PromemoriaFinché se ne Parler

Parler chiude i battenti boicottato da tutte le piattaforme. Chiude così il social sovranista nato nel 2018 e ci lascia un tema enorme di comunicazione politica

Matteo Salvini non ha fatto in tempo a gustarne l’ebbrezza di like e cuoricini,  commenti osannanti e dichiarazioni idolatriche che Parler , il social ultra-sovranista,  ha chiuso definitivamente con le piattaforme web. Amazon, Apple e Google  – infatti – gli hanno dichiarato “guerra” rimuovendo l’applicazione  dai loro  store e il server sul quale operava è già stato disattivato, rendendo di fatto inaccessibile la piattaforma agli utenti. 

Parler, che esiste dal 2018, si era posto come social network più libero e con regole di moderazione più rilassate rispetto a Twitter e Facebook (la frase nella schermata iniziale è: «Leggi le notizie, parla liberamente»). Ma l’assalto al Congresso americano da parte dei rampanti trumpiani (con mazze e vestiti sciamani) ha fatto  precipitare la situazione dentro le community  divise in questi mesi tra piattaforme “canoniche” e quelle “apocrife” cannibalizzate – è il caso appunto di Parler in USA – dalla AltRight, la destra alternativa americana radicalizzata su posizioni sociali e politiche xenofobe, razziste e complottiste.

Un brodo in cui cuoceva di tutto e il suo contrario, una zona franca dove si accreditavano hate speech, bufale e complottismo spinto. Delle tante certezze granitiche che viaggia(va)no come inscalfibili su Parler la più recente avrebbe visto il presidente Mattarella e Renzi i protagonisti occulti della sconfitta di Donald Trump alla casa Bianca il che non solo ha fatto impallidire e schiumare dalla bocca  lo scrittore John  Grisham  al grido di “come cavolo non esserci arrivato prima…” ma anche ci dice il livello di caos che una parte di mondo vuole scientemente provocare nelle opinioni pubbliche.

La questione è infatti il solco tra social e sociale non più sovrapponibili non soltanto per ragioni linguistiche. Esiste un vero e proprio tema politico e democratico laddove si è passati – come ho letto già anni fa – da una democrazia dei partiti ad una democrazia pubblico prima televisivo e adesso degli “account”. Un pubblico da attirare e fargli sostenere qualunque presa di posizione, sensata o balorda, realista o stronzata intergalattica che sia.  Purché – regola aurea del sovranismo internauta .- questa comunità la si tenga dentro le paure del tempo presente, non dunque  uniti  intorno a minimi valori comuni (cosa che magari avviene fuori dagli schermi digitali) bensì attirati in queste riserve del rancore, sommati acriticamente in pagine dove l’emozione negativa non riesce a dare altrettanto spazio al ragionamento costruttivo. 

La politica nazionale e internazionale ha quindi un grosso problema con i social poichè non stata in grado non solo di armonizzare i diritti di opinione ma anche di rispetto delle istituzioni. E non è riuscita a fare un salto di qualità veicolando  il messaggio propositivo oltre la propaganda, fare un passo avanti nell’intercettare proposte e non solo frustrazioni.

Nel caso americano – addirittura – la chiusura del profilo di Trump ha alterato i punti di vista nella discussione accesa se questo “sfratto social” sia stata scelta sia stata  controproducente, illiberale o inevitabile, principio di una nuova era di “censura” o fine di un’epoca di strumentalizzazione delle piazze digitali pubbliche da parte di personalità potenti e apparentemente intoccabili. Ciò detto, rimanere sulla vicenda di Trump rischia di esasperare il tema mentre allargare lo sguardo sul rapporto tra web e politica ci fornisce una considerazione più verticale. A questo punto  serve comprendere se le potenzialità delle tecnologie  sono sfruttate per coltivare la partecipazione critica e massiva dei cittadini ai processi democratici, aumentando la rappresentatività ed il peso delle forze politiche al “tavolo” della contesa generale, oppure se vengano usati in modo distorto, al solo fine di vincere competizioni elettorali, coltivando un’autoreferenzialità e uno iato tra Politica e società il cui unico esito non può che essere la perdita di potere e di capacità di influenza.

E le piattaforma digitali hanno qualcosa di cui fare ammenda o schivano il problema finché se ne “parler” ?

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