Chi avrebbe mai detto che, già nella prima metà dell’Ottocento, si palesava come effettivamente possibile uno dei più gravi vuoti del nostro tempo?
Nelle dettagliate pagine de La democrazia in America, il perspicace Alexis de Tocqueville identificava l’assenza di uno spirito votato alla democrazia e all’apprezzamento della libertà, come una circostanza fra le più preoccupanti, in quanto capace di rendere incerto e caotico il destino democratico di un’intera comunità.
Il trionfo e il buon funzionamento della democrazia sono difatti riscontrabili nel momento in cui è assicurata la partecipazione del demos. Una partecipazione intesa non solo come coinvolgimento fisico durante le varie rassegne elettorali (compito di per sé già arduo, come più volte appurato), bensì pure come reale condivisione dell’etica democratica nella collettività. I «costumi» particolari notati da Tocqueville confermano la necessità di rintracciare nel popolo l’esistenza di una coscienza civile ben salda, in grado di plasmare con ragione e spirito democratico menti ed azioni dei singoli individui.
Lo smarrimento politico odierno, che ruota essenzialmente (e drammaticamente) attorno al mediocre senso di fiducia riposto nelle istituzioni e nelle logiche politiche democratiche, è anche spiegabile proprio dall’attuale carenza di una «disposizione morale ed intellettuale» (Tocqueville) in seno alla società occidentale.
Dai ragazzi disillusi, ai più anziani indifferenti, è evidente la rassegnazione a non identificarsi più in qualcosa di politicamente distinguibile.
Peggio, le vicissitudini politiche, tanto locali quanto nazionali, sono assimilate ad una grande accozzaglia di malaffare, retorica ed inutili birbanterie.Il rapporto del Censis sull’anno 2017, nelle pagine dedicate al rapporto fra cittadini italiani e mondo politico/istituzionale, evidenzia drammatici dati: 84% di sfiducia nei confronti dei Partiti politici (che dovrebbero invece essere i primi strumenti intercettatori dello spirito e dell’entusiasmo democratico), a cui seguono percentuali di biasimo pari a oltre il 70% per Parlamento, Governo centrale, Regioni e Comuni.
Una fotografia quindi imbarazzante, che certamente non permette di reperire un atteggiamento, un’inclinazione anche solo emotiva dal giudizio positivo nei confronti delle istituzioni democratiche.A tutto ciò, si aggiunga poi lo sviluppo di manifestazioni “autoritarie” ad opera di qualche fascistello, il quale, nonostante sia giovane, quindi cresciuto qui, nell’epoca dell’istruzione come diritto universale, si fa portavoce di istanze e rivendicazioni dai toni assai scontrosi e azzardati per lo spirito democratico della comunità. È un segnale d’allarme forte, che certamente stona con l’auspicio ottimista e giusto espresso dal Capo dello Stato, Mattarella, nei confronti dei ragazzi del 1999, in occasione del tradizionale discorso di fine 2017.
Una certa superficialità nei confronti della cosa pubblica (diffusa in molte altre parti dell’Occidente democratico) contribuisce pertanto a minare l’integrità del «mores», cioè delle abitudini intese come insieme delle opinioni più diffuse, degli orientamenti razionali e morali più favorevoli alla democrazia, che dovrebbero al contrario animare con convinzione la vita sociale e politica del popolo.
A contatto con la politica americana di qualche secolo fa, Tocqueville già riconosceva proprio in questi fattori un certo grado di essenzialità per assicurare lo sviluppo consapevole del governo democratico. E già scorgeva il carattere deleterio di un loro affievolimento.
Occorre pertanto andare oltre la razionalità e il narcisismo contagioso dell’epoca contemporanea. Il fine deve essere la riscoperta della “res publica” tout court, così come di quel senso di autorità legittimato per il bene di tutti, rintracciabile nello Stato democratico. Evitare insomma il vuoto, rioccupando lo spazio destinato alla piena realizzazione dei diritti politici sentenziati in favore dei cittadini.
Una simile interpretazione è certamente il segno evidente di un malfunzionamento democratico possibile, ma la cui soluzione non può affatto essere un suo triste disincanto, bensì lo sforzo complessivo per una sua rinnovata e diffusa consapevolezza.