Era un leit motiv piuttosto ricorrente nelle dichiarazioni del presidente Formigoni a proposito del sistema sanitario lombardo e la sua eccellenza: ripetuta quasi come un mantra, a ogni dichiarazione, data per assodata da chi l’ascolta, ma mai sufficientemente accompagnata da dati corroboranti. Obiettivo piuttosto semplice di questo articolo è investigare il quesito: il sistema sanitario lombardo è veramente eccellente? Rappresenta o no il migliore sistema sanitario regionale italiano? Proprio nei giorni in cui Monti segnala che, senza investimenti, il sistema sanitario nazionale rischia il tracollo.
La nostra risposta è articolata, nel senso che, sicuramente, il sistema sanitario lombardo è tra i più efficienti d’Italia. Tuttavia, la sua eccellenza non pare così evidente, nel senso che condivide con molte altre regioni determinati aspetti positivi, pur avendo optato per un assetto organizzativo diverso; e nel senso, pure, che presenta alcune criticità, nient’affatto banali. Faremo riferimento prevalentemente a due fonti: il rapporto Oasi (Osservatorio sulla funzionalità delle aziende sanitarie italiane) 2011, redatto dal centro Cergas dell’Università Bocconi; e il rapporto Siveas del ministero della Salute.
Per quanto attiene alla Lombardia, possiamo presentare alcuni elementi salienti: innanzitutto, si sottolinea la stabilità del sistema sanitario regionale lombardo, che ha attraversato due importanti momenti di riforma in un passato ormai non troppo recente. Il primo è avvenuto nel 1997-1998, con la ridefinizione dell’ambito territoriale delle Asl, passate da 44 a 14; e il secondo nel 2002-2003, con la separazione netta dei ruoli tra Aziende ospedaliere e Asl. Da allora, sostanzialmente, di grossi cambiamenti non ce ne sono stati in termini di assetto istituzionale.
Un primo dato quantitativo interessante riguarda la durata media dei direttori generali delle Asl. Si osserva una certa stabilità, anche frutto della sostanziale continuità del governo politico per 20 anni. Un direttore generale dura in Lombardia, mediamente, quattro anni, contro una media nazionale di 3,8. Un elemento sicuramente virtuoso è caratterizzato dall’equilibrio finanziario del sistema sanitario regionale, dimostrato da un disavanzo procapite cumulato, nel periodo 2001-2010, di soli 41 euro, a fronte di una media nazionale di 631 euro di deficit.
Il modello sanitario lombardo, rispetto a quello di altre regioni, presenta la peculiarità di privilegiare il privato accreditato. Esso va a costituire il 30% dell’intero sistema sanitario lombardo, a fronte del 21% della media nazionale. La spesa privata è superiore alla media nazionale sia per le prestazioni ambulatoriali specialistiche, sia per quanto concerne i ricoveri. I ricoveri ospedalieri per il 30% sono offerti da strutture private, contro una media nazionale del 23 per cento. Gli ospedali privati lombardi sono i più attrattivi per quanto attiene i pazienti che vengono da fuori regione, con l’Ospedale San Raffaele di Milano a costituire il più grande polo di attrazione.
Proprio per questo spiccato potenziamento delle strutture private, la Lombardia è leader a livello italiano anche nell’ambito della project finance, la finanza di progetto che coinvolge soggetti privati nel finanziamento di opere d’interesse pubblico. Proprio in virtù del modello organizzativo così delineato e del sistema d’incentivazione connesso, uno dei gap storici del sistema sanitario lombardo è rappresentato dall’integrazione tra le diverse strutture e dalla copertura territoriale, nonché dalla continuità delle cure, ad oggi punto debole del sistema.
Come detto, il sistema sanitario lombardo è tra i più efficienti in Italia. Ma non è il più efficiente in assoluto, e in diversi ambiti. Un indicatore standard di performance è il tasso di ospedalizzazione per regime di ricovero e ubicazione della struttura. Si tratta di un indicatore che cattura i “miglioramenti di efficienza conseguibili attraverso l’appropriatezza dell’ambito di cura” . L’accordo Stato-Regioni del 2005 stabisce che tale indicatore non dovrebbe superare il valore soglia di 180 per 1000 abitanti residenti. Il dato nazionale è inferiore allo standard: 171,79.
La Lombardia ha un valore di 161,03, ma si trova dietro in classificia a Veneto (141,81), Friuli Venezia Giulia (142,49), Toscana (144,64), Piemonte (149,38) ed Emilia Romagna (154,16). Un altro importante aspetto dei sistemi sanitari regionali , molto importante anche in virtù dell’andamento demografico della popolazione italiana, è quello dell’Adi, Assistenza domiciliare integrata. Essa è una forma di assistenza che privilegia anziani e disabili in condizioni di non autosufficienza e che richiedono assistenza continuativa presso il loro domicilio.
Un indicatore di efficienza, in questo caso, è dato dal numero di casi trattati ogni 100 mila abitanti. Più è alto e più la diffusione dell’Adi è da considerarsi capillare. Il valore medio nazionale è di 803 casi ogni 100 mila abitanti. La Lombardia, in questo caso, si trova appena al di sopra della media nazionale (850 casi). E segue, nella classifica tra regioni, il Friuli Venezia Giulia (2058), il Molise (1809), il Veneto (1538), l’Emilia Romagna (1531), l’Umbria (1239), la Basilicata (1146), le Marche (1034), l’Abruzzo (970), il Lazio (944) e la Liguria (922).
Passando a considerare il Rapporto Siveas, prodotto dal ministero della Salute, chiudiamo con la comparazione efficace tra le regioni più efficienti attraverso il metodo qualitativo del bersaglio obiettivi. Le aree verdi individuano le dimensioni di eccellenza, per ciascuna regione; quelle gialle le dimensioni che presentano indicatori di buon livello; quelle rosse, infine, catturano le dimensioni di maggiore criticità. Pur con modelli organizzativi diversi, Veneto, Friuli, Toscana ed Emilia Romagna presentano livelli di performance paragonabili, se non maggiori, a quelli della Lombardia. Nel complesso, come mostrano anche le classifiche del WHO, il Servizio sanitario nazionale italiano è uno dei migliori al mondo, garantendo una copertura universalistica dei servizi offerti. All’interno di essi, l’eterogeneità tra performances e assetti organizzativi è molto spiccata, e concludere sull’eccellenza di un modello rispetto ad un altro è non solo questione ardua, ma sostanzialmente non rilevante, fatta salva la funzione pubblica di un bene essenziale quale la sanità.