Siamo abituati a commentare i numeri che la protezione civile rende pubblici e accessibili a tutti dall’inizio dell’epidemia del virus sars-cov-2. In particolare i cittadini si concentrano sul numero dei “tamponi positivi”. Da questo ne deducono l’andamento dell’epidemia, si preoccupano perché identificano i “nuovi tamponi positivi” con “nuovi contagi” che potrebbero quindi far ripartire l’epidemia, si preoccupano perché non si raggiunge “il contagio zero”.
Mentre tutti gli altri numeri forniti quotidianamente dalla protezione civile sono di diretta e facile comprensione a tutti, e quindi ha senso diffonderli, i numeri sui “nuovi tamponi positivi” sono numeri grezzi che possono essere compresi nel loro significato scientifico e nella loro portata reale solo da specialisti, da ricercatori. Quotidianamente molti cittadini commentano il numero “nuovi tamponi positivi” sui social media, fanno previsioni fosche, si agitano, dando a quel valore un significato che non ha. A volte sono i media stessi che diffondono un’interpretazione sbagliata del significato di “nuovo tampone positivo”.
I tamponi prelevano cellule dal tessuto epiteliale che riveste le pareti del naso e della faringe. Il virus si moltiplica in queste cellule, generando nuove particelle virali che potrebbero essere espulse dal naso e dalla faringe all’esterno da un colpo di tosse, da uno sternuto, e contagiare altre persone.
Una particella virale attiva, è costituita da tre elementi: (1) una membrana oleosa che circonda una (2) “scatola proteica” che al suo interno custodisce il (3) genoma del virus con le informazioni su “come fare il virus”. Solo la particella virale integra, fatta di tutte le sue tre parti, la membrana, la scatola proteica e il genoma, costituisce la particella virale capace di infettare, di contagiare le persone.
Il materiale biologico prelevato con il tampone è analizzato con una tecnica molto sensibile chiamata “RT-PCR”, per identificare la presenza o meno del genoma del coronavirus Sars-cov-2 nel campione.
La tecnica RT-PCR riesce solo ad individuare la presenza di pezzi del genoma del virus nel campione biologico e non riesce ad identificare la presenza dell’intera particella virale.
Cosa significa, quindi, un “tampone positivo”? Significa che nelle cellule del naso e della faringe ci potrebbero essere 1) particelle attive del virus oppure 2) il genoma del virus, che persiste a lungo nei tessuti nasofaringei anche dopo che la particella virale intera sia stata distrutta dal sistema immunitario oppure 3) pezzi di genoma del virus, che persistono nei materiali biologici del tampone ancora più a lungo del genoma intero, dopo che il virus sia stato distrutto dal sistema immunitario.
Un TAMPONE POSITIVO da solo non significa né che ci sia un’infezione attiva, né che ci siano particelle attive del virus in una quantità capace di contagiare altre persone. In assenza di altri fattori diagnostici, come i sintomi che l’infezione attiva potrebbe indurre in una persona contagiata, Il tampone positivo non può diagnosticare un’infezione attiva ma potrebbe solo testimoniare un’infezione superata che ha lasciato residui, “spazzatura” del virus ancora non smaltiti dall’organismo.
Ecco perché l’OMS, nelle sue ultime linee guida, raccomanda di considerare una persona curata dall’infezione e quindi libera dalla quarantena, dopo 14 giorni dalla cessazione dei sintomi, indipendentemente dal fatto che il tampone sia positivo o negativo.
Durante il picco dell’epidemia il tampone era eseguito solo a chi era ricoverato in ospedale con sintomi, e quindi c’era una buona corrispondenza tra tampone positivo e nuovo contagio.
Nelle ultime settimane, dove non ci sono più ricoveri in ospedale di persone con sintomi COVID e i tamponi sono fatti esclusivamente a persone senza sintomi, il tampone positivo, senza altri indicatori diagnostici come un sierologico positivo per anticorpi IgM anti-coronavirus, non identifica più una persona contagiata con l’infezione attiva capace di contagiare altri. Identifica persone asintomatiche che sono venute il contatto con il virus e che hanno ancora residui, pezzi del genoma del virus da smaltire e che quindi non sono contagiose.