Le affacciate di Caterina Perali (da oggi in libreria), è ambientato a Milano nel quartiere “Isola”, un posto speciale che, quando vivevo a Milano, amavo particolarmente.
Di questo quartiere ho un poster che mi ha regalato Dario Fo in persona quando sono stata a casa sua, è il poster di un suo dipinto che risale ai tempi in cui manifestava contro la costruzione dei grattacieli che poi invece sono spuntati come funghi e oggi sovrastano luccicanti e completi di boschi verticali le case di ringhiera dell’isola.
Alle spalle la Stazione Garibaldi, più in là Corso Como. Amo questo posto perché è la summa delle contraddizioni di una città come Milano in cui ho vissuto benissimo.
Il libro
Ironia, una buona dose di impertinenza, l’irruenza della vita: una storia di donne la cui forza e audacia non conoscono età.
Dopo anni di lavoro totalizzante in un’importante società di eventi, Nina viene lasciata a casa. Disoccupata, cinica e piena di pregiudizi, circoscrive la vita entro i confini del suo condominio a ringhiera, mantenendo però una florida e fittizia routine tra chat e social network: più del senso di vuoto, è l’onta della disoccupazione a toglierle il sonno.
Indolente, trascorre le giornate a osservare i condomini, punti di riferimento di un mondo intimo ma che sente lontano. Fin quando la sua attenzione si concentra su una vicina da sempre scostante, diventata improvvisamente perno silente e misterioso di un gineceo di tre anziane: la smilza, la leopardata e la forzuta.
“Mi sono travestita da me stessa, come ai vecchi tempi. Come quando, anche se non mi sopportavo, mi piacevo da morire”
La mia lettura
“Anna e i suoi messaggi mi stanno distraendo.
Da ore fisso le travi sul soffitto seguendo le venature del legno; dall’alto in basso, da sinistra a destra, incantata dall’imperfezione di quella materia lignea.
Verso destra, le venature sono profonde. Dall’altro lato, invece, quasi impercettibili. Rughe appena accennate sul volto di una puerpera. Le travi sono giuntate da chiodi arrugginiti che sporgono. Ne ho contati una cinquantina stamattina, ma sono sicuramente di più. Dovrei ricontarli, magari alcuni sono stati inghiottiti dal legno, a volte succede.
I messaggi di Anna arrivano sempre più frequenti e incalzanti. La mia velocità di risposta sta peggiorando.
Sono le 08:30 di un lunedì qualsiasi. Mi crede in metro verso l’ufficio, non stesa sul letto a guardare chiodi.”
Facciamo che all’improvviso, un giorno, perdi il lavoro e all’improvviso, tuo malgrado, ti viene restituito un sacco di tempo libero.
Fino alla mattina prima avevi maledetto le sveglie che ti strappavano al sonno, avevi maledetto quel lavoro fagocitante che non aveva orari e ti succhiava energie, ti sottraeva agli amici e alla famiglia, alle passioni, a tutto.
Oggi fissi il soffitto, attonita, conti i chiodi che trafiggono le travi. Non li avevi mai visti.
La protagonista del romanzo di Caterina Perali emerge come voce narrante che, parlando a se stessa, comunica al lettore che avverte la dimensione “fluida” dell’impianto narrativo e dello stile, è come se la pagina parlasse, c’è una sorta di “oralità” che trapela dalla parola scritta e la rende viva.
Il racconto è intervallato dai messaggi che la protagonista riceve dalla sua amica Anna, messaggi che interrompono ciò che sta accadendo con argomenti del tutto staccati come accade a ognuno di noi che mentre lavora si trova a rispondere all’amica sull’ultimo film di Tarantino o sui risultati delle elezioni politiche.
I messaggi sono appunto di varia natura, molti fanno riferimento a notizie di cronaca relative soprattutto ai naufragi nel Mediterraneo, altri riguardano amici comuni o amenità, tutti aiutano il lettore a farsi un’idea dei personaggi.
Il tema principale del romanzo è il lavoro come dimensione identitaria, la protagonista analizza se stessa ma l’analisi è del sé professionale, evidente è l’indebolimento della relazione salda e biunivoca tra identità e lavoro, l’ufficio è il cardine del processo di integrazione sociale, nello stesso tempo però il lavoro non è più il centro di una attenzione morale.
Questo Caterina Perali lo fa capire benissimo con la leggerezza e al tempo stesso la profondità dei pensieri della protagonista di Le Affacciate che non ha il coraggio di confessare a nessuno la sua nuova condizione, finge con il mondo e con se stessa, continua a mettere la svegli al mattino, scrive finti post sui social, paga la signora delle pulizie per non dover ammettere che non ha più bisogno e, anzi, non se lo può più permettere.
Le sveglie posizionate di fianco al letto hanno suonato a intervalli chirurgici l’una dall’altra, come cacciabombardieri in cerca di avversari da massacrare.
07:05:13, la prima.
07:05:46, la seconda.
07:06:39, la terza.
07:07:03, l’ultima: la peggiore, l’inferno in terra. […]
Sono le 07:08, sono sveglia, seduta sul letto, a chiedermi perché ho puntato quattro sveglie se non so cosa fare.
Qui però entra in gioco un’altra cosa, una sorpresa, per la prima volta questa ragazza entra in contatto con le persone che le vivono intorno, all’inizio pensa solo a nascondersi a loro, poi si incuriosisce, ecco sfilare una serie di altri personaggi: la signora Adele, Svetlana, la famiglia Salvo, Jelena e i gatti Clio e Kira, Teresita …
Tra gente che non fa niente ci s’incontra spesso
Cosa può avere in comune lei con quelle donne? Niente eppure diventano parte della sua quotidianità, si interessa alle loro vite, comincia anche a volerne fare parte, vuole raccogliere le loro confidenze, mangiare con loro, essere cercata, è come se ricostruisse “l’asset immateriale” del suo valore che non è più un valore legato alla sua professionalità ma alla sua persona, Nina ritrova se stessa.
Tra ricordi di infanzia, amori finiti, storie di altri, Nina ha l’opportunità di ripensare alla sua vita, è una nuova Nina, più consapevole e probabilmente più coraggiosa.
Ma bisogna che leggiate la sua storia, le altre storie che incrociano la sua e soprattutto dovete scoprire come va a finire!
Le affacciate – Caterina Perali – Neo edizioni Pp 168 € 11,90