Sono diversi giorni che ritorna, casualmente, nelle mie letture Venezia.
In questa domenica autunnale di allerta meteo e acqua altissima, distante una manciata di km dalla città d’origine della famiglia di mio marito, leggo Alberto Boatto e il suo diario di viaggio New York 1964 New York della Italo Svevo edizioni, curato da Carlotta Sylos Calò.
Il libro
“New York 1964 New York” è il racconto di un viaggio seminale; è soprattutto il diario di un’esperienza estetica e umana all’indomani della quale Boatto preciserà le sue intuizioni comprendendo il realismo da grande narrazione epica dell’arte americana, grazie agli incontri fatti, alle opere viste negli studi e, più di tutto, alla vita della città.
La mia lettura
New York e Venezia, o forse è più corretto dire Venezia e New York perché parte tutto dalla città lagunare che nel 1964, in occasione della XXXII Biennale d’arte, ha il coraggio di ospitare un gruppo di americani, alcuni neo dadaisti come Jasper Johns e Robert Raushenberg, ma anche i pop artist Jim Dine e Claes Oldemburg e di far esibire al teatro La Fenice Merce Cunningham su musiche di John Cage (Antic Meet, «incontro bizzarro» il brano del musicista).
La sferzata di energia e novità è tale che l’intellettuale e critico d’arte Alberto Boatto non poté resistere all’attrazione fatale e decise di intraprendere con sua moglie Gemma un viaggio oltreoceano.
“Qualcosa di difficile, avvertivo, erano riusciti a forzare, per lo meno simbolicamente, se non ad abolire: la chiusura, la linea di separazione. Avevano scommesso su una forma spettacolare illimitata che, scorrendo senza fratture in ogni punto della realtà, era confluita, esaltandosi provvisoriamente, in un punto privilegiato, folto e a molteplici centri …”
Se amate l’arte, se subite il fascino delle mille contraddizioni che connotano la cultura degli Stati Uniti, allora non è possibile sfuggire alla malìa delle parole eleganti, soppesate, di Boatto che rievoca un momento importante della sua vita simbolicamente sincronizzato con un cambiamento epocale della storia dell’arte e della società.
Io adoro New York, colleziono libri d’arte (ma anche di architettura e fotografia …) e perdermi in questa narrazione appassionata mi è piaciuto moltissimo.
Boatto mi ha fatto scoprire alcune opere che non conoscevo come ad esempio Bersaglio con calchi di gesso di Jasper Johns del 1955 quindi di molto antecedente al boom della pop art eppure incredibilmente evocativo, trappola visiva per l’osservatore che ne rimane ipnotizzato dalla forza innovativa.
Mi sono sentita in completa sintonia con Boatto che si è dovuto arrendere alla seduzione del linguaggio di questi artisti, del loro “combine painting”, per Boatto l’opera di Robert Rauschenberg è neofuturista, è un insieme di cose: «tela + oggetti + strisciate espressioniste di colore + luci lampeggianti + fonti sonore»; non armonia ma «addizione», non composizione ma «combinazione».
Il linguaggio forbito eppure incredibilmente divulgativo di Boatto spiega la potenza innovativa di una corrente artistica che riesce a portare l’arte “ nell’impurità e nella sconvenienza dell’universo di ogni giorno”.
Leo Castelli, il gallerista di origini italiane, è una figura fondamentale di questa storia, affascinante al pari degli artisti che ha accolto sotto la sua ala, è stato la chiave di volta per Boatto e sua moglie a cui si sono spalancate le porte degli atelier più in vista della città, così lo descrive come un uomo dallo “spiccato tatto diplomatico da ex ambasciatore dell’ex Imperiale e regio governo di Maria Teresa d’Austria”, ideale per barcamenarsi tra personaggi come Warhol, Rauschenberg, Jim Dine, Joseph Cornell ecc.
Il libro è diviso in brevi capitoli dedicati ai vari artisti e gli ultimi due alla descrizione dell’America filtrata attraverso due opere eccezionali: Lolita di Nabokov (e la trasposizione cinematografica di Kubrick) e Uccelli di Hitchcock e al suo incontro con Duchamp a Roma.
“Ora stavo per superare il confine che separa l’opera dal suo autore. Ma esiste poi simile confine nel caso di Duchamp, che aveva sistematicamente convertito in segni estetici della sua vita, la sua persona e il suo silenzio leggendario ma fraudolento in verità? Cosa si può mai dire a un personaggio troppo celebre? Cosa gli si può chiedere? […] Per favore, signore, mi affrettai a chiedere senza un attimo d’esitazione, rivolgendomi in francese proprio a Duchamp, potrebbe passarmi il sale? […] Cosa avevo volto dire in queste parole, al di là della sfumatura ironica? Desideravo acquistare anche io cittadinanza nel mondo della sapienza, nella città del sale, di cui il gran patriarca era Duchamp. Con questa battuta improvvisata si chiuse il mio viaggio americano iniziato a Venezia nel giugno dell’anno prima.”
MI ha esaltata e rattristata insieme questo libro perché leggendo il capitolo sul MOMA per esempio, ho provato una forte nostalgia per New York, un desiderio forte di tornarci e di correre al museo per guardare tutto con sguardo rinnovato.
Mi ha ispirata, mi ha fatto sognare, un evviva per le cose belle.
New York 1964 New York Alberto Boatto Italo Svevo edizioni
144 pagine arabe intonse, € 14,00 (ben spesi!) copertina di Maurizio Ceccato