Occorre essere rigorosi con le parole ma soprattutto con le intenzioni: attribuirne talune, peraltro grossolanamente offensive e inesatte, non è buon giornalismo. Ho detto nella mia intervista a Falci che parlare di mafia e di morte per mano mafiosa richiede una sobrietà di parole e di stile che Crocetta non presenta. Confermo.
Dire ad ogni intervista: “Io sono un condannato a morte dalla mafia”, in una terra in cui di condannati a morte (spesso con sentenze eseguite) ce ne sono centinaia, e affrontano i loro rischi in silenzio e i loro lutti con pudore, è un modo rumoroso e vanitoso di esibire una condizione grave e difficile: ma che – ripeto – purtroppo non riguarda solo Crocetta. Tutto qui. L’idea che volessi riferirmi all’omosessualità di Crocetta è una libera e sgrammaticata interpretazione del signor Fusco. Che non mi appartiene. Claudio Fava