Non aprite quelle porteIl disagio in treno dalla A alla Z: M di malattie

Milano, una sera di febbraio, un giorno uguale a tanti altri. Aspetto il treno per tornare a casa dal lavoro e il treno, come al solito, non arriva. Cinque minuti, dieci minuti, un quarto d’ora di ...

Milano, una sera di febbraio, un giorno uguale a tanti altri. Aspetto il treno per tornare a casa dal lavoro e il treno, come al solito, non arriva. Cinque minuti, dieci minuti, un quarto d’ora di ritardo. Mentre la muffa comincia a ricoprire il mio corpo, una voce metallica annuncia un convoglio in arrivo. Non è il mio.

Per un attimo accarezzo l’idea di mettermi a piangere – sono stanca, c’è buio, vengo da una giornata difficile cominciata con soppressioni varie per un guasto agli impianti nella stazione di Sailcavolo e, per citare uno dei film più amati della storia del cinema, in Europa la gente muore di fame –, ma un rigurgito di dignità mi impone di tenere duro e mi suggerisce che, se proprio devo sfogarmi, è meglio battere con violenza sui tasti di un computer che inondare la banchina di lacrime.

Nasce così questa raccolta di istantanee, una sorta di dizionario semiserio dalla A alla Z (qui le altre lettere) delle mie disavventure in treno: sono le gioie (poche) e i dolori (tanti) dei miei spostamenti quotidiani, le delusioni e le insidie, le astuzie per non soccombere di fronte ai disagi. Perché anche se partire è un po’ morire, sopravvivere – per fortuna – si può.

M di malattie

Il treno, si sa, può essere meglio dell’enciclopedia medica. Quante cose che si possono imparare sulle malattie umane e su quelle dei nostri amici animali!

La gente, infatti, forse scambiando il fatto di essere tra sconosciuti con il fatto di essere da soli, tende a raccontare senza alcuna remora i particolari succosi delle varie tribolazioni sanitarie, sia quelle vissute in prima persona che quelle di parenti e amici. La dissenteria è sempre un argomento di tendenza, così come il suo contrario, il blocco intestinale, e tutto quello che ruota attorno alla faccenda. Purghe, colonscopie, incidenti di percorso, tutto viene analizzato al telefono con la zia, per la gioia degli altri pendolari che magari vorrebbero mangiarsi un paio di biscotti senza immaginarli già in putrefazione.

Poi ci sono quelli del mestiere che, dimenticando il diritto alla privacy, si mettono a raccontare le magagne dei loro pazienti. Ricordo bene una giovane dentista che per venti minuti di orologio ha parlato male delle bocche dei poveretti che le erano passati sotto le mani – ma come si fa a ridursi così, ma che schifo quello, ma che stato quest’altro, la gente dovrebbe vergognarsi – e una non più giovane psicologa che ha sviscerato al telefono tutti i dettagli della depressione di una ragazza (con altri) chiamandola pure per nome.

Spesso poi queste persone hanno un tono di voce così alto che è impossibile non ascoltare. Vorresti, ma non puoi, anche se c’è da dire che si imparano un sacco di cose su piaghe e pustole. Laureata in medicina alla Prestigiosa Università del Treno, potrei aggiungere al mio curriculum.

Una volta una conoscente mi ha parlato dell’inesperienza – chiamiamola così – del suo compagno nell’arte amatoria, con tanto di dettagli personali di lui che non so se davvero avrei voluto conoscere. Forse l’ambiente finto-intimo del treno crea una propensione alla confidenza che non tiene conto del fatto che intorno ci sono comunque delle persone, per quanto estranee. Chissà.

E cosa dire degli amici animali? Anche su di loro ho imparato parecchio. Una donna sulla cinquantina, parlando al telefono con quella che sembrava un’amica, ha spiegato a tutta la carrozza le differenze tra le perdite di pelo nel cane normali e quelle invece patologiche; un’altra ha raccontato dell’aspetto del vomito del suo adorato gattino.

Perché la verità è che le cose asettiche come l’emicrania vengono snobbate a favore di argomenti più succosi, che permettono di indulgere in particolari di rilievo, come forma, colore e odore. Non c’è nessun gusto a descrivere quel mal di schiena che ti ha tenuto per tre giorni inchiodato al letto, mentre parlare dell’ultima influenza gastrointestinale ti consente di stupire gli astanti con effetti speciali che farebbero impallidire anche il più splatter dei film splatter.

Ah, gli italiani, popolo di santi, poeti, navigatori.

E narratori.

Della colonscopia del cugino Mario.

In treno.

A un volume illegale.

Che immensa gioia!

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