«Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l’assistenza sanitaria integrativa dei deputati». Così recita una mail che gira in questi giorni per la rete, riportando un argomento che incuriosisce. È la «prima volta», che si scoprono queste cose. Wow. E poi si vuole sempre sapere. Quanto ci costa, quindi, anche la loro salute? «Ebbene, nel 2010 deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro». Però. Ma non solo. «Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio».
Nella sostanza, ci costa tanto. E questo non ci piace. A rendere la cosa ancor meno gradevole, poi, è scoprire che, con i soldi dei contribuenti, accedono alle cure i nostri 630 onorevoli e anche i loro 1109 parenti. E valgono, addirittura, «i conviventi more uxorio». Su proposta, guarda un po’, che viene del leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Ma come. Non era per la famiglia cattolica, lui?
Comincia quasi a girare la testa. Ma andiamo avanti. Di questi 10 milioni, sono andati «3 milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche», e «3 milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionate dove non si paga, ma in cliniche private)». E poi un milione in fisioterapia, e visite varie, e occhiali e 257mila per visite psicologiche. Perché la politica logora chi la fa, e anche i familiari. E poi si scopre che 3mila euro e passa finiscono in cure omeopatiche. Tutti i dati, poi, sono distribuiti «dai Radicali, che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata Parlamento Wikileaks» e li hanno ottenuti per la prima volta.
Ma non tutto si sa ancora: anche se pugnaci, i Radicali non sono riusciti a sapere quanto paghiamo per la loro balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura. E, soprattutto, in chirurgia plastica. Che potrebbe essere, forse, la fonte di spesa più interessante e, con ogni probabilità, vista l’eterna giovinezza dei nostri rappresentanti e la bella vita dei chirurghi, anche quella più alta.
Ma attenzione: la mail non finisce qui e ci informa che, di nascosto, i nostri parlamentari ne hanno fatta un’altra delle loro. E che cosa? «sull’Espresso di qualche settimana fa c’era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all’unanimità e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa 1.135,00 al mese. Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali». Criminali. Stiamo affogando sotto la grandine delle borse e loro, con abilità, si alzano lo stipendio. Forse per vendicarsi di aver dovuto rinunciare alle vacanze di quest’estate?
No. La testa gira troppo. Serve controllare l’Espresso, e cercare «l’articoletto» di «qualche settimana fa» Che, però, non si trova. Al suo posto, invece, ecco un sito di debunking, che ci informa, con allegria, che è tutto falso. La stessa mail gira da anni, almeno dal 2000. Di mezzo c’è sempre l’Espresso, l’articoletto, la norma «camuffata». Cambia solo la cifra. Più che lo stupore, è un sollievo. Meno male: almeno questo, non l’hanno fatto. E il resto?
Il resto è tutto vero. Ed è la prima volta che viene rilevato. La news compare sul blog di Rita Bernardini, deputata della delegazione radicale del Partito Democratico, e i dati coincidono, sono uguali. Anzi, è tutto uguale, tranne la parte dell’aumento di stipendio, che non c’è. E, guardando meglio, si vede che il testo è una lunga citazione di un articolo di Repubblica. Ma come. Non era una rivelazione? Seguiamo il link, e siamo catapultati sul sito, e, incredibile, indietro nel tempo: 11 aprile 2011. Cinque mesi fa Repubblica rendeva noti questi dati. Però. È vero che si trattava della prima volta, ma il giro del mondo di queste mail ha un po’, come dire, invecchiato lo scoop. Ma Linkiesta ne parla comunque. Per fare chiarezza, certo. E perché è sempre interessante. Contraddicendo, con tranquillità, la regola aurea che slow news is not news. Era pur sempre la prima volta.