Mi è capitato, negli anni, di leggere diversi articoli su Gerald Murnane, autore australiano le cui opere sono “uscite” dai confini del suo Paese dopo numerose pubblicazioni locali (mi sembra di aver letto che i suoi primi sette libri siano stati pubblicati da piccoli editori solo nella regione dove vive in Australia) e in Italia non sono mai state tradotte fino ad oggi. Ci ha pensato una casa editrice indipendente, Safarà, a portare in libreria Le pianure, tradotto da Roberto Serrai e con una bellissima introduzione di Ben Lerner. Con grande curiosità mi sono avvicinata alla lettura e la prosa di Murnane non ha tradito le mie aspettative.
Il libro
“Un regista di cui non conosciamo il nome si reca presso un distretto delle pianure australiane con l’intento di scrivere una sceneggiatura e girare il film definitivo con il quale raccontare il mistero di questo arcano territorio. Dopo aver presentato il suo progetto al comitato dei latifondisti, composto dagli uomini più importanti delle pianure, viene accolto nella tenuta di uno di questi affinché possa disporre di tutto ciò di cui ha bisogno – a cominciare da una immensa e malinconica biblioteca – per la sua sceneggiatura e procedere finalmente alla realizzazione del film. Alla ricerca della protagonista femminile con la quale rappresentare il mistero delle pianure, il regista sembra trovarla nella stessa casa del suo mecenate. “
La mia lettura
Io sono nata in una terra aspra, con la montagna in faccia alle case,vivo però in Pianura Padana e confesso che mi riesce complicato abituarmi al paesaggio di pianura. Lerner nell’introduzione descrive le sue pianure come un posto con un “cielo privo di ostacoli”, l’uniformità, la monotonia di una pianura risultano chiaramente più difficili da comprendere rispetto alle “plateali bellezze naturali” di un paesaggio discontinuo, dove una montagna può essere la quinta su cui rispecchiare il sentimento del viaggiatore.
Le nostre pianure, quelle del Nord-Est, sono una sorta di “cacofonia cementizia”, un mondo “capannonizzato”che si contende lo spazio con sontuose ville (in Veneto soprattutto) e vigne, cogliere le sfumature di questo “sprawl” è ben difficile, si può perdere la testa a voler interpretare questi paesaggi “indecisi” e quindi entrare in sintonia con Murnane per me è stata questione di un attimo.
Murnane descrive una società ossessionata da una introspezione arcana, il rapporto con la terra è culto delle origini, il paesaggio è la “mise en abyme” che definisce il pensiero stesso e l’estetica degli abitanti delle pianure. La natura è al contempo lo spazio del più disincantato e brutale assoggettamento, e l’oggetto di un vagheggiamento nostalgico e idealizzante. Come l’autore, anche i suoi personaggi, questi uomini delle pianure, non guardano alla vita come un viaggio, non c’è la “Sehnsucht” per il travalicamento dei loro confini.
“Venti anni or sono, quando vidi le pianure per la prima volta, lo feci con gli occhi bene aperti. Cercavo, in quel paesaggio, qualcosa che sembrasse accennare a un significato complesso, oltre le apparenze.”
Così comincia Le pianure.
Ma cosa ho trovato in questo autore di particolare? Più correttamente cosa ho trovato in quest’opera , Le pianure? Non si è trattato per me di andare a cercare elementi di novelty, il mio approccio è stato quello dell’esploratore, non ho voluto individuare in Murnane similitudini con autori conosciuti (negli Stati Uniti lo hanno paragonato a Calvino), mi sono limitata a “godere” del paesaggio che mi veniva raccontato.
“Le pianure che attraversai in quei giorni non erano sempre uguali, all’infinito. A volte guardavo una grande vallata, poco profonda, con alberi sparsi e bestiame ozioso e forse, al centro, un misero corso d’acqua. A volte, al termine di un tratto di campagna che non prometteva assolutamente nulla di buono, la strada saliva verso quella che senza alcun dubbio era una collina, prima di lasciarmi intravedere, più avanti, solo un’altra pianura, rasa e brulla e sconfortante.
Nella grande cittadina in cui arrivai, un pomeriggio, notai un certo modo di parlare e di vestire, e mi persuasero che mi ero spinto abbastanza lontano.”
La natura di Murnane provoca le recriminazioni degli umani che vogliono occuparla, sottrarle spazio, se nella cultura italiana si tende a identificare la montagna come locus horribilis, qui è la pianura che nell’immaginario occupa un posto misterioso, fuorviante.
La voce narrante di cui non conosciamo il nome, sembra aver studiato a fondo gli uomini delle pianure, ha una strategia per capire se schierarsi con gli “Orizzontisti” o con “Gli uomini lepre”.
Entrambi “guidati” da un gruppo di artisti
I primi:
seguono l’idea “L’orizzonte, dopo tutto”. Si riuniscono a
“discutere di estetica a voce troppo alta. I membri del gruppo si identificavano tra loro indossando un nastrino azzurro e verde, piegato a fiocchetto. In seguito, dopo lunghe ricerche, trovarono una stoffa tinta di un’insolita sfumatura verdeazzurra, da cui ricavare nastri del famoso «colore dell’orizzonte».”
I secondi:
“Questo gruppo organizzò una mostra, con una sala piena di quadri di argomento nuovo. La più icastica di molte opere simili, Declino e caduta dell’impero dell’erba, a prima vista sembrava solo uno studio molto dettagliato di un fazzoletto d’erba nativa, pochi metri quadri di uno qualsiasi tra gli innumerevoli pascoli delle pianure. L’artista sosteneva di essere stato ispirato dallo studio di un certo piccolo marsupiale […] la lepre delle pianure tenace ingenuità di questa specie quasi dimenticata per salvarsi era costretto ad avvinghiarsi a quel paesaggio così brullo, a intestardirsi a vedere la corta erba delle pianure come un baluardo contro gli intrusi L’uomo che sosteneva queste cose insisteva di non essere un semplice amante della natura che auspicava il ritorno della fauna selvatica scomparsa. Voleva che gli abitanti delle pianure vedessero il loro paesaggio con altri occhi; dovevano recuperare la promessa, addirittura il mistero, delle pianure come potevano essere apparse a chi non aveva nessun altro rifugio.”
Non ho potuto fare a meno di pensare alla “Metafisica della Qualità” e collegare i primi ad una visione della Qualità Romantica, uomini intuitivi, scevri da schemi intellettuali, inclini al cosiddetto “pensiero narrativo” e i secondi ad una visione della Qualità classica, quindi dediti ad una vita e una contemplazione più logica ed intellettiva.
Il protagonista decide di essere l’uno e l’altro, per capire come “stare nel mondo”.
Volendo prestarsi al gioco di Murnane e ricondurre il protagonista ad un paesaggio, sarebbe un “terzo paesaggio”, un contrappunto del paesaggio organizzato e ciò che resta per sottrazione.
Nell’Interno è il titolo del fantomatico film che il protagonista di Le pianure sta girando ed è proprio nell’interno che bisogna guardare per cercare di portare alla luce ciò che è marginalizzato nella dimensione umbratile soggettiva dell’autore.
“Questi uomini, difatti, erano fiduciosi del fatto che più mi fossi sforzato di raffigurare anche un solo particolare paesaggio, una disposizione di luce e superfici che suggerisse un istante su una pianura di cui fossi sicuro, più mi sarei smarrito in un labirinto di giri di parole, senza che dietro di queste comparisse alcuna pianura.”
Le pianure è una conversazione dell’autore con se stesso, così l’ho letto io e nelle pieghe delle riflessioni di questo romanzo che Lerner ha correttamente definito ecfrastico, il lettore trova a sua volta gli spunti per una propria conversazione intima.
Gli uomini delle pianure di Murnane hanno, sembra, una predilezione per “ciò che è nascosto piuttosto che ovvio: il loro debole per l’aspettarsi molto dal meno favorito o dal meno noto” e io voglio tenere in mano la mia macchina fotografica, guardare attraverso l’obiettivo come il protagonista di Murnane e fissare “obbediente un punto davanti a me” dove trovare la mia esperienza fisica, qui, in questa pianura.
Gerald Murnane – Le pianure – Safarà editore (traduzione di Roberto Serrai) € 18,00 (sul sito dell’editore € 15,30) pg. 128