Esattamente come la leggendaria araba Fenice, che diede il nome al (fallito) progetto di rilancio del 2008, anche stavolta Alitalia rinasce dalle sue ceneri per la seconda volta in cinque anni. Nella notte l’assemblea ha approvato l’aumento di capitale da 300 milioni di euro, che i soci avranno 30 giorni di tempo a partire da oggi per sottoscrivere, e l’azzeramento delle cariche sociali una volta conclusa l’operazione straordinaria. Come trapelato nei giorni scorsi, Poste Italiane sottoscriverà una quota pari a 75 milioni di euro, mentre l’eventuale inoptato sarà garantito per 100 milioni complessivi da Intesa Sanpaolo e Unicredit e dato in prelazione ai soci in una finestra temporale aggiuntiva,«deliberata da un apposito consiglio d’amministrazione», si legge nella nota diffusa la mattina del 15 ottobre.
«La combinazione tra il sostegno dell’esecutivo all’entrata di Poste Italiane nel capitale di Alitalia e la concessione data a Emirates per operare un volo da Milano Malpensa a New York JFK a partire da questo mese implicano che la priorità politica è la difesa dei posti di lavoro piuttosto che la profittabilità della compagnia», ha scritto in una nota diffusa ieri Credit Suisse. Per la banca elvetica: «Gli investitori non saranno sorpresi della volontà di Air France di investire ancora, sebbene consideriamo difficile che l’aumento di capitale possa essere precursore di una ristrutturazione di successo». Un giudizio non incoraggiante, considerando che l’istituto è stato chiamato dall’ad Del Torchio per valutare la compagnia.
Vista dal punto di vista di Mistral Air, il vettore cargo delle Poste che già nel 2008 era stato tirato in ballo per l’acquisto degli aerei merci di Alitalia, poi ceduti ad Air France, le sinergie riguardano sostanzialmente tre aspetti: le economie di scala in termini di acquisti e fornitori, lo sviluppo di un servizio charter e soprattutto di servizi di e-commerce riempiendo la pancia degli aerei con un basso load factor. Un piano che secondo fonti interpellate da Linkiesta potrebbe essere operativo da subito. Intanto, Massimo Sarmi, numero uno delle Poste (controllate al 100% dal ministero dell’Economia), è volato a Parigi per incontrare i vertici di Air France, annullando l’audizione alle Camere programmata per la mattinata.
Sebbene Sarmi riesca a convincere il vettore transalpino della bontà dell’investimento, resta il fatto che l’obolo da 75 milioni versato dalle Poste potrebbe finire nel mirino della Commissione europea. Contattata dall’Ansa, ieri Iag – holding che controlla British Airways e Iberia– ha spiegato che è pronto un ricorso da presentare Bruxelles. «Ci siamo sempre opposti agli aiuti di Stato. Si tratta di protezionismo che mina la competizione e favorisce il fallimento delle aviolinee che non hanno il controllo della realtà economica», spiega il vettore, aggiungendo: «Noi chiederemo e ci attendiamo un intervento della Commissione europea». Da Bruxelles il portavoce di Joaquin Almunia, eurocommissario alla Concorrenza, ha replicato che l’Ue terrà gli occhi ben aperti. Nonostante l’ad Sarmi abbia assicurato che i soldi impiegati dalle Poste per l’acquisizione derivano dall’attività operativa e non dai libretti di risparmio dei correntisti. Da Lufthansa ad Aeroflot, intanto, sono arrivate le smentite di un possibile interessamento. Più delicata la posizione di Etihad, i cui rappresentanti nel corso dell’estate erano sbarcati a Roma su invito proprio di Del Torchio. Alcuni azionisti come Salvatore Mancuso, patron del fondo Equinox (al 3,8% di Cai) spingono per un’alleanza, tant’è che il vettore emiratino ha già agli atti un’alleanza proficua proprio con Air France.
Ugo Arrigo, docente di Finanza pubblica all’Università di Milano Bicocca, ha calcolato in un post sul blog dell’Istituto Bruno Leoni quanto è costata al contribuente dal 2008 a oggi la nuova compagnia di bandiera:
«In 9 anni sono stati bruciati un po’ più di 9 miliardi di euro. Sono stati inoltre persi circa 9 mila posti di lavoro se li calcoliamo, come è corretto, come differenza tra tutti gli occupati, a tempo intederminato e determinato, di AZ fly e controllate, AZ service ed AirOne, e quelli che sono stati assorbiti con l’avvio delle gestione Cai. È inoltre opportuno ricordare che alla data del 31.12.2007 il patrimonio netto di Alitalia era pari, sulla base del bilancio 2007, a 0,38 mld. e che, considerando la perdita del primo trimestre 2008, pari a 0,21 mld., esso è stimabile alla data del 31.3.2008, vigilia della cacciata dell’aspirante acquirente Air France, a 0,17 mld. di euro. La caduta successiva, da +0,17 mld. a -1,42 ml., corrispondente a 1,6 mld. di euro, è la perdita di valore imputabile alla mancata cessione a Air France e al perseguimento delle soluzione ‘autoctona’».
Se Alitalia negli ultimi nove anni ha perso un miliardo l’anno, quanto vale? Secondo le indiscrezioni di stampa, dal parere di congruità commissionato a Credit Suisse emergerebbe un valore compreso in un range tra 0 e non più di 150 milioni di euro. Un bagno di sangue per i “capitani coraggiosi”, da Colaninno ai Benetton, dai Riva alla Marcegaglia. Forse patriottici, sicuramente senza alcuna esperienza nel settore. I risultati si sono visti.
Twitter: @antoniovanuzzo