Mal contati sono almeno duecento le persone – tra task force, commissioni, comitati – che si occupano con minuzioso righello di regolare il distanziamento sociale, quando (scena già vista) il fornaio col collo girato all’indietro allungherà il braccio neanche fosse plastilina e ci consegnerà le quattro baguette mentre noi fantozzianamente distenderemo il corpo sul bancone cercando col mignolo di afferrare la busta con le pagnotte da portare a casa.
Ma in attesa di sapere chi vince questa ineluttabile guerra dei centimetri, sul distanziamento civico si è superata la misura e si sono macinati record su record verso l’abisso. Se la ministra viene travolta dall’emozione durante la conferenza stampa per aver vinto una battaglia di attenzione agli “invisibili” (questione del caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori migranti) o se viene liberata una cooperante ci si distanzia per illogiche prive di senso e partono gli attacchi sui social, minacce, consegna di cocci di vetro alle finestre.
Nel ribaltamento dei principi in nome dell’uso e abuso delle parole, sembra che siamo vicini quando non è il caso e distanti come sarebbe benefico. Un cortocircuito insomma che ci fa alzare lo sguardo verso una montagna di odio e di vuoto sempre più alta. Odio e falsità – secondo gli ultimi dati per il progetto paroleostili.it – fanno parte del nuovo modo di comunicare per gli utenti in rete, dato “di fatto” e in crescita del 14% rispetto al 2018. Il 63% degli intervistati ritiene che i giovani si abitueranno a usare toni offensivi e solo il 22% pensa che le giovani generazioni riusciranno a scegliere uno stile comunicativo più corretto.
Dovrebbe prevalere il primato della persona il cui sviluppo è sancito in radice dalla costituzione ( all’articolo 2 e siamo quindi sul podio del riconoscimento dell’umanità nella sintesi dei suoi diritti inalienabili). Viceversa, emergono alle cronache del disgusto i campioni del distanziamento civico che si fanno strada nella fatica ad avvicinarsi alle emozioni altrui. Un atteggiamento – quello dell’empatia – che per la sua gratuità e disinteresse si esprime – per sua natura – nella discrezione e contrazione di sé, nella vicinanza discreta, nel fare spazio perchè l’altro prenda posto. Roba che farebbe impazzire ad account come sterco82 e isterica79 incapaci di fare una pausa digitale anche breve a beneficio del flusso degli eventi. Pensate – poi – che donna_cianuro_potente_90 oppure neurone_solo_76 possono lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione di postare sulla ministra travolta dall’emozione, sulla cooperante liberata così che si possa vedere anche solo per pochi minuti il proprio nome sulla bacheca dei commenti?
Al liceo mi dissero che moto e quiete sono sistemi di riferimento e non capii. Con gli anni sul piano dell’etica della comunicazione ho compreso che questo schema – in questo mondo globale – è un indicatore dell’animo umano e del suo bagaglio culturale. In altre parole, dalla giusta distanza e vicinanza si può misurare la qualità della nostra competenza di cittadinanza sociale e civica.
PS: posso già prevedere che gli account idelamente citati prima, in queste ore sono tutti intenti a scrivere tutto il loro sentito cordoglio per la scomparsa di Ezio Bosso, citando aforismi a caso, preghiere non richieste e requiem irreprensibili. Una pausa di zucchero in attesa di altro fango…