Di dieci sezioni è composta questa raccolta di poesie di Stefania Rabuffetti, Parole affamate di parole, un volume illustrato da Jose Molina e introdotto egregiamente da Renato Minore (Manni editore).
Il libro
In questa nuova raccolta di Stefania Rabuffetti ogni poesia ha la sua data di composizione. Come a significare la messa in scena di un diario in versi emersi dal magma confuso e indistinto dell’esistenza e dell’esperienza, raccogliendo parole e significati, immagini ed emozioni per disporli e comporli in un ordine: quello che potrebbe ricordare l’organica struttura di un racconto in progress, composto momento per momento, nell’emorragia del tempo che sembra divorarli.
L’inserimento della data di composizione in ogni poesia e il sottile lavoro di rimpaginazione compiuti, a freddo, sul corpo del testo, dimostrano l’intento di creare un effetto complesso di contemporaneità e, al tempo stesso, di stratificazione. Si accentuano così gli elementi prospettici e di chiaroscuro che suggeriscono l’idea della profondità e, dunque, della distanza temporale.
La mia lettura
Una scrittura nuda quella di Stefania, versi granitici a cui affida le sue verità che svelano realtà mai temperate:
“una luce limpida e scaltra
che avanza alla vita
d’intorno s’indugia
nel mio vedere le cose
le sbianca
e mi corregge
lo sguardo di trasparenza.”
L’assenza di punteggiatura mi ha ricordato immediatamente un poeta americano scomparso da poco, W.S. Merwin, allo stesso modo Stefania ci offre i suoi versi liberi da pause e da ogni intenzione oratoria, poesia che diventa erranza interiore che scava lo ieri:
“Il tempo è andato via
e tu apolide nel tuo corpo
con mappamondo cucito sulla pelle
lo hai rincorso
resto qui ad aspettarti
con giara di vetro tra le mani
dove ho raccolto la tua voce
e un buco d’assenza
ritagliato intorno al cuore
il tempo testimone pigro
che osserva e oltrepassa
ti ha chiuso dietro spifferi di ieri
ha fermato ogni tuo gesto nel passato
ti ha reso immobile
e distante da me
che sto aspettando
nello spazio vuoto che hai lasciato
e che riferisce del futuro.”
Ogni poesia è precisamente collocata nel tempo, le date consentono di seguire una cronistoria, viaggio tra passato e presente e futuro finanche e se c’è erranza c’è anche “aspettanza”:
“sono ferma ad aspettare di crescere
di far conoscenza
con i miei silenzi
i miei pensieri
i miei cambiamenti
sono la porta aperta
che ospita punti di forza e lati deboli
la mia doppiezza
la duplice faccia
la duplice persona
moltiplicata centuplicata
fino a diventare folla.”
Versi che osano, che colgono il kairos per emergere e mutarsi in diario, summa dell’essere, ferocemente realistici:
“Mi conosco per sentito dire dal silenzio
e mi riconosco nelle mie poesie
in ogni argomento trattato
nella vita alla ricerca ossessiva della morte
un tema tanto caro al diavolo
che mi drogava l’anima
concepita e nutrita dallo spirito divino
mi conosco non ancora a menadito
dai tempi dell’infanzia
anche se mi sono persa di vista per decenni
diventando un’estranea
con cui fare di nuovo conoscenza”
Pensieri e sentimenti contrapposti e poi reductio ad unum perché la necessità è la convergenza verso l’assunzione personale delle ricerca della verità che le è presente interiormente.
E’ nell’abisso del cuore che Stefania cerca e raccoglie il nodo che salda ogni relazione e sempre nel cuore va a guardare per trovare “la questione dell’oltre”, ha un vincolo formativo e maieutico con la poesia che la va a cercare, e ad essa si arrende.
Parole affamate di parole – Stefania Rabuffetti – Manni editore (pg. 576 € 28,00)