È il 19 gennaio scorso quando un Airbus 319 CJ dell’Aeronautica militare atterra all’aeroporto di Cuneo Levaldigi. Sono le nove di mattina. Tre ore dopo l’aereo riparte per Roma. Chi c’è a bordo? Qual è il motivo del viaggio? Il volo di Stato diventa un caso.
Nei giorni seguenti al centro del giallo finisce il ministro per la Semplificazione legislativa Roberto Calderoli. Stando alla denuncia presentata ieri alla Procura di Cuneo dal consigliere regionale Fabrizio Biolé (Movimento cinque stelle), l’illegittimo utilizzatore sarebbe lui. «Confermo tutto – racconta al telefono Biolé – Su quell’aereo c’era Calderoli: è atterrato a Cuneo alle 9.30 di mattina ed è ripartito alle 12. Mi sono recato personalmente a Levaldigi per fotografare il velivolo». Nessuna prova? «Ho cercato di chiedere i documenti del volo ai vertici della Geac, l’ente partecipato dalla Regione che gestisce l’aeroporto, ma dopo un lungo rimpallo burocratico non ho ottenuto nulla».
A fine gennaio alcuni quotidiani locali si occupano della vicenda. Un giornalista contatta l’entourage del ministro per un chiarimento. «Ricordo che confermarono la presenza di Calderoli solo durante il viaggio di ritorno, da Cuneo a Roma – racconta – Mi spiegarono che la sua presenza su quel volo era giustificata da un importante incontro istituzionale in programma quel pomeriggio nella Capitale».
Cosa ci faceva il ministro a Levaldigi? Qualcuno in Piemonte mette in relazione la vicenda con la figura di Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo e «compagna di vita» (così su wikipedia) di Calderoli. «Non nego – continua il cronista – che c’è chi giustifica quel volo di Stato con precise questioni familiari». Ma resterebbe l’utilizzo improprio di quell’aereo.
Nel frattempo la vicenda arriva in Parlamento. Lo scorso febbraio il Pd Emanuele Fiano presenta un’interrogazione in commissione Affari costituzionali. Nel testo, il deputato conferma: «Il 19 gennaio 2011 un ministro della Repubblica italiana ha utilizzato un volo di Stato per la tratta Cuneo-Levaldigi/Roma-Ciampino. Non risulta all’interrogante che in quella data ci fossero missioni istituzionali, né risulta esserci alcun documento ufficiale che certifichi il viaggio stesso». Ad oggi, l’interrogazione non ha ancora ricevuto risposta. Ma Fiano insiste. «Questa sera – dice al telefono – non appena finiranno i lavori dell’Aula solleciterò un intervento del governo».
I collaboratori di Roberto Calderoli, intanto, preferiscono non commentare. «Sulla vicenda abbiamo già chiarito la posizione del ministro lo scorso gennaio. Rispondiamo una volta sola». Resta un dubbio: l’esponente del Governo era presente anche sul volo di andata? «È una vicenda vecchia – spiegano – per quanto ci riguarda già chiarita».
Difficile quantificare l’eventuale danno per l’erario. Il velivolo in questione è uno dei tre Airbus della flotta di Stato. Una cinquantina di posti in cabina, più un equipaggio di sei persone tra piloti, specialisti e assistenti di volo. «Il costo per un viaggio di questo tipo – spiega Biolé – si aggira intorno ai ventimila euro».
Il regolamento non vieta l’utilizzo di questi voli da parte dei membri del governo. Ma pone alcuni paletti. La direttiva del presidente del Consiglio che disciplina il trasporto aereo di Stato (datata 25 luglio 2008) autorizza questi viaggi solo al presidente della Repubblica, ai presidenti delle due Camere, al premier, al presidente della Corte Costituzionale egli ex capi di Stato. I ministri hanno diritto di salire a bordo – come specifica l’articolo 1 comma 4 del documento – solo quando ricorrono due condizioni: «comprovate ed inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’efficace esercizio delle funzioni istituzionali; non sono disponibili voli di linea né altre modalità di trasporto compatibili con l’efficace svolgimento di dette funzioni».