Il suolo? Scompare. Soprattutto quello destinato all’utilizzo agricolo. Secondo le stime dello studio del professor Roberto Pretolani, docente della Facoltà di Agraria dell’Università Statale condotto su sollcitazione della Regione, il problema è forte anche in Lombardia. I dati pubblicati parlano chiaro: ogni anno in Lombardia si perdono 6.250 ettari di terreno coltivabile, per un totale di 175.000 ettari negli ultimi 30 anni. Un problema, spiega il professore a Linkiesta, che andrebbe affrontato con attenzione.
Il suolo agricolo sta diminuendo. Quali sono le cause principali?
Sono due. La prima, ed è quella più ovvia, è la cementificazione. Il suolo agricolo viene sottratto al suo utilizzo e occupato da costruzioni, strade ed elementi infrastrutturali. Una spinta molto forte in una regione industrializzata come la Lombardia. La seconda è, invece, l’abbandono: si tratta dei terreni marginali, che prima erano agricoli, strappati nei tempi alla loro natura originaria, non vengono più coltivati.
Ma perché?
Perché non rendono più. Da un lato perché sono difficili da coltivare dal punto di vista morfologico. E mi riferisco a territori di montagna, o collinari, che presentano degli impedimenti evidenti. Oppure perché sono esauriti. Queste terre in passato erano state una conquista per chi le coltivava: una via di fuga dalla povertà. Ora invece sono tornate alla loro natura, diventano di nuovo boschi.
Più boschi e strade, ma meno campi.
Sì. Ma l’abbandono – voglio specificare – è un fenomeno non molto diffuso in Lombardia, quanto nel resto d’Italia. Le conseguenze rimangono le stesse: la superficie agricola utilizzata è in calo e questo si ripercuote a livello produttivo. Un fenomeno grave soprattutto in Lombardia.
Perché?
Perché è la regione con la maggiore produzione agricola in tutta Italia. Un po’ perché ha una superficie estesa, e un po’ perché ha una grande capacità produttiva. Il risultato, comunque resta preoccupante. La produzione diminuisce, anche se non in modo proporzionale. La produttività resta alta, ma non riesce più a compensare la perdita di terreno. L’Italia ha ancora un tasso di auto-approvvigionamento molto alto, che si aggira sul 70% di quanto produce. Una percentuale composita, che è fatta anche dell’import e dell’export. La Lombardia, per sé, si auto-approvvigiona per il 60% di quanto produce. Cioè, come spiego, è in grado di alimentare sei cittadini lombardi su dieci. Tutto il resto lo deve acquistare.
E questo porta a un aumento delle spese.
Certo. Le ripercussioni economiche, in questo senso, sono notevoli. Pensi che, per ogni ettaro perduto perdiamo 25.000 euro. Una somma che comprende sia l’importazione che la distribuzione. Ma il problema principale è un altro, e riguarda la produttività.
Si spieghi meglio.
Si fa sempre più fatica a sostenere la perdita di terreno coltivabile. Fino ad ora gli strumenti tecnologici a nostra disposizione sono stati sufficienti, tanto che la Lombardia è una delle zone d’avanguardia in Europa, per quanto riguarda l’agricoltura. Ma non basta più. La normativa europea pone vincoli molto stretti: da un lato è un bene, perché blocca la speculazione edilizia, ma dall’altro frena anche la produzione, diminuendo la quantità di mais e vietando l’uso di Ogm.
E quindi cosa di deve fare?
Occorre agire con attenzione. Si possono attuare politiche diverse. Da un lato, si devono recuperare i terreni marginali, cioè, come ho spiegato prima, i terreni ex agricoli abbandonati, e si può fare solo con una politica di incentivi. In questo modo si ritorna a utilizzare aree che al momento non sono più produttive.
E poi?
Cercare nuove soluzioni tecnologiche, approfondire esperimenti e nuove colture. Solo così si può reagire. In ogni caso, le occasioni non mancano, e anche all’Expo 2015 ci sarà modo per discuterne. Al centro ci sarà la terra e il suo nutrimento, e ci sarà modo per condividere know how e conoscenze. La Lombardia, che ora vive un momento di allarme, sarà la punta di attrazione per discussioni di questo tipo.