E’ il limite umano bellezza. Si può solo prenderne atto, stare calmi e soprattutto affidarsi alla medicina.
Non si dirà mai abbastanza quanto stia cambiando il rapporto tra cittadini e sistema mediatico in tempi di #coronavirus , sopratutto in un paese come il nostro che da anni sembrava destinato ad una sempre crescente ignoranza funzionale in molti campi.
Si osserva infatti una contro tendenza di richiesta informativa cosiddetta “verificata” a favore di piattaforme in qualche modo sicure, dove leggere le fonti sicure, i punti di vista di medici, virologi, esperti del settore inseguiti – grazie al cielo – dalle redazioni di quotidiani e riviste. In altri termini, da pochi giorni – al netto di una sana ironia sui social – sono scomparsi dai radar (o fortemente ridimensionati) quella schiera di semi guru creatori spesso di stronzate da tastiera sulla cui irresponsabilità la storia un giorno si farà carico di sentenziare.
L’affidamento alla scienza oggettiva (numeri,cifre, rilevazioni e analisi comparate) contribuisce poi a ritrovare consapevolezze filosofiche perdute, in quanto ci siamo di colpo resi conto di quanto siamo “fragili e limitati “ nel senso nobile del termine, ovvero che esistiamo nella naturale contingenza dello spazio e del tempo, siamo umani fortunatamente nella finitudine, da un lato tesi verso l’oltre ma invitati a rimanere con i piedi per terra, consapevoli che il supereroe è una categoria del fantastico pensare e non del reale.
Per questi motivi sembra farsi nuovamente presente una domanda di senso: come confrontarsi sulla malattia che può aiutare a comprendere meglio la propria umanità?
Da un lato tornare ad essere “sociali” costruendo azioni collettive di protezione reciproca, di sensibilizzazione e di gestione della crisi aiutati (si spera dalla politica); e dall’altro bisogna rifuggire da una certa cultura postumana e da tutta la vulgata che ci ha costruito su un marketing fasullo. Del resto – scrive Ignazio Silone – L’uomo non esiste veramente che nella lotta contro i propri limiti” e quando questo confronto chiede tempo, pazienza e fatica allora bisogna concentrare gli sforzi di tutti alla luce di un bene collettivo e della risoluzione dei problemi. In questo caso, prudenza politica e spazio alla medicina sono il perimetro in cui ci si deve muovere. La prossimità dell’emergenza sanitaria, percepita non più come lontana, ha in qualche misura ristrutturato la scala di priorità conoscitiva dei cittadini e – come fosse un esame di coscienza collettivo – fa appello alla memoria del limite dell’essere umano, ovvero la ri-presa di coscienza della finitudine umana.
Essa – per quanto una certa vulgata l’avesse occultata – coesiste con noi da sempre. Ogni fenomeno patologico, sia esso strettamente personale o virale, ci ricorda che il limite di ogni persona è un confine insuperabile, costringe a piegarci al principio di realtà.
Non è male pensarla così: nella debolezza del momento trovare la forza per una sfida etica e sociale globale.