L'ambulanteI primi 50 anni di Sgt. Pepper’s dei Beatles: perché un disco può cambiare il nostro destino

Gli anniversari spesso sono stritolati dalle celebrazioni e mettono nello scantinato il sospetto cautelativo che a dare sostanza ad un'opera d'arte sia anche una delle storie di vita di noi comuni ...

Gli anniversari spesso sono stritolati dalle celebrazioni e mettono nello scantinato il sospetto cautelativo che a dare sostanza ad un’opera d’arte sia anche una delle storie di vita di noi comuni mortali. Questo vale anche per un disco?

Nei giorni passati sono stati scritti fiumi di parole sul 50° anniversario di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il disco-manifesto dei Beatles venuto alla luce il 1 giugno 1967. Nonostante le circoscrizioni dell’opera monumentale dei Fab Four, non ho trovato qualcosa che filava intorno alla forza di un album di cambiare il nostro destino, condizionando le scelte future.
In particolar modo se non si tratta di chi ha vissuto quel fatidico 1 giugno, bensì di quelli della mia generazione che, da spettatori, hanno assistito al naufragio delle utopie sessantottine nel magma del riflusso di un paio di decenni dopo.

Un disco cambia il tuo destino qundo sei cresciuto in periferia e ti fa indossare gli occhiali metropolitani; quando vogliono convincerti che la copertina di un LP impolverato non sia arte popolare e invece è l’apoteosi di ciò che abbiamo sognato di essere attraverso i personaggi celebri che la affollano; quando pensi che i semidei si fregino soltanto di spudorato rock, invece no è tutto il contrario di tutto, ci sono persino sputi musicali che anticipano il punk.

Un disco sfoltisce il tuo destino quando saccheggi sogni e utopie in modalità ravvicinata per ritrovare la visione musicale calata nella quotidianità, oltre lo steccato del fanatismo spirituale; quando le canzoni non sono isole isolate ma sono assemblate in un racconto musicale corale che riflette ciò che vorremmo essere; quando indossare una divisa può significare anche essere l’anti-soldato che non si sottomette al volere delle ingiustizie in questa faticosa vita.

Frank Zappa dissacrò la copertina di Sgt. Pepper’s dei Beatles nel suo disco We are Only in it for the Money e non solo per svezzare una volta e per sempre le contraddizioni della cultura hippy e l’evaporazione di quelle contaminazioni ideologiche che scrissero il manifesto della Summer of Love californiana.
Zappa sapeva che in quell’ossatura c’era il Big Bang post-atomico della musica, che più niente sarebbe stato come prima, perché le sfrontatezze psichedeliche di Lucy in the Sky with Diamonds mischiate alle storie di ciascuno di noi, da She’s Leaving Home a Being for the Benefit of Mr. Kite, hanno lasciato sospeso nel tempo il futuro di più generazioni.

La mia era destinata ad annegare nel magma del riflusso. Sgt. Pepper’s ha cambiato il mio, il nostro destino, senza deturparci con le rughe nostalgiche dei sessantottini pentiti o sconfitti.