Una riapertura confusa, forse nemmeno degna di tale nome. Una riapertura che significherà per molti una definitiva chiusura. E la frustrazione di non sapere quanto il sacrificio sia utile, necessario, sensato.
Intanto, le settimane passate hanno dimostrato che in remoto la produttività di alcune popolazioni professionali aumenta, il luogo fisico di alcuni compiti diventa sostituibile da uno schermo, la leadership si puo’ esercitare anche da casa e la competenza diventa nuovamente centrale. Come non lo è mai stata ormai da molto tempo.
Perchè bleffare attraverso il video è letale. Pochi secondi e se non sei piu’ che focalizzato sul compito e radicato nelle tue conoscenze ed esperienze, non sopravvivi alla seconda videocall.
Non valgon le moine, i sorrisetti compensativi e le allocuzioni dotte; se non sai le cose, il remoto è impietoso.
Se non decidi, per quel che ti compete, l’inutilità tua e del tuo ruolo emerge prepotentemente. Se non sei veloce ed esperto del tuo ambito, qualcuno ti prende lo spazio, molto piu’ efficacemente che in una riunione presenziale.
Per questo è molto piu’ faticoso lavorare competentemente in remoto; la focalizzazione è estrema, la velocità pure.
In compenso cala la voglia di perdere tempo, di essere inutilmente conflittuali; l’etiquette del remoto prevede anche che non ci si parli sopra e non ci si interrompa a vicenda.
Tutto perfetto? Per niente. Non amo l’assenza del potersi parlare all’orecchio, scambiare un’ ammiccante occhiata o darsi
una gomitata complice.
L’economia sarà in ginocchio per molti mesi, il nostro Paese sarà in ginocchio per molti mesi.
Ma forse le persone saranno costrette a togliersi la maschera dell’incompetenza e dell’apparenza. Da qualche parte si deve pur iniziare. Anche se il costo sarà feroce.
Non sempre danzare è sinonimo di gioia e leggerezza. In questo caso non lo è. Facciamo che sia almeno utile. Se non a noi,almeno a chi viene dopo di noi.