«Nessun partito e nessuno schieramento dispone, da solo, dei voti necessari per formare un governo e sostenerlo», afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine della prima tornata di consultazione al Colle. E pare sia rilevante che anziché andarci in auto blu i segretari di partito ci siano andati a piedi.
Ma che ci sono andati a fare dal capo dello Stato i segretari? A chieder tempo. Per compattare il centrodestra e digerire la possibile alleanza con i pentastellati.
Silvio Berlusconi, scortato al Quirinale da Mariastella Gelmini ed Anna Maria Bernini, pare si sia inerpicato a dire che Forza Italia: «non è disponibile a soluzioni di governo in cui prevalgano l’invidia, l’odio sociale, il pauperismo e il giustizialismo».
E in queste parole c’è il suggello del fatto che siamo giunti al capolinea di una politica salottiera sragionata e stolta.
Quale sia la diseguaglianza economica del Paese lo leggete nel mio discorso di presentazione di “Patria italiana” a Lecco, che troverete a seguire in newsletter. E noi abbiamo ancora segretari di partito che se ti occupi dei drammi economici di un terzo dei cittadini italiani – sì, avete letto bene, un terzo – ti tacciano di “pauperismo” o di essere un propugnatore dell’odio sociale.
Vedi, caro Cavaliere, quello che importa è la reazione sociale al sopruso ed al privilegio, che se anche la urli è sempre meno violenta del non vederla. E non è l’odio a muoverla. È l’amore per la giustizia e, permettetemi di dirlo, per la civiltà.
Se le pene del prossimo sono soltanto un rumore lontano non sei più in un consesso civile, in un locus amoenus, bensì tra i barbari, in un locus selvaticus. Ma allora non si pretendano dagli esclusi le buone maniere, nella foresta si mangia e si viene mangiati. Che si mangi e basta non è una foresta, è un porcilaio.