Basta a tatuaggi e piercing. A meno che non siano in parti nascoste del corpo. È il nuovo divieto in vigore nell’esercito italiano, il cui Stato maggiore il 26 luglio scorso ha inviato ai reparti di tutta Italia la nuova direttiva anti-tattoo. A essere banditi sono soprattutto i tatuaggi che «abbiano contenuti osceni, con riferimenti sessuali, razzisti, di discriminazione religiosa» o che «possano portare discredito alle istituzioni della Repubblica italiana e alle forze armate».
Sarà il comandante di corpo che potrà contestare ai militari ogni violazione della direttiva per «le zone non coperte all’uniforme». E le punizioni previste arrivano fino alle sanzioni disciplinari di Stato. In questo modo, chi ha piercing o tatuaggi in sede di selezione nelle caserme o nelle accademie potrà essere escluso dal concorso. I soldati che invece hanno già deciso di disegnare con l’inchiostro il proprio corpo prima dell’entrata in vigore della direttiva «non saranno esclusi per la presenza di tatuaggi poiché arruolati con la normativa previgente». Ma sarà comunque necessario sottoscrivere una dichiarazione denunciando il proprio disegno sul corpo in una sorta di censimento dei tatuaggi.
L’uniforme «sta a indicare ‘uguaglianza’ pertanto l’aspetto esteriore degli appartenenti all’Esercito italiano richiede particolare cura», si legge nella direttiva. Per questo «non può essere trascurato ovvero snaturato da forme di evidenza estetica quali possono essere i tatuaggi o i piercing». Anche perché, scrive lo Stato maggiore, i militari dell’esercito si trovano spesso ad agire «in teatri operativi distanti dalla madrepatria», caratterizzati «dalla presenza della popolazione civile e contingenti multinazionali con usi, costumi, cultura e religione talvolta molto differenti da quelli che caratterizzano gli italiani ovvero le culture occidentali».