Il libro
Un viaggio di 104 chilometri su una strada a doppio senso, stretta tra le acque del mar Jonio e le pendici dell’Aspromonte: il percorso da Reggio a Siderno dura solo un’ora e mezza di auto, ma dalla Calabria si ramifica attraverso cinque continenti e oltre quarant’anni di crimini. Dall’omicidio del potentissimo amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Lodovico Ligato fino a maxioperazioni di riciclaggio a Hong Kong; dai rapporti privilegiati coi narcos colombiani fino al brutale assassinio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kus?nírová, in Slovacchia; dal più grande carico di ecstasy di tutti i tempi nascosto nel porto di Melbourne fino alle guerre che stanno insanguinando i sobborghi di Montréal e Toronto: guidare sulla Statale 106 significa risalire fino alla sorgente del fenomeno globale ‘ndrangheta, un’organizzazione capace di celebrare i riti ancestrali di una Madonna in lacrime mentre mette a segno spericolate operazioni finanziarie internazionali da milioni di euro. “Statale 106” è un viaggio dentro la storia e la psicogeografia, e il suo punto d’arrivo non può che essere quello di decifrare la mente degli affiliati. Con l’istinto del giornalista d’inchiesta, la passione del romanziere e l’emozione di chi racconta la propria terra d’origine, Antonio Talia ha costruito un reportage lucido e pieno di rabbia, un’immersione nel male che ha il sapore aspro della verità.
La mia lettura (emotiva e partecipata)
Dei 491 km sella Statale 106 io ne conosco giusto una manciata, quelli che costeggiano la provincia di Cosenza, che sfiorano paesi come Corigliano e Rossano che sono stati nominati più volte in Tv per Rino Gattuso che a Corigliano c’è nato, per la liquirizia Amarelli che porta Rossano in giro per il mondo più di quel magnifico codice purpureo di cui poco si sente parlare fuori dai confini regionali.
Leggere Statale 106 è stato triste, seguire Antonio Talia a Propaganda Live con Diego Bianchi ancora più triste ma sono indecisa se mettere sul podio della tristezza la presentazione e le domande che Concita De Gregorio ha fatto a Talia in occasione di Più libri più liberi.
Triste perché? Perché la Calabria, anche nei fenomeni criminali, si conferma fanalino di coda, la linea di sangue, di morti, di malaffare di cui l’autore parla conferma semplicemente l’indifferenza che connota la regione di cui nessuno si occupa. Mai. Neppure i giornali e le televisioni che non hanno nessuna redazione sul territorio e quindi non sanno niente.
L’isolamento a cui è stata condannata dai km di binari della ferrovia non elettrificata, dalla lobby delle compagnie di bus che hanno fagocitato il mercato dei trasporti lasciando che in un aeroporto come quello di Lamezia Terme puoi comprare facilmente un biglietto del bus che da Treviso ti porta a Venezia ma nessun biglietto per andare da Lamezia a Cosenza perché se ci sono bus che arrivano ogni giorno in tutta Italia, non ci sono bus che si muovono in giro per la regione.
Il tragitto che Talia ha ripercorso nel libro, non solo in Calabria ma anche all’estero, mostra che il male generato da questa terra di montagne e mare, terra aspra, “si irradia” con maestria in ogni dove, in Europa ma anche molto più lontano, negli Stati Uniti, in Sudamerica, in Australia perfino.
Una storia di litorali frastagliati da scheletri di case mai finite, sono quelle abusive o anche più semplicemente quelle dei tanti emigranti che con i risparmi hanno provato a costruirsi una casa nel paese che hanno lasciato ma la vita è imprevedibile, i soldi servono e le case va a finire che rimangono con i “foratini” a vista il cui colore rossastro è diventato una sorta di tratto distintivo che contribuisce a dare al paesaggio quel senso di precarietà che si respira in molti paesini della regione.
“La Statale 106 non è una statale litoranea, ma un abominio statistico di dimensioni internazionali”
Talia si è concentrato sul tratto Reggio Calabria – Siderno, sono circa 104 km nei quali si concentrano traffici di ogni tipo, parte da Bocale il racconto, ci ricorda un omicidio di cui poco si è parlato, che mai è stato tirato fuori negli anni, quello di Lodovico Ligato, morto ammazzato sui gradini della sua villa nell’agosto del 1989
“Il delitto Ligato mette in ginocchio una provincia che è zona di guerra già da quattro anni e provoca onde telluriche che si propagano fino a Roma.
Il processo di rimozione inizia immediatamente.
[…] La direzione provinciale della Democrazia Cristiana elimina il suo nome da tutti i documenti successivi con una mossa da Unione Sovietica […] Ai funerali partecipano in pochissimi”.
Un “omicidio imbarazzante” che viene liquidato come il culmine della seconda guerra di ‘ndrangheta e la cosa finisce lì, rimossa ad arte e a livello collettivo.
Ma ricorda anche l’omicidio Fortugno Antonio Talia, il vicepresidente del Consiglio regionale, quando ho letto il suo nome mi sono resa conto che lo avevo dimenticato, e lo spiega Talia che è nel carattere dei boss della ‘ndrangheta far poco rumore, non sono esuberanti come i siciliani o i campani, si preferisce lavorare sottotraccia e assicurarsi risultati considerevoli, basti pensare che la seconda guerra di ‘ndrangheta si è conclusa con più di 500 morti accertati.
Se avete visto la puntata di Propaganda Live ad un certo punto vi ricorderete che Diego Bianchi, Antonio Talia e Piefrancesco Citriniti si sono imbattuti in Gabriel Garko che in uno sperduto centro commerciale di Bovalino promuoveva l’inizio degli sconti. Che incredibile sorpresa, sorpresa che era mille volte amplificata dal fatto che fosse a Bovalino e non che fosse a fare una stupida serata in un centro commerciale di provincia. Mi ha lasciato l’amaro in bocca. Forse non sarebbe stato così “grave” se il centro commerciale si fosse trovato in Veneto?
Il racconto di Statale 106 continua con la vicenda della Liquichimica, capolavoro assoluto di denaro mal speso, progetto che ha coinvolto 750 operai che a fronte di un paio di mesi di lavoro hanno avuto oltre vent’anni di cassa integrazione.
E’ una cronaca Statale 106, e la cronaca passa da sperduti paesini della Calabria a Hong Kong, a Milano, alla Slovacchia, alla Colombia, c’è anche un cenno al famoso rapimento di Paul Getty III e descrizioni di quegli stretti valloni e gole solitarie dell’Aspromonte, ai rapimenti di Casella e Celadon e agli allevamenti di struzzi, ho detto proprio struzzi.
“Chistu è ‘u paisi aundi si perdi tuttu
Aundi i fissa sunnu megghiu i tia
‘U paisi i “m’incrisciu” e mi ‘di futtu
E ogni cosa esti fissaria.
“ Nei miei momenti più speculativi, a volte, prima di addormentarmi, immagino di tornare a guidare sulla Statale 106. Nell’ora magica subito prima del tramonto il sole taglia l’orizzonte con riflessi indaco e arancio sulle onde, il vento soffia a nordest e la radio torna a suonare ad alto volume dopo l’ultima interferenza.
La Statale è così bella che sembra quasi pacificata”.
Ha un sapore amaro questo racconto, il tono è lucido, la cronologia dei fatti precisa, porta il lettore a conoscere meglio una realtà e confesso che sono arrivata in fondo col groppo in gola e quasi ho desiderato che non avesse scritto tutto questo Talia perché non so se mai si riuscirà a strappare dall’isolamento questa terra che si trova a gioire per il nuovo “Frecciargento Bolzano/Sibari” come fosse lo “Shinkansen”, usciti dai confini del piede dello stivale ci si trova spesso a doversi giustificare sul “perché non ci sono i treni” Perché non fate niente?
Perché le lunghe e bellissime spiagge non hanno strutture ricettive? Siete poveri, o non siete coraggiosi?
Caro Antonio Talia mi hai fatto venire in mente quella canzone di Domenico Modugno:
“Cieli infiniti
E volti come pietre
Mani incallite ormai
Senza speranza
Addio addio amore
Io vado via
Amara terra mia
Amara e bella”
Statale 106. Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta – Antonio Talia – Minimum Fax – Pp 312 € 18,00 sul sito dell’editore € 15,30