Slogan identitari, manifestazioni xenofobe e muscolose battaglie in difesa del sacro suolo tedesco radicalizzano lo scontro politico in Germania. E la platea AfD riunita a Magdenburg durante il fine settimana suggella l’intesa con il movimento xenofobo Pegida in vista delle prossime elezioni europee
Il voto in Assia del 28 ottobre pesa come un macigno, non solo sulla testa di un’Angela Merkel ormai evaporata. Dopo la Baviera è il Land di Francoforte a rivelarsi impietoso per la Grande Coalizione che governa a Berlino. Nuova batosta e l’estrema destra di Alternative für Deutschland (Afd) entra per la prima volta nel parlamento regionale, l’unico dei sedici stati federali in cui la formazione anti-immigranti ed euroscettica di Jörg Meuthen, Alexander Gauland e Alice Weidel non era ancora riuscita a far eleggere i propri deputati. A livello nazionale, l’ultradestra spopola nei sondaggi e getta un’ombra minacciosa sulle elezioni europee del 26 maggio 2019.
I due test elettorali in Baviera e in Assia confermano il quadro di una Germania spaccata in due, con una larga maggioranza di popolazione aperta, proiettata verso l’accoglienza, e una sempre più ampia fetta di elettorato attratta da politiche razziste e euroscettiche. Dalla sua creazione nell’aprile 2013, l’AfD ha conosciuto una radicalizzazione indiscutibile. Fondata da una falange di euroscettici ostili alla politica di Angela Merkel verso il governo di Atene – quando la Cancelliera diceva che non c’era alternativa al piano di salvataggio per la Grecia – l’AfD è diventata progressivamente il punto d’aggregazione dell’ultradestra tedesca. Con il 12,6% alle politiche del settembre 2017 Alternative für Deutschland è il primo partito di estrema destra a entrare nel Bundestag dal 1949. E molti sondaggi lo danno ora intorno al 18%, in un testa a testa con i socialdemocratici della SPD per la conquista del secondo posto al parlamento di Berlino.
Le notizie che circolano in questi giorni nella stampa tedesca di presunti fondi illeciti ricevuti da Alice Weidel durante la campagna elettorale del 2017 hanno scosso il partito, ma non ne hanno intaccato la leadership. Riunita durante il fine settimana a Magdenburg per stilare la lista dei candidati AfD per le europee di maggio 2019, la compagine guidata da Jörg Meuthen e Alexander Gauland si è nuovamente scagliata contro un’Unione Europea giudicata “un mostro di burocrazia” che minaccia la sovranità tedesca. Christine Anderson, attivista del movimento xenofobo anti-islam Pegida, è una dei candidati scelti ieri a Magdenburg: sarà la numero 8 della lista AfD per le europee. Dalla tribuna getta nuova benzina sul fuoco per il fronte sovranista, assicurando che durante il suo mandato, se eletta, “strapperà la Germania dall’incubo dell’Unione Europea”. E la platea la ricopre di applausi.
A Magdenburg durante il fine settimana si suggella l’asse fra AfD e Pegida. L’assemblea di partito convocata per stilare le liste dei candidati AfD per le europee di maggio 2019 designa per la prima volta una esponente dei “Patrioti Europei” di Pegida. Dal palco Christine Anderson, 49 anni, infiamma gli animi con un fegatoso intervento. E la platea di Magdenburg la ricopre di applausi.
Ormai in molte città tedesche si manifesta con Pegida e si vota Alternative für Deutschland. Il movimento islamofobo nato nell’ottobre 2014 a Dresda, è diffuso soprattutto nella parte orientale del paese, l’ex DDR, anello debole dell’economia tedesca a oltre due decenni dalla riunificazione. Ma si sta propagando a macchia d’olio anche in altri Länder tedeschi. Agitando parole d’ordine contro immigrati e rifugiati, organizza da anni manifestazioni contro quella che i suoi militanti definiscono “l’islamizzazione dell’Occidente”. L’acronimo Pegida sta per Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes, in italiano Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente. Il suo capo carismatico è Lutz Bachmann, già condannato per droga, furto, aggressione e incitamento all’odio razziale, quello che su Facebook si era ritratto in posa hitleriana, con capelli tirati a lucido, baffetti e sguardo da Führer nazista. Nato da una pagina di protesta su Facebook, il movimento ha conquistato in pochi anni una ribalta inaspettata, portando in strada migliaia di persone, non solo in Germania.
La vera svolta nell’ultradestra tedesca, quella che conduce all’asse Afd-Pegida, è segnata dai fatti di Chemnitz di luglio e agosto 2018. Per settimane la città della Sassonia, la Karl-Marx-Stadt della Repubblica Democratica Tedesca, diventa il laboratorio nazionale dello scontro politico sull’immigrazione. E cade l’ultimo tabù: Alternative für Deutschland scende per la prima volta in piazza con Pegida. L’unificazione delle due anime dell’estrema destra tedesca avviene sui social network fra il 25 e il 26 luglio, in seguito all’accoltellamento di un giovane tedesco di origine cubana. Migliaia di persone scendono in piazza la sera stessa di domenica 26 luglio urlando “Fuori gli stranieri”, portandosi dietro grandi striscioni dove campeggia la scritta Wir sind das Volk, Noi siamo il popolo, lo slogan contro il Muro gridato nel 1989, diventato ora l’urlo identitario dell’estrema destra nella Germania dell’Est.
In tutto il paese si scatena un’aspra campagna anti-migranti, mentre a Chemnitz gruppi di giovani armati dal cranio rasato e bomber neri scorrazzano indisturbati per le vie della città. Sabato 1° settembre Pegida e Alternative für Deutschland convocano una manifestazione congiunta, insieme al comitato “Pro Chemnitz”. Lungo le strade della città della Sassonia, sfilano, uno accanto all’altro, Björn Höcke, Andreas Kalbitz e Jörg Urban, i tre volti dell’AfD nella Germania dell’Est. Al loro fianco Lutz Bachmann, l’ideatore e ideologo di Pegida, seguiti poi da una folla di seimila persone, islamofobi, hooligans e neonazisti. Le prese di distanza e le manifestazioni di sdegno da parte di tutte le forze democratiche e antifasciste del paese non smorzano le polemiche. Da quel momento, l’asse di Alternative für Deutschland con il movimento xenofobo anti-islam fa ormai parte del paesaggio politico tedesco, proprio quando parte la caccia al voto dei delusi della politica delle porte aperte condotta da CDU-CSU e socialdemocratici negli ultimi anni.
Dopo i fatti di Chemnitz in Germania si rafforza la fanfara sovranista e l’estrema destra tedesca radicalizza la sua retorica anti-sistema, incoraggiata dai sondaggi che la danno in forte crescita. E volano schiaffi anche in direzione del governo gialloverde di Salvini e Di Maio, accusato il 24 ottobre da Alice Weidel in un tweet al cianuro di voler far pagare ai tedeschi “l’orrendo indebitamento” della manovra finanziaria italiana. Sognano l’Europa delle nazioni quelli di AfD, ma la furia di Arminio non guarda in faccia a nessuno: sarà molto improbabile che in caso di avanzata dei sovranisti tedeschi a Bruxelles l’Unione Europea diventi più flessibile con l’Italia sui vincoli di bilancio.
Ormai siamo al tutti contro tutti nel fronte ultranazionalista che vuole rappresentare il nuovo blocco di forze in Europa contro Ppe e socialisti. Sovranisti come Jörg Meuthen, Alexander Gauland e Alice Weidel, teorici dello Stato nazione libero da ogni vincolo esterno, sono geneticamente incapaci di solidarietà politica e di visioni d’insieme su scala continentale. Il loro travagliato parto nel bel mezzo della crisi greca insegna. La ricetta sovranista, a Berlino come altrove, consiste d’altronde proprio in questo: ogni paese tira dritto per conto suo, senza obblighi nei confronti di altri governi o altre nazioni. È significativo che proprio mentre la platea di Magdenburg suggellava ieri il nuovo asse fra AfD e Pegida, al Bundestag di Berlino il Presidente francese Emmanuel Macron invitava i parlamentari tedeschi ad aprire “una nuova tappa” nella costruzione europea, per impedire al mondo di “scivolare nel caos” e per garantire la pace. Come dire: una contro-narrazione civile alle urla sovraniste è possibile.
Su questo blog:
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