TORINO – Sedici anni per gli imputati Stephan Schmideiny e Louis De Cartier, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, interdizione legale e incapacità di trattare con la Pubblica Amministrazione per tre anni, più il risarcimento alle parti civili costituite nel processo. I risarcimenti più importanti riguardano i comuni di Casale Monferrato, 25 milioni di euro, Cavagnolo, 4 milioni di euro, Regione Piemonte che deve essere risarcita dai due imputati per 20 milioni di euro e una provvisionale Inail per 15 milioni. A questi si aggiungono i risarcimenti per le vittime dell’amianto nell’ordine dei milioni di euro. Queste le condanne al processo Eternit, per cui l’accusa aveva chiesto per i due imputati, che come nelle udienze precedenti non si sono presentati in aula, venti anni di reclusione.
Schmideiny e De Cartier, rispettivamente 65 e 90 anni, sono accusati dal pool di Raffaele Guariniello di disastro ambientale doloso e omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. I due sono stati condannati per il disastro derivanti dagli stabilimenti nei comuni di Casale Monferrato e Cavagnolo. Per loro è intervenuta la prescrizione per le vicende di Bagnoli e Rubiera per quel che riguarda i reati commessi, ma dovranno comunque procedere al risarcimento in sede civile. Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli, i due imputati avrebbero omesso di indicare e di far usare ai dipendenti le precauzioni necessarie per evitare l’insorgere di tumore al polmone e asbestosi. La difesa ha invece sostenuto l’innocenza di entrambi, ritenendo che all’epoca dei fatti contestati non si fosse a conoscenza della nocività del materiale trattato. Gli avvocati Di Amato e Zaccone hanno anche lamentato l’impossibilità di preparare una difesa adeguata visto la lontananza nel tempo dei fatti e la mancanza di documenti. L’avvocato Di Amato, dopo la lettura della sentenza, ha detto: «La prima battaglia l’abbiamo persa, sicuramente faremo appello».
In mattinata code fuori dal Palazzo di Giustizia di Torino, dove sono state allestite quattro aule per ospitare circa 2000 persone arrivate anche da altri parti del mondo per seguire la sentenza, a cui si è arrivati dopo sessantacinque udienze in ventisei mesi. Presenti fissi i componenti dell’Associazione Familiari Vittime Amianto, con appuntato alle giacche il cartellino giallo con lo slogan “Strage Eternit: giustizia!”. Tra loro un ex facchino dello stabilimento di Casale Monferrato che, abbigliato in tutta blu, dice: «Nel mio reparto lavoravamo in trenta, ma ora siamo rimasti in due».
Importante il risarcimento al comune di Casale Monferrato (25 milioni di euro), protagonista con la giunta del sindaco Demezzi di un tira e molla sull’accettazione di un indennizzo di 18 milioni e 300mila euro da parte dell’imputato Schmideiny per uscire dalle parti civili e non intraprendere ulteriori cause. Inizialmente Casale accettò quell’indennizzo, ma l’intervento del neo-ministro della Salute, Balduzzi, fece fare un passo indietro al sindaco Giorgio Demezzi. È proprio Balduzzi pochi minuti dopo la notizia delle condanne a commentare «È una sentenza che senza enfasi si può definire davvero storica, sia per gli aspetti sociali che per gli aspetti strettamente tecnico-giuridici». Tuttavia, prosegue il ministro, la partita «non si chiude con una sentenza, sia pure una sentenza esemplare, ma continua nell’attività amministrativa e nell’impegno delle istituzioni e dei cittadini, soprattutto nella consapevolezza da parte di ognuno che non si tratta di una battaglia locale, ma nazionale, anzi mondiale».
Una «battaglia mondiale» nella quale questa sentenza crea un precedente importantissimo per le altre vertenze sull’amianto aperte in paesi come Svizzera, Francia e Brasile. Non è un caso infatti che siano arrivati a Torino questa mattina giornalisti, associazioni e familiari delle vittime anche dall’estero. Per loro è stata allestita un’aula con le cuffie per la traduzione simultanea della lettura della sentenza.
Tante le voci fuori dal tribunale e immediatamente dopo anche in Rete. La lettura della sentenza da parte del giudice Casalbore è durata circa due ore, ma su tutto, confida Bruno Pesce, del comitato vertenza amianto, «è quella parola “colpevoli” pronunciata all’inizio della sentenza». Anche se per alcuni in realtà Louis De Cartier si è preso gioco di tutti: «A 91 anni non sconterà un giorno solo di condanna, quasi una presa in giro».
Fatto sta che questo processo rimane nella storia per le tematiche ambientali, ma anche per la sicurezza sul lavoro. I numeri del disastro sono impressionanti: a partire dal 1952 in Italia si contano 2300 vittime, quasi 1800 nella sola Casa Monferrato il cui stabilimento, quello più grande d’Italia è stato chiuso nel 1986.
A margine il commento del presidente della Regione Piemonte, destinataria di un risarcimento di 20 milioni di euro, «Sono soddisfatto per questa sentenza – dice Cota – che rende giustizia alle famiglie delle vittime e a un intero territorio. Ora occorre lavorare per completare la bonifica delle aree e per la ricerca e la prevenzione». Con l’auspicio da parte di associazioni, di malati e familiari delle vittime che il lavoro della istituzioni non rimanga sulla carta, ma si manifesti anche nella realtà. Dopo tre ore il giudice Casalbore conclude la lettura della sentenza e fissa in 90 giorni il tempo per il deposito della motivazioni della sentenza stessa.
Intanto lo sguardo si rivolge ad altri casi analoghi aperti in Italia: la Fibronit a Bari e Broni (Pavia) o la Sacelit in provincia di Messina, «anche di queste – ricorda in una nota Legambiente – l’Italia dovrà occuparsi». Nel Belpaese infatti la bonifica e lo smaltimento dell’amianto risulta a oggi tutt’altro che concluso. Nell’Unione Europea l’amianto è stato bandito nel 1992, mentre in paesi come Russia, Canada, Cina, India, Brasele e Canada è ancora utilizzato.
Dietro l’altalena lo stabilimento Eternit, ora chiuso, a Casale Monferrato (Afp)