finta democrazia diretta, demagogia personalista, web marketing, persino advertising, che un giorno però troverà una sua forma più civile. A ciascuno di noi, secondo la sua sensibilità, decidere se si è troppo vecchi o gattopardi per accettare questo passaggio. Basti pensare alle piattaforme: dopo aver rinunciato ormai a capire come accidenti funziona Rousseau e come sia compatibile con dei processi di voto trasparenti, ora il nuovo mostro è Bob, l’equivalente del partito di Renzi, nella quale, hanno fatto notare, si può partecipare con un grado di contributo intellettuale solo se si dichiara di votare PD. Un altro concetto totalmente casaleggesco: la propaganda è gratuita per tutti, la partecipazione attiva è subordinata a un impegno che serve, in buona sostanza, a profilare l’utente.
La politica ha imparato dalle policy degli OTT della Silicon Valley. Con un piccolo, indolore “ok”, le daremo i nostri dati in cambio di continue notifiche gratificanti per servizi solo apparentemente gratuiti. Nessuno se ne accorgerà, tranquilli: quando non ci occuperemo di politica, andremo a fare la spesa in supermercati connessi, in negozi connessi, o riposeremo a casa nostra dando comandi vocali ai nostri assistenti vocali integrati. Insomma, staremo già facendo la stessa cosa.