Caro direttore, pochi sanno, non vorrei rivelare qualcosa di estremamente riservato, che Oscar Giannino è iscritto al partito repubblicano, anzi fa parte degli organi dirigenti di questo partito. Tutti invece sanno che recentemente, con altri economisti, ha pubblicato un Manifesto di scuola liberista che ha suscitato negli ambienti politici un certo interesse. Tra i primi politici a interessarsi al manifesto, da indiscrezioni giornalistiche, sembra sia stato il segretario della Lega Nord onorevole Maroni.
Questi non ha una grande conoscenza del liberismo e della scuola di Chicago, in particolare il suo problema è quello di non cedere le numerose municipalizzate dei comuni brianzoli amministrati dalla lega, però ha chiaro un interesse elettorale a collegarsi con Giannino per le prossime elezioni regionali dove intende presentarsi capolista in concorrenza diretta con le scarse e ormai deboli truppe del Cavaliere.
Giannino tiene, tra le altre cose, ogni mattina una rubrica molto seguita su Radio 24, la radio de “il Sole 24ore” e della Confindustria, la sua capacità espressiva e la forza delle sue argomentazioni li hanno creato una notevole popolarità. In questo senso egli appare come un Beppe Grillo coi pantaloni stirati e qualche lettura in più ma non gli mancano le urlate e le frasi a effetto. I tempi, come si sa, hanno reso queste posizioni molto popolari soprattutto nei sondaggi e tutti stanno studiando le tematiche grilliane e il suo modo di porgerle: Giannino si presterebbe al caso.
Anche il Manifesto Liberista è molto generico e scontato al punto che è stato firmato da collaboratori de “la Repubblica” così come da personaggi di cultura malagodiana. Se non ci fosse quel benedetto problema delle provincie, a cui i leghisti sono maledettamente affezionati, il gioco di Maroni sarebbe già fatto. Ma Giannino e i suoi liberisti vogliono l’abolizione delle provincie, non è una cosa nuova, ci sarebbe un risparmio di circa 11 miliardi all’anno. Quanto all’abolizione del valore legale dei titoli di studio la Lega non ha problemi come si può immaginare dopo le “lauree albanesi” di alcuni suoi dirigenti.
Per quel che concerne il federalismo, che sarebbe la nota ideologica sulla quale si fondano i “lumbard”, l’ultimo articolo del manifesto è assai tenue e può essere visto con il medesimo consenso sia da federalisti che da anti-federalisti. Dunque si va verso un accordo tra la scuola di Chicago e la scuola Bosina della signora Bossi? No. Il piccolo mondo antico repubblicano insorge e una parte dei repubblicani chiedono addirittura l’espulsione di Giannino. Non si deve dimenticare che i repubblicani hanno l’espulsione facile come si è visto quando hanno espulso Giorgio La Malfa di cui Giannino, in gioventù, è stato segretario, anche se non ha assorbito la sua forte cultura keynesiana anzi si è portato nelle file opposte.
Oscar Giannino si dichiara ancora legato alla cultura repubblicana, anche se si pone in questo caso un problema d’incompatibilità con la subcultura leghista qualunquista e anti-risorgimentale. I pochissimi residuati repubblicani sono già divisi e una parte non esiterebbe a tradire il proprio passato per recuperare qualche seggio, del resto questo avevano fatto anche con Berlusconi. Aimè, povero barone von Hayek, noi lo ricordiamo in certe foto degli anni ‘20 con i suoi pantaloni alla zuava sulle alpi austriache insieme a Popper. Non pensavamo di doverlo ritrovare a fianco di Bossi, Maroni e Nucara. Giannino per favore.