Spettacoli che fanno il tutto esaurito e portano in scena anche 50 attori tutti insieme. Non è Broadway, ma l’esperienza del teatro comunitario argentino. Basato sull’idea che tutti possano recitare – e bene – e che “fare teatro” sia un diritto, e non solo un “lavoro” per pochi professionisti. È su questa base che sono nate a Buenos Aires esperienze come quella del Circuito Cultural Barracas (http://ccbarracas.com.ar/), Catalina Sur (www.catalinasur.com.ar/), MateMurga (www.matemurga.com.ar), tutte in quartieri di periferia, a volte zone difficili. Una cinquantina di gruppi in tutta l’Argentina, di cui poco più di 10 nella capitale, e rapporti con simili realtà in altri paesi dell’America Latina (Uruguay, per esempio) e in Europa (anche in Italia, a Ferrara, con il gruppo Teatro Nucleo, www.teatronucleo.org/progetti/memoria.html).
«Crediamo che il teatro non sia un di più da dare alla collettività dopo aver risolto tutti gli altri problemi e le disuguaglianze economiche e sociali», dice Ricardo Talento, drammaturgo, regista e direttore del Circuito Cultural Barracas. «Il teatro stesso è una forza di trasformazione sociale. E l’arte è un diritto».
Con questi principi, nel 1996, una compagnia di attori di strada, “Las Calandracas”, decide di aprirsi al quartiere e ai suoi abitanti. «Per chi vuole unirsi a noi non facciamo casting», dice Ricardo. «Organizziamo incontri durante i quali trasmettiamo conoscenze di base su recitazione, canto, trucco. Ma soprattutto si impara mentre si fa. Negli spettacoli tutti hanno fin da subito un ruolo e sfido lo spettatore a capire chi recita con noi da anni e chi ha iniziato da poche settimane». Della compagnia fa parte anche una ragazza handicappata in carrozzina, che non viene travestita per sembrare qualcosa di diverso, né nascosta in ultima fila. «Ognuno recita con il proprio corpo, spesso rozzo, che però non è sinonimo di goffo», spiega il regista. «È un corpo abile, capace». E gli spettacoli devono avere un valore artistico, per attrarre spettatori veri e non solo un pubblico compiacente di parenti e amici.
Il grande successo, in cartellone da 11 anni, è “El casamiento de Anita y Mirko” (“Il matrimonio di Anita e Mirko”), una festa di nozze, con tanto di cena e torta, a cui il pubblico e gli attori partecipano insieme. Uno spettacolo nato nel 2001, come “festa di quartiere” in un periodo in cui nessuno, in Argentina, aveva voglia di festeggiare. A questo si è aggiunto, recentemente, “El loquero de Doña Cordelia”, la storia della Rivoluzione di maggio (che ha permesso l’indipendenza dell’Argentina) rifondata dai bislacchi ospiti di una pensione.
«Ogni spettacolo è un lavoro collettivo, che si realizza con le sollecitazioni e le idee di tutti», dice Ricardo Talento. «Siamo pronti a modificare il copione tutte le volte che serve, anche se c’è sempre
un drammaturgo che indirizza l’opera».
Ricardo Talento
Quali le prossime sfide per il teatro comunitario? «La sostenibilità», dice Talento. «Malgrado ai nostri spettacoli ci sia sempre gente, non basta per le spese. Serve un sostegno reale e continuativo, da parte statale pubblico o di imprese sociali. Altrimenti siamo destinati all’estinzione oppure a farci assorbire da logiche commerciali. E allora addio alle sperimentazioni. Il teatro è l’ultima cerimonia sociale rimasta. Ecco perché la sua sopravvivenza fa bene a tutti».