Vi pare possibile immaginare studentesse e studenti disposti come “cerchi” sul prato” per l’ultimo giorno di scuola? Riuscite a vederli obbligati a tenere la posizione (a favore delle tv locali e nazionali) , sorridenti e immobili per ascoltare l’ultimo sermone rituale di fine anno costretti a non riabbracciare i compagni, senza dolcetti e scherzetti, senza abbracci, senza tirate di patatine senza scatto di fotocamera? Francamente questa scena non riesco ad elaborarla nella mente ma magari è un problema mio.
Anyway…
Tuttavia l’ennesima slavina demagogica sull’ultimo giorno di scuola fatta da viceministri, scrittori e commentatori di vario tipo, e che accompagna il voto di fiducia (probabile) del DL scuola definito con enfasi una buona “mediazione” della maggioranza (ma sarebbe meglio chiamarlo per quello che è, ovvero una toppa orrenda su un vestito già a brandelli), è da considerarsi la controprova, e non ce n’era bisogno, dell’evanescenza progettuale da parte della classe dirigente sulla formazione e sull’istruzione, un deficit che ci portiamo da anni allorquando sulla scala delle priorità la scuola sta ai governi come la zanzara estiva, ovvero un fastidio. Si sono lette, infatti, tante belle risposte ma sprovviste di domande, del tipo: come le scuole possono “annunciare” un rientro simbolico di bambini posti all’aperto se non hanno un prato? Chi gestisce la logistica e i trasporti? Come muovi intere famiglie senza la certezza di spazi e di sicurezza? Per scuole d’infanzia, elementari e medie sono decisivi i Comuni e quindi come negoziare i giusti protocolli? E – sopratutto – il personale docente e ATA come si gestisce? E poi – elemento non secondario – come è possibile far rientrare bambini di quinta elementare e pre adolescenti di terza media e poi chiedere loro di non abbracciarsi come è nella natura relazionale della loro età? Non è forse una forma di perversione e di contrappasso dantesco?
Credo sia giunto il tempo di opporsi culturalmente con questo modo della politica di trattare la scuola come un divertissement per malati di accidia, una frivolezza su cui riversare frustrazioni sado-masochiste senza avere il minimo pudore del reale. In altri termini, quando non si ha nulla da fare, quando tutte le priorità sono ben incasellate nell’agenda e finiscono le munizioni dell’arsenale delle opinioni, arrivati in fondo al barile rimane solamente il cazzeggio facile, la grandiloquenza del nulla. Un nulla – oltretutto non richiesto da chi davvero nella scuola ci lavora e si spacca la schiena – il cui contenitore sembra avere capacità illimitata di sciocchezze. Nel mentre la scuola (figlia non riconosciuta di divinità minori) va avanti con la passione di insegnanti e di dirigenti, con la prodezza eroica di segreterie e collaboratori, con la fatica di studenti e famiglie.
Tutti i soggetti coinvolti nella governance della scuola farebbero bene – ciascuno per la propria parte – a smetterla di stare nelle retrovie a cantarsela mentre il comparto sta al fronte leccandosi le ferite di un tempo necessario quanto incerto. Oggi sul tappeto ci stanno le questioni strutturali che non riguardano la fine dell’anno (attuale) ma il fine degli anni scolastici futuri, come saggiamente dichiarato recentemente dal pedagogista Marco Rossi Doria secondo cui “la scuola deve cogliere questa occasione per cambiare”.
E cambiare paradigma vuol dire re-forma (letteralmente fare nuove) di questioni serie e strategiche. Pensare – semplificando – ad una didattica multimediale non emergenziale e subita ma compartecipe alla formazione nel raggiungimento di competenze. Immaginare , per converso, alla didattica frontale riscoprendone le potenzialità sul piano della relazione interpersonale nella costruzione del gruppo educante. Ma sopratutto – last but not least – bisogna fare una concreta sforbiciata all’accumulo di normativa e orientarla sulla qualità dove autonomia e obiettivi generali non vadano mai in contraddizione. Se la governance si mette a lavorare su queste priorità, avrà così tanto tempo produttivo e appassionante da dimenticare le stramberie di distrazione di massa.