Ricordate quando il governo pianificava l’uscita dal lockdown totale a Maggio? Ci fu grande tensione con le regioni per la riapertura dei ristoranti, bar e attività commerciali, perché secondo un modello matematico utilizzato dal comitato tecnico-scientifico (CTS) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si rischiava di avere 150000 persone ricoverate in terapia intensiva a Giugno. Niente di più falso naturalmente. L’uscita dal lockdown non ha inciso minimamente sulla discesa della curva dei contagi e dei ricoverati in terapia intensiva e a Giugno era già ai livelli minimi che poi si sono consolidati fino ad oggi indipendentemente da tutte le riaperture, spiagge e movide comprese.
I matematici e i fisici da sempre vorrebbero descrivere i sistemi biologici con i metodi matematici con cui si descrivono i sistemi fisici. A oggi questo non è possibile perché anche il più semplice sistema biologico, quello di un virus e la sua diffusione, è regolato da un tal numero di variabili complesse, in gran parte non conosciute e descritte, che rendono impossibile la loro inclusione in un modello che necessariamente deve ridurre le variabile basandosi su assunzioni e semplificazioni che ne inficiano la capacità predittiva.
Se questo è vero per qualunque virus, ancor più lo è per il coronavirus sars-cov-2, che ha comportamenti altamente variabili a secondo della genetica della persona che infetta e delle condizioni ambientali. Oltre ad essere un virus nuovo la cui biologia è poco conosciuta.
Vediamo alcune delle cause che inficiano i modelli predittivi statistico-matematici. I modelli predittivi, soprattutto quello usato dal CTS, sono stati modellati sulle curve dell’epidemia Cinese e Italiana assumendo come data di partenza dell’epidemia i primi casi di contagio resi pubblici. Ora sappiamo invece che il virus è da lungo tempo che è passato dai pipistrelli all’uomo circolando sottotraccia prima di essere “scoperto” a Wuhan in Cina. Sicuramente circolava in Italia da Dicembre 2019 e in Cina da inizio Ottobre 2019. Ci sono articoli poi che l’hanno identificato in campioni di acque reflue di Barcellona raccolte a Marzo 2019 . Di certo questo virus muta poco e molto lentamente, indicando che il virus attuale è il prodotto di un lungo processo di selezione e adattamento nell’uomo avvenuto in lungo arco di tempo dopo il passaggio dal pipistrello all’uomo. Già solo questo, il modellare su curve epidemiche errate perché non si conosce la data di partenza, inficia totalmente il modello statistico matematico. Come correttamente ha dichiarato l’epidemiologo Silvestri.
Complessità e variabilità della contagiosità del virus. Questo virus è un virus con caratteristiche totalmente diverse secondo chi contagia. Per la stragrande maggioranza delle persone contagiate è totalmente innocuo e privo di manifestazioni patologiche. In target precisi, per esempio persone anziane con patologie croniche pregresse, da invece gravi manifestazione patologiche che possono richiedere ospedalizzazione, terapia intensiva e che possono portare alla morte. Qual è una delle conseguenze di questo? Che se noi proteggessimo le persone a rischio patologie, avremmo un virus circolante innocuo e asintomatico che non pone nessuna pressione sul sistema sanitario. Se invece lo facessimo circolare solo tra le persone a rischio, come successo con i focolai nelle RSA, avremmo un virus con un’altissima patogenicità e mortalità. Per di più, questo virus è altamente variabile non solo nelle sue manifestazioni patologiche ma anche nella sua capacità di infettare che dipende dall’età delle persone e da loro precise caratteristiche genetiche come il gruppo sanguigno ed altre caratteristiche genetiche in via di definizione. Tutto ciò fa si che l’indice di contagiosità di questo virus non può essere espresso da una semplice variabile RT che assume che ogni persona contagiata ha la stessa probabilità di contagiare un numero N di altre persone. La maggioranza delle persone contagiate ha probabilità zero di contagiarne altre. Alcune invece sono molto contagiose e iniziano un cluster di contagio dove decine di persone connesse nello spazio e nel tempo son contagiate in modo concatenato. Infatti, il parametro di contagiosità per questo virus non è RT ma K, un parametro legato al numero di focolai prodotti in un dato periodo di tempo.
Le assunzioni e semplificazione che matematici e fisici hanno fatto per costruire modelli che dovrebbero predire l’andamento dell’epidemia e l’impatto sul sistema sanitario in determinate circostanze, non tengono conto di nessuno dei fattori sopradescritti e sono meri esercizi accademici di matematici e fisici, epidemiologi, privi delle conoscenze per poter comprendere un sistema biologico come è un virus. Fa riflettere che i gruppi di studio che hanno generato questi modelli sono composti da fisici, matematici, statistici e a volte clinici. Mai presenti, invece, gli unici scienziati che studiano e comprendono i virus, i biologi: microbiologi, virologi. Il fatto che matematici e fisici pretendano di spiegare e raccontare il virus ai biologi è uno dei tanti paradossi di questi giorni della pandemia.
Tutto questo potrebbe essere solo un fallimento interno al mondo scientifico se non fosse che i politici, affidandosi a chi non ha gli strumenti per comprendere e descrivere l’epidemia di questo virus, sulla base di modelli errati che dovrebbero prevedere l’andamento dell’epidemia, hanno fatto scelte che hanno toccato i principi democratici ed i diritti fondamentali delle persone, hanno fatto danni incalcolabili all’economia che hanno causato disoccupazione e povertà come in questi giorni rilevato dall’ISTAT e dal CENSIS.
Il rapporto tra scienza e politica, i criteri con cui vengono scelti i componenti dei comitati tecnico-scientifici a cui si delega i diritti e le possibilità economiche dei cittadini, ed i limiti dell’azione di questi, sono fattori che necessitano di un ampio dibattito pubblico e che devono essere regolati per legge e non lasciati al governo di turno e alla dichiarazione dello stato di emergenza che li legittima.
Per approfondire:
“Wrong but Useful — What Covid-19 Epidemiologic Models Can and Cannot Tell Us”