Nel 1995 l’Italia era il paese europeo che attraeva più turisti dall’estero, oggi è scivolata al terzo posto, alle spalle della Spagna. La quota di mercato si è assottigliata: dal 6 al 4 per cento. Quando si faranno i conti della stagione estiva, le cose potrebbero essere peggiorate. Da diversi mesi sulla stampa nazionale e locale, cartacea e web, si susseguono allarmi e lamentele sul calo delle presenze estere. Si muovono poco, causa crisi economica, anche il forfait degli italiani ha il suo peso.
Le prenotazioni a livello nazionale, secondo Federalberghi, sono calate complessivamente questa estate del 30 per cento. Si va dal meno 15 della Valle d’Aosta al meno 30% delle Eolie. Di regione in regione, cresce timore che le prossime stagioni possano andare anche peggio fra alberghi semivuoti, ristoranti che chiudono, giri d’affari in calo e utili contrazione.
Nel frattempo, l’immagine e il concreto funzionamento dell’industria turistica nazionale franano sotto il peso delle emergenze che puntualmente affliggono il turismo italiano. Caos bagagli negli aeroporti, a cui quest’anno si è aggiunto il crac di Wind Jet, con disagi per migliaia di passeggeri, accoglienza spesso scortese negli alberghi, musei chiusi o aperti per mezza giornata, strade piene di immondizia in molte località del Sud e delle Isole, prezzi elevati e non giustificati dalla qualità e funzionalità dell’offerta che spingono i flussi internazionali verso altri paesi. Secondo un calcolo della Confartigianato, quest’anno i prezzi degli alberghi italiani sono aumentati mediamente del 12% su base annua.
Si cominciano a vedere i contraccolpi sull’occupazione. NH Italia, controllata del gruppo alberghiero spagnolo NH Hoteles, ha appena avviato la procedura di licenziamento collettivo di 382 lavoratori. Solo in Italia, NH ha 20 strutture sparse sul territorio e circa 1.400 dipendenti, frutto delle acquisizioni negli anni passati. In particolare, nel 2006, supportato da Banca Intesa, all’epoca guidata dall’atuale ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, il gruppo spagnolo aveva rilevato la Jolly Hotels. Il legame perdura: oggi Intesa Sanpaolo ha il 44,5% di NH Italia, e nel cda della società siede il fratello del ministro Passera. Eppure, la società non sembra intenzionata a ricorrere agli ammortizzatori sociale e vuole procedere al licenziamento secco dei lavoratori, sulla base di un piano di taglio dei costi concordato con le banche. Gli scioperi in corso proprio in questi giorni nelle diverse strutture italiane del gruppo, e i numerosi disservizi riscontrati sulla clientela, non aiutano la reputazione del settore.
Di fronte alla débâcle, e nell’attesa del piano strategico per il settore, previsto per fine anno, il ministro del Turismo Piero Gnudi ha rilanciato il solito mantra della promozione: «Bisogna promuovere il marchio Italia all’estero e che sia l’Enit (l’Agenzia nazionale del turismo, ndr) ad essere il suo braccio operativo». Gnudi punta a superare le politiche campanilistiche di promozione per eviare «come è stato fatto finora, che ogni Regione promuova soltanto il proprio territorio». Politiche che hanno portato a risultati paradossali: fra il 2001 e il 2006, per esempio, la Sicilia è riuscita a spendere 1,6 miliardi in promozione turistica, tre volte più del Veneto, riuscendo però ad attirare un terzo dei visitatori.
Ma pensare di rilanciare il turismo italiano con una politica di promozione meglio coordinata è illusorio. Come se il problema del turismo italiano fosse solo un problema di marketing. E non, principalmente, una questione di infrastrutture e di qualità, competitività dell’offerta, che la crisi economica impone di diversificare per non perdere le fette low cost della domanda alberghiera.
L’iniziativa annunciata dal gruppo Ikea dovrebbe far riflettere. Il colosso dell’arredamento svedese creerà almeno 100 hotel a basso costo in giro per l’Europa, da affidare in gestione a gruppi alberghieri da individuare. Alberghi in zone centrali, di design, ridotti all’essenziale per tenere le tariffe basse, dotati di internet veloci. Tutto quanto chiede un’utenza giovane e non solo, abituata a spostarsi, in cerca di strutture ricettive gradevoli, funzionali e low cost. Continuare a ripetere dogmaticamnete che «la nostra offerta turistica è migliore di quella degli altri Paesi», come ha detto il direttore del centro studi di Federalberghi Alessandro Cianella, è il modo migliore per affondare.
Twitter: @lorenzodilena