Sessantatrè chili per 1 metro e settanta. Quello della tennista Marion Bartoli, 28 anni, numero 15 del mondo, non è proprio un phisique du role paragonabile alla longilinea collega Maria Sharapova. Eppure, nonostante l’agilità non da scattista e uno stile di gioco non proprio raffinato, la tennista francese (poco amata dai francesi) è arrivata alla finale del torneo di Wimbledon. Travolgendo in semifinale la belga Kirsten Flipkens in un’ora e due minuti. «Marion Bartoli finalista a Wimbledon è la dimostrazione che c’è davvero speranza per tutti», ha commentato subito qualcuno. Non sapendo, però, che Marion in finale a Wimbledon in realtà c’è già stata nel 2007, battuta 4-6 1-6 dall’elegante Venus Williams. Questa volta, ad aspettarla, è la tedesca Sabine Lisicki.
La scalata fino alla giornata clou di Wimbledon Marion l’ha combattuta a suon di giocate poco ortodosse e gesti al di fuori dell’etichetta tennistica. Nei quarti di finale ha chiesto al giudice di sedia se avesse un fazzoletto per soffiarsi il naso. Per non parlare del suo stile di gioco, che fa inorridire qualunque sir nel pubblico del “Vaticano del tennis” (© Gianni Clerici): destrorsa ma nata mancina, aggressiva e potente, ha la presa bimane su entrambi i colpi da fondocampo. Ha la tendenza ad andare incontro alla palla molto presto dopo il rimbalzo e usa il polso per dare velocità al suo servizio. Ma quello che strapperebbe un sorriso anche alle “lady” del prato verde sono i movimenti frenetici delle gambe anche durante i momenti di pausa tra un punto e l’altro e le sue facce buffe quando si prepara alla risposta. Per non parlare dei suoi autoincitamenti quando le avversarie sbagliano.
La prima racchetta in mano gliela mise il padre, all’età di sei anni. Una presenza ingombrante, quella paterna, dalla quale si libererà solo molti anni dopo. Lui, medico, lascia il suo lavoro per seguire a tempo pieno la figlia promessa del tennis nazionale dopo la vittoria di Marion al torneo juniores degli US Open del 2001. La mamma, invece, insegnante di scuola materna, è sempre rimasta nelle retrovie. Raramente si vede nel pubblico dei tornei. Diventa troppo nervosa vedendo la figlia giocare.
Proprio il padre, da coach, le ha insegnato lo stile di gioco inconfondibile. Aveva visto Monica Seles battere Steffi Graf nella finale Roland Garros del 1992 e si convinse che anche sua figlia dovesse giocare in quel modo. Come la Seles anche Marion è nata mancina ma, come la campionessa statiunitense, ha preferito passare alla presa bimane perché il suo dritto era troppo debole. All’inizio anche il fisico non la aiutava, in confronto ad avversarie più agili e veloci. Poi si è messa d’impegno, ha perso qualche chilo e la sua capacità di muoversi sul campo è migliorata molto.
Lei, che ha dichiarato tra l’altro di avere un quoziente intellettivo di 175, non è molto amata dai suoi connazionali per aver deciso di non giocare la Fed Cup e di non privilegiare i tornei francesi. Decisione, quella di non giocare il trofeo per nazioni, che l’ha portata a non partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012. Dietro questa scelta, pare ci sia la presenza asfissiante del padre. Più volte Marion si è rifiutata di giocare senza di lui. Solo nel febbario 2013 ha annunciato di aver ingaggiato un nuovo allenatore. Ovviamente, in accordo con père Walter, dice.
Già prima della separazione dal padre, era cominciata anche la sua impresa più difficile: quella di conquistarsi il pubblico francese. Marion “l’antipatica” ha iniziato a condividere con il pubblico le sue emozioni. Ed è diventata molto espressiva sul campo: fa il pugno, mostra rabbia e qualche sorriso, si rivolge verso la folla e ringrazia per il tifo. E questo l’ha resa più simpatica.
Per molti anni non ha avuro abiti sponsorizzati. Il contrario della Sharapova, insomma, alla quale la Nike ha disegnato addosso un completo nero aderentissimo con tanto di gonnellina vedo-non-vedo. «I vestiti me li compro da sola», ha detto nel 2011. «In Svizzera, dove vivo, sono sorpresi di vedermi fare shopping nei negozi. La strategia delle aziende è questa: danno 15 milioni di dollari alla Sharapova, che poi perde a Wimbledon dalla Dulko e a New York dalla Oudin. Io non ho meno personalità di lei, ma a me non sono interessati: contenti loro…». Solo a fine 2011 ha firmato un accordo di tre anni con la Lotto.
Battuta nell’ultimo Roland Garros al terzo turno da Francesca Schiavone, nel 2011 aveva incontrato Serena Williams in finale a Stanford, perdendo in due set. Lo stesso anno, aveva conquistato il settimo titolo a Osaka. «Sono felicissima di essere tornata a Wimbledon», scrive su Twitter. Come si prepara alle partite? «Ho ascoltato almeno sessanta volte Summer moonlight di Bob Sinclair».
OMGGG what a day @Wimbledon it was!!!Amazing feeling to be back in the wimbledon final!!all my congrats to @FlipperKF for her run this hear
— Marion bartoli (@bartoli_marion) July 4, 2013
My playlist before my match :”summer moonlight” from @bobsinclar, probably listen to it already 60 times since yesterday!!!! #cacdelamour
— Marion bartoli (@bartoli_marion) July 4, 2013