Venti settimane scarse. Poco più di quattro mesi. È questo il limitato orizzonte a disposizione del governo Monti. Un lasso di tempo minimo e neanche sicuro. Se davvero il Colle decidesse di procedere a elezioni anticipate a novembre, lo spazio di manovra dell’esecutivo sarebbe ridotto a zero.
Per fare il punto sull’agenda di governo e coordinare l’impegno della squadra del Professore, l’esecutivo si incontrerà tra due giorni a Roma. Il Consiglio dei ministri non è stato ancora ufficialmente convocato, ma i responsabili dei vari dicasteri sono già stati avvertiti. Appuntamento venerdì mattina a Palazzo Chigi, per la prima riunione dopo le ferie estive. Un Consiglio dei ministri particolare. Dal vertice non usciranno decreti. Non sarà approvata alcuna misura. Si tratterà piuttosto di programmare la road map da qui alla fine del mandato. Un’agenda tutt’altro che di basso profilo. Il governo – Monti in particolare – vuole imprimere un’ulteriore accelerazione all’azione dell’esecutivo. Lasciando Palazzo Chigi con una pesante eredità in tema di riforme e misure per il rilancio del Paese (sempre ammesso che alla fine il Professore lasci davvero la sede del governo).
«Sarà un lavoro corale» raccontano dagli uffici tecnici di uno dei ministeri principali. L’obiettivo è lavorare in stretto contatto. Tutti i ministri dovranno prendere la parola, fare il punto su quanto realizzato in nove mesi di governo, ma anche introdurre i progetti futuri. Presentando al Consiglio – ognuno per il suo dicastero – nuove voci di spesa da tagliare. È uno degli impegni chiesti dal presidente del Consiglio: un’altra sfoltita ai rami secchi ancora presenti nelle varie strutture ministeriali.
Il protagonista del vertice sarà ancora una volta il titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera. Sarà lui a presentare il nuovo piano per la crescita studiato dal governo. Una sorta di decreto Sviluppo parte seconda. Le prime misure saranno messe in campo da subito, fin dal mese di settembre. Tre i capitoli principali. L’agenda digitale: un investimento importante per modernizzare il Paese. Si parla di digitalizzazione degli uffici pubblici, estensione della banda larga in tutta Italia. È prevista anche la creazione di “data center” nel Meridione (uno sarà in Sardegna) per raccogliere e condividere i dati in possesso della pubblica amministrazione utili a rilanciare le imprese, ma anche a gestire con maggiore efficienza le risorse messe a disposizione dall’Europa. Un altro capitolo sarà incentrato sulle semplificazioni: una riduzione delle procedure burocratiche che ostacolano l’imprenditoria in Italia. Una misura che, in linea di principio, potrebbe compensare la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali alle imprese a cui sta lavorando l’esecutivo. Infine alcune norme per le start up. Misure destinate ad agevolare la nascita di nuove realtà imprenditoriali. Magari attraverso l’accorpamento in un unico fondo delle risorse già previste, ma difficilmente utilizzabili. Insieme a questo pacchetto si sta lavorando ad un sistema per attrarre in Italia gli investimenti esteri.
Non è tutto. I dossier che potrebbero vedere la luce nel corso dell’autunno sono diversi. È il caso del Piano aeroporti di Passera. Un provvedimento destinato a ridurre il numero degli scali italiani, investendo parallelamente sul rafforzamento delle relative infrastrutture. Dell’intervento se ne parlerà venerdì, anche se per la presentazione del decreto sarà necessario attendere il mese di ottobre. E poi energia, dismissione degli immobili pubblici. E ancora un pacchetto di norme per la scuola e l’università. Il ministro Francesco Profumo lavorerà a nuove norme per il reclutamento e l’assunzione del corpo docente. Ma anche a particolari misure per la valutazione del merito, finalizzate ad arginare, dove possibile, il fenomeno della fuga dei cervelli.
Al contrario di quanto prospettato nel recente passato, dovrebbe saltare un nuovo pacchetto di liberalizzazioni. Al ministero dello Sviluppo economico ne avevano discusso. Si pensava di poter tornare con maggiore incisività sul provvedimento approvato lo scorso inverno. Sembra che alla fine sia mancato l’unanime sostegno degli esponenti di governo al progetto. Stesso esito, forse, per il progetto di tagliare l’Irpef. Certo, in caso di un’inattesa crescita economica e del ritorno di rilevanti risorse dalla spending review, nei prossimi mesi se ne potrà parlare. «Ma per ora la riduzione delle tasse non esiste» raccontano dallo staff di un ministro.
I provvedimenti sono tanti. E non sono gli unici. Il governo dovrà coordinare i decreti da approvare a Palazzo Chigi con il calendario dei lavori parlamentari, già ricco di numerosi impegni. Riforme più “politiche”, che rischiano di monopolizzare l’attenzione di Camera e Senato nel corso dei mesi autunnali. Si parte con la riforma elettorale. I bene informati assicurano che il disegno di legge dovrebbe essere licenziato da Palazzo Madama entro la metà di settembre, per poi approdare a Montecitorio. Ad oggi, però, manca ancora un testo condiviso.
E poi ci sono i tre provvedimenti sulla giustizia. Qui l’intesa tra centrodestra e centrosinistra è ancora lontana. È il caso delle intercettazioni. Un provvedimento particolarmente caldeggiato dal Popolo della libertà. Tanto che, raccontano, durante le vacanze d’agosto Silvio Berlusconi avrebbe personalmente chiesto al premier Monti di spingere – per quanto di sua competenza – sulla calendarizzazione del testo. Completano il quadro i provvedimenti sulla responsabilità civile dei giudici e sull’anti-corruzione (già approvato alla Camera e in attesa di esame al Senato). Come se non bastasse tra pochi giorni arriverà a Montecitorio il pacchetto sulle riforme istituzionali. Dal semipresidenzialismo alla riduzione del numero dei parlamentari. Dopo il braccio di ferro di luglio, quando il testo è stato approvato al Senato solo con i voti di Pdl e Lega, si attende un percorso tutt’altro che agevole.