E(li's)booksNoi donne di Teheran di S. Farian Sabahi

Teheran: All’università, due matricole su tre sono donne.

Il libro

Noi donne di Teheran è scritto e interpretato da Farian Sabahi, è un racconto – in prima persona femminile – sulle origini della capitale iraniana e sulle sue contraddizioni, sui diritti delle minoranze religiose e delle donne. Donne protagoniste in vari ambiti, sport inclusi, anche se troppo spesso sono state un tassello nella propaganda di regime. Un reading animato dai versi dei grandi poeti persiani e da una buona dose di ironia, per sorridere su temi complessi e abbattere i soliti stereotipi.

La mia lettura

Oggi vi propongo un libro che ha anche la versione audio: Noi donne di Teheran di Farian Sabahi  che in poche pagine riesce a raccontare questa città misteriosa e attraente con tutte le contraddizioni che la caratterizzano.

Khosh amadid, benvenuti a Teheran! Queste pagine sono dedicate a voi che, nonostante i venti di guerra, avete deciso di avventurarvi in Iran. «La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte», scrisse Omar Khayyam. L’arte di vivere e l’arte di viaggiare sono lo specchio l’una dell’altra. Il viaggio è un modo per scoprire se stessi perché finché resterai nella tua bottega o nella tua casa, non sarai veramente un uomo; parti, incamminati nel mondo, prima di quel giorno in cui lo lascerai.”

Così comincia questo racconto e la voce di Farian Sabahi  mi ha trasmesso tutta la passione e il sentimento che l’hanno animata quando ha deciso di mostrarci Teheran con i suoi occhi.

Chi non conosce la storia dell’Iran è portato ad associare gli iraniani agli arabi, li infiliamo in quel confuso calderone da cui si tende anche a rimanere a distanza per milioni di motivi, ma:

Siamo un popolo indoeuropeo, come voi. Non siamo arabi, come a volte si crede. Persia è stato il nome del nostro paese fino agli anni Trenta del Novecento. […] L’Iran: un paese multietnico, multiculturale e multireligioso.”

Noi donne di Teheran fornisce le informazioni principali per avvicinarsi alla storia di questo grande paese, ho avuto l’impressione di leggere una lettera aperta, uno sfogo, una dichiarazione d’amore non priva di dispiacere per come le trasformazioni sociali hanno mutato un paese destinato alla grandezza.

Tra Teheran e il Sud Italia ci sono affinità singolari. Anche a Teheran non si dà del lei ma del voi […]Gli incontri famigliari sono affollati, rumorosi. Se hanno ospiti, i persiani offrono cibo e bevande, in abbondanza. […] Affinità singolari, forse retaggio del passato islamico e sciita del Sud Italia.”

Quante e quali analogie ci sono tra la nostra cultura, i nostri usi e quelli dell’Iran? Molte più di quante possiate immaginare.

La descrizione di Teheran è sincera, Farian Sabahi  ce la descrive con molto traffico, persino brutta dal punto di vista architettonico, dice che assomiglia a un posto di frontiera dell’Occidente, niente a che vedere con l’antica capitale: Isfahan.

Due i simboli di Teheran: la torre Azadì e la torre Milad. 435 metri di altezza”.

Ma lascio a voi scoprire le parti storiche e descrittive leggendo il libro e segnalo invece le cose che mi hanno toccato di più, eccole.

A Teheran l’arte della sovversione non è solo prerogativa degli adulti. I grandi leggono Hafez, e le mamme insegnano la sovversione ai figli fin da piccoli leggendo Il pesciolino nero, un racconto di Samad Behranghì, un maestro di scuola.”

La parola sovversione mi ha fatto pensare molto.

MI sono piaciute le pagine che spiegano la “schizofrenia culturale” iraniana, la convivenza tra culture diverse ma contigue, Oriente e Occidente mescolati anche nella cucina e bellissime sono le condivisioni personali.

Non sempre ai fornelli c’è una donna. A casa nostra, cucina papà. Con l’acquolina in bocca, gli diciamo dast-e shoma dard nakoneh, “che non ti facciano male le mani”. […]Papà cucina il fesengiun, con petto di anatra del Mar Caspio, noce tritata e salsa di melograno. Oppure baghali polo, il riso con le fave e il shivid, il finocchietto selvatico, una spezia verde, sottile, stretta e lunga. Un pugno di riso papà lo mette sempre da parte, lo tinge di giallo con lo zafferano”.

Cosa fanno le donne a Teheran? Tante cose … studiano, lavorano, praticano sport, ci sono molte calciatrici:

Giochiamo senza velo, ma i nostri padri non possono entrare allo stadio e fare il tifo per noi. […] quando giocano loro, i maschi, noi donne non possiamo entrare allo stadio.”

Ecco dunque le contraddizioni, città anti-americana, anti-capitalista ma con la borsa valori, ci sono sinagoghe e chiese ma le moschee non sono aperte ai sunniti, gli omosessuali vengono condannati a morte e invece i transgender possono cambiare sesso con l’appoggio di una parte del clero sciita e avere anche un rimborso da parte del sistema sanitario nazionale per l’operazione.

a Teheran – il livello di istruzione è tra i più alti dell’Asia. La scuola è gratuita e obbligatoria fino ai quattordici anni. I bambini e le bambine vanno a scuola, non passano le giornate a tessere tappeti, il lavoro minorile è vietato! E non trascorrono i pomeriggi alla scuola coranica: di religione ne abbiamo fin sopra i capelli!”

Credo di avervi dato abbastanza spunti per desiderare di leggere o ascoltare Noi donne di Teheran di Farian Sabahi  e spero lo facciate perché a me è piaciuto davvero.

Si capisce no?

L’autrice

Farian Sabahi insegna Middle East: History, Religion and Politics alla Bocconi di Milano. Editorialista per Il Corriere della Sera, scrive di questioni islamiche per le pagine culturali del Sole24Ore. Autrice di diversi volumi sull’Iran e sullo Yemen, nel 2010 è stata insignita del Premio Amalfi sezione Mediterraneo e nel 2011 del Premio Torino Libera, intitolato a Valdo Fusi.

Noi donne di Teheran di S. Farian Sabahi

Editore: Jouvence

Libro e cd – Pg 55 € 11,40 su IBS

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