Per capire l’imbarazzo e la sproporzione di peso politico e intellettuale, gli attuali leader (anzitutto di maggioranza ma anche di opposizione) fanno fatica a mettere due frasi una accanto all’altra rispetto alla convocazione di Mario Draghi da parte del Capo dello Stato per la formazione di un governo di “alto profilo”. Il presidente Mattarella, con pazienza e risolutezza, da dato in poche righe una sonora lezione di logica politica e temporale a chi ha dato scarsa prova di sé, per l’evidente incapacità da parte della maggioranza giallorossa+Renzi di trovare persone e visioni per il futuro di un paese sul quale si concentrano più crisi.
Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale. Lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campagna di vaccinazione, da condurre in stretto coordinamento tra lo Stato e le Regioni. Sul versante sociale – tra l’altro – a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un Governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale.
#Mattarella:Da scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi 4 mesi,nel 2018 sono trascorsi 5 mesi,si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi per la lotta alla pandemia, per utilizzare i finanziamenti europei pic.twitter.com/JUV57QNC2b
— Quirinale (@Quirinale) February 2, 2021
Si comprende come quell’aggettivo “alto” fa pensare per converso, al bassissimo, oserei dire minimale, profilo tenuto in queste settimane, con una compagine di maggioranza imbucatasi dentro una bolla autoreferenziale, straniata dalla realtà. Al netto del giovanilismo di Renzi, del velinismo di Casalino, del tribalismo di Di Battista e dell’evanescenza di Zingaretti, tra i cittadini si aveva la sensazione di essere governati à la carte guidati dal mantra di come va si mette.
E poi l’isterismo della crisi ha fatto il resto con tutto il suo portato di ipocrisia: Ci avevano fatto credere che non era questione di poltrone (scritto sui social o dichiarato sui talk) poi si sono scannati per un ministero in più. Non era una questione personale – dicevano – pur odiandosi aspramente in una lotta tra primedonne neanche fosse la finale di Miss Mondo nel mentre si contavano una media di 500 morti per Covid. E tuttavia è ripartito il torrone della contro-narrazione vigliacca di chi non ammette gli errori, con il tema stucchevole del premier non eletto dal popolo quando l’ultimo presidente del consiglio (conte 1 e 2) è frutto di geometrie parlamentari incomprensibili. Quindi, fin da adesso, risparmiateci la solfa del premierato diretto che in costituzione non esiste, punto.
E se proprio vogliamo parlare degli eletti dal popolo (anche questo falso per via di una legge elettorale, il “rosatellum”, che fa scegliere ai segretari di partito chi mettere in lista e chi non), gli attuali protagonisti hanno fatto tutto da soli, tafazzianamente, incapaci di approfittare di una finestra di finanziamenti internazionali come quel recovery fund il quale (nato sì dall’emergenza Covid) è in qualche modo il punto di caduta di un percorso partito proprio da Mario Draghi anni fa (e non Salvini, Di Maio, Conte o Renzi per intenderci) il quale ha accompagnato la crisi del debito sovrano su una leva diversa, quella monetaria attraverso il QE abbassando i tassi oltre sotto lo zero, pompando liquidità nel sistema per imprese e famiglie.
Mi sfuggono – magari non l’ho visto io – contributi significativi da parte di chi oggi storce il naso su Draghi.
Ma a questo punto vorrei sapere da parte degli splendidi della politica tribale e fintamente ideologica, che passi in avanti questo paese ha fatto sul piano delle riforme o sul piano gestionale quando non funziona un click-day, un sussidio se non a pioggia. Abbiam visto norme scritte senza essere lette, senza un decreto attuativo. Abbiamo visto risorse date alla carlona senza un controllo sul merito del vero beneficiario. Abbiamo visto furbetti e quelli che lavorano pancia a terra sempre più delusi e distaccati. Continuiamo a vedere una giustizia civile e penale al palo, bloccata e sclerotizzata, ma i fenomeni entrano tra tv e social a dire che faranno, faranno. Ma tra dire e fare nel nostro paese c’è ormai un oceano di inettitudine intollerabile, il nulla.
E sarebbero loro i volenterosi no?
Certo è che Draghi non è un santino da ostentare ma un’opportunità di un premier che può catalizzare i veri (e non presunti) ricostruttori del paese a meno che non si voglia fare i kamikaze a tutti costi. Ed è altrettanto pacifico come nessuno può sottrarsi a questa sfida o magari – per quanto assurdo – cambiare le carte in tavola magari mugugnando per la decisione del presidente Mattarella la cui pazienza non poteva oltrepassare la soglia del grottesco.
Da astenersi quindi il giro di chiacchiere dei nani quando arrivano in emergenza i giganti. Si facciano da parte per manifesta inadeguatezza.