E(li's)booksSabina Zonno, storica dell’arte padovana al museo della Huntington in California

In California, nei giardini botanici della Huntington statue venete.

Continua il mio racconto di nostre connazionali italiane negli Stati Uniti. Oggi propongo una intervista a Sabina Zonno.

Negli anni dell’emigrazione di massa dei nostri connazionali e del loro adjustment to America, si è assistito ad una produzione artistica che rispondeva all’ esigenza dei migranti che commissionavano dipinti di natura religiosa (probabilmente perchè c’era una commistione tra identità culturale e religiosa) da donare alla parrocchia del proprio paese o alla chiesa del paese ospite. Ho sempre trovato molto bello che l’arte venisse sollecitata dal basso, da esigenze emotive e di identità.

Oggi gli italiani che ricoprono ruoli di rilievo nel mondo dell’arte statunitense sono tanti, Sabina è una storica dell’arte padovana che vive in California da diverso tempo, io l’ho scoperta grazie a Instagram e al suo blog Living in California: That’s Culture Shock!.

Mi sono incuriosita molto visto che mi era capitato di leggere il libro di un italiano storico dell’arte in America, Francesco Spampinato, il libro si intitola Come Together: The Rise of Cooperative Art and Design, io sono molto attratta dai nostri connazionali che hanno avuto il coraggio di lasciare l’Italia per altri paesi, così ho pensato di fare alcune domande a Sabina, eccole.

 

  1. Sabina la prima domanda che ti voglio fare è questa: tu sei veneta, di Padova e da storica dell’arte penso che apprezzi moltissimo il patrimonio artistico della tua regione, cosa ha significato per te andare via dal Veneto e dall’Italia?

Lasciare casa non è mai facile e non lo si fa mai a cuor leggero, specialmente se si è nati e cresciuti nella stessa città, come nel mio caso, e se in quella stessa città hai lasciato le persone a te più care! Per me lasciare Padova ha significato sradicare le mie radici: le ho viste svolazzare in aria per un bel po’ di tempo in quel di San Francisco, prima di riuscire a ripiantarle per terra, sul suolo californiano. Lasciare il Veneto e l’Italia per me ha significato ripartire da zero, un po’ su tutti i fronti. Descrivo spesso questa esperienza di espatrio come un momento della mia vita in cui ho preso a scrivere su una lavagna intonsa. Cambiare città, stato, continente, di punto in bianco dopo aver vissuto per trent’anni nello stesso quartiere, non è cosa facile. Ho lasciato i miei cari a Padova, i miei amici, ma anche il mio lavoro (precario) all’università e in California ho dovuto imparare tutto, o quasi, da capo. Quando vedi svolazzare in aria le tue radici e stai ricostruendo la tua vita in un’altra parte di mondo, riparti dalle domande più basiche: chi sono, cosa voglio da questa unica vita che ho a disposizione, dove voglio arrivare e con chi. Queste domande stanno guidando la mia esperienza negli Stati Uniti e stanno guidando la scoperta di questo Nuovo Mondo che è piuttosto diverso dall’Italia.

  1. Mi ha fatto molto piacere scoprire che il pubblico che visiterà i giardini botanici della Huntington Library, Art Museum and Botanical Gardens di San Marino in California potrà usufruire di un tour in audio guida a cui hai lavorato tu. Ci racconti come è nata questa tua collaborazione?

Nel 2020 ho lavorato presso il museo della Huntington come Kress Interpretive Fellow. Ho vinto una borsa di studio, una di sei finanziate dalla Samuel Kress Foundation in tutti gli Stati Uniti, che mi ha permesso di lavorare in questo museo molto importante nell’area di Los Angeles, dove vivo. A causa della pandemia, il museo è stato chiuso per molti mesi ma abbiamo continuato a lavorare da casa e questo stop forzato è stato in realtà una gran bella occasione per ripensare al ruolo del museo nella società attuale e al ruolo dell’arte ai tempi della pandemia. Uno dei progetti a cui ci siamo dedicati è stata appunto questa nuova audio guida che porta il nostro pubblico a scoprire le sculture storiche presenti nei giardini botanici che circondano il museo. I giardini hanno riaperto molto prima delle gallerie d’arte quindi il pubblico ha avuto modo di godersi la natura e l’arte all’aperto, anche quando tutti i musei, i centri culturali, i cinema erano chiusi al pubblico. Il mio ruolo in questo progetto è consistito nel fare ricerca sulla statuaria da giardino di origine italiana presente nei giardini botanici della Huntington e nel raccontare la storia di queste statue e fontane italiane in questa audio guida. E’ stato molto emozionante per me scoprire le affascinanti peregrinazioni di queste sculture che hanno lasciato l’Italia tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento per abbellire gli splendidi giardini di quella che una volta era la residenza invernale di Henry e Arabella Huntington, qui nel sud della California. Gli Huntington furono una coppia di appassionati d’arte e di libri che proprio tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento hanno collezionato moltissime opere d’arte, manoscritti e libri rari che poi hanno messo a disposizione del pubblico facendo della loro casa un museo a San Marino, in California, nel 1928.

  1. Nel giardino italiano della Huntington Library, Art Museum and Botanical Gardens ci sono sculture che arrivano proprio dalla provincia di Padova, ma come sono finite così lontano?

Nei giardini botanici della Huntington c’è una delle più importanti collezioni di statuaria da giardino veneta negli Stati Uniti, l’altra si trova in Florida, a Miami, nei giardini del Vizcaya Museum. Alla Huntington abbiamo venti sculture da giardino venete, che sono arrivate in California nel 1920. Si tratta di un gruppo di sculture realizzate da un prolifico artista di origini vicentine di nome Agostino Testa che operò in Veneto nella prima metà del Settecento. Queste sculture oggi a San Marino in California furono realizzate da Testa per decorare il giardino di una villa veneta non ancora identificata. Come sono arrivate in California? Vennero acquistate da un banchiere americano, Luther Kountze, che fu uno dei primi collezionisti americani ad aver mostrato interesse verso le statue da giardino italiane tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Kountze le comprò dall’Italia per decorare i giardini della sua residenza in New Jersey e quando morì, nel 1918, le statue vennero messe in vendita e furono acquistate da Henry e Arabella Huntington che in quegli anni stavano realizzando il loro giardino italiano di fronte alla loro residenza. Al centro di questo giardino italiano vi è anche una meravigliosa fontana italiana seicentesca in pietra d’Istria.

  1. Los Angeles è una città a cui è facile pensare in relazione al cinema invece è molto ricca anche dal punto di vista artistico, quali sono secondo te i posti imperdibili, quelli da vedere assolutamente?

Se vi interessa l’arte, sono assolutamente da vedere Getty Museum, Getty Villa di Malibu e Huntington Library, Art Museum and Botanical Gardens a San Marino, California. Sono tantissimi i musei in città, ma a mio avviso, questi tre sono assolutamente imperdibili! Il Getty Museum io lo definisco l’Olimpo dell’arte, perché è costruito sulla cima di una collina che offre una meravigliosa vista sulla città e sull’Oceano Pacifico. E’ un posto ricco di fascino, l’architettura minimalista mi piace molto e la collezione d’arte è splendida. Tra l’altro, il Senior Curator e capo del Department of Paintings del Getty è un altro italiano di grande valore, Davide Gasparotto, che nel 2015 ha lasciato il suo posto di Direttore della Galleria Estense di Modena proprio per lavorare al Getty! Il Getty Villa è un’altra sede del Getty Museum, che si trova a Malibu. Sono più di 44000 le opere greche e romane conservate in questo edificio strutturato come un’antica villa romana di fronte all’oceano. E poi c’è la Huntington Library, Art Museum and Botanical Gardens, un’oasi di pace nella quale arte e natura creano un connubio indissolubile. Ciò che trovo particolarmente interessante, da italiana, relativamente a questi tre musei di Los Angeles, è l’interesse di questi collezionisti americani, J. Paul Getty da un lato e Henry e Arabella Huntington dall’altro, nei confronti dell’arte europea, in tempi in cui collezionare significava anche usare l’arte come simbolo di uno status culturale ed economico: questo è un aspetto della cultura americana di inizi Novecento che mi affascina ancora moltissimo e che continuo a studiare!

  1. Se potessi scegliere, che ruolo ti piacerebbe ricoprire in futuro nel mondo dell’arte?

Domanda difficile questa! Sono contenta della mia attuale posizione da Curatorial Research Associate di arte europea nel museo della Huntington. Per il mio futuro, sogno di poter essere una storica dell’arte che usa l’arte per ispirare nuovi pensieri nelle persone. La bellezza dell’arte è in grado di parlarci a distanza di secoli, credo sia una cosa meravigliosa… quasi magica. E questa pandemia mi ha fatto vedere più chiaramente tre aspetti molto importanti del mio lavoro: abbiamo bisogno della bellezza dell’arte per vivere una vita migliore; la bellezza da sola non basta, è la somma di bellezza e significato che ci attrae all’arte offrendoci anche un messaggio da conservare; e infine, l’arte non potrebbe esistere senza un pubblico. Le gallerie d’arte sono rimaste chiuse per mesi, con le opere ammutolite in quegli spazi, ma ora possono finalmente tornare a parlare e lo possono fare proprio grazie al lavoro di tutto il personale dei musei che si occupa di preservare queste opere ma anche di promuoverle, presentandole al pubblico con nuovi significati e nuove storie.

 

  1. Ti faccio un’ultima domanda, quella che faccio a tutti gli expat, gli Stati Uniti sono ancora la “nazione della speranza”?

Gli Stati Uniti sono per me il Paese delle opportunità! Sono il Paese in cui puoi sentirti profondamente legato ad un museo in particolare e avere l’opportunità di lavorare in quel museo se lo vuoi davvero. Dietro ad ogni traguardo c’è tanto lavoro, sempre. Ci si dà un gran da fare, lavorando sodo e senza sosta ma, lavorando duramente, si può ottenere ciò che si vuole! Gli Stati Uniti a me hanno insegnato che se vuoi una cosa, te la devi andare a prendere. Io stessa mi sono scontrata con le tante porte che mi sono state chiuse in faccia all’inizio e, come dicevo prima, non è stato facile familiarizzare con un sistema nuovo, dentro e fuori l’accademia. Ma ora credo che tutte queste porte chiuse mi abbiano portato a capire tante cose anche di me stessa: ho scoperto pro e contro del lavorare negli USA piuttosto che in Italia, ho imparato a migliorare il mio lavoro per crescere nella direzione che ho scelto per me. In qualche modo, queste prime grandi delusioni mi hanno spinto a chiedermi che cosa volessi fare della mia vita e a capire qual era la mia missione nel mondo. Ho capito così che il mio amore per l’arte e per la ricerca sono una parte integrante di me ed entrambi devono essere presenti nella mia vita perché mi rendono una persona migliore. Nonostante le difficoltà, qui in California ho potuto costruirmi una famiglia, diventare mamma due volte, trovare casa, lavorare nel mio campo. La California mi ha offerto tutte queste opportunità per crescere come donna, moglie, mamma e come storica dell’arte.

 

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