La storia di Jan Koum, il vero miracolo di WhatsApp

L’incredibile parabola del fondatore

Jan Koum ha scelto un luogo pieno di significato per firmare l’accordo da 19 miliardi dollari con cui ha venduto la sua WhatsApp a Facebook. Koum, il cofondatore Brian Acton e il venture capitalist di Sequoia Capital Jim Goetz hanno guidato per pochi isolati dalla sede discreta di WhatsApp, a Mountain View, fino a un edificio bianco in disuso a ridosso dei binari della ferrovia, l’ex ufficio dei servizi sociali di North County. Qui Koum, 37 anni, una volta stava in fila per prendere i “food stamp” (i buoni alimentari per i meno abbienti, ndr).

Ecco dove i tre hanno firmato l’accordo per vendere al più grande social network del mondo il loro fenomeno della messaggistica, che l’anno scorso ha fatturato la cifra minuscola di 20 milioni di dollari.

Koum, che Forbes ritiene possegga il 45% di WhatsApp e che quindi ha ricevuto improvvisamente 6,8 miliardi dollari (al netto delle imposte), è nato e cresciuto in un piccolo paese vicino a Kiev, in Ucraina, figlio unico di una casalinga e di un manager del settore edilizio che costruiva ospedali e scuole. La sua casa non aveva acqua calda e i suoi genitori raramente parlavano al telefono, per paura di essere intercettati dallo Stato. Suona male, ma Koum desidera ancora ardentamente la vita rurale che viveva un tempo, e questo è uno dei motivi principali per cui è tanto contrario alla pubblicità.

A 16 anni Koum e sua madre emigrarono a Mountain View, a causa del contesto politico instabile e antisemita, e ottennero dall’assistenza pubblica un piccolo appartamento di due stanze. Suo padre non si trasferì mai. La madre di Koum aveva riempito le loro valigie con penne e una pila di 20 taccuini sovietici, per evitare di pagare gli accessori per la scuola negli Stati Uniti. Cominciò a fare la baby sitter, mentre Koum spazzava il pavimento di un negozio di alimentari per aiutare a sbarcare il lunario. Quando a sua madre fu diagnosticato un cancro vivevano con l’assegno di invalidità di lei. Koum parlava inglese abbastanza bene, ma non amava la natura informale e volubile delle amicizie dei licei americani; in Ucraina si fanno dieci anni con lo stesso piccolo gruppo di amici di scuola. «In Russia tu conosci veramente una persona».

I fondatori di WhatsApp Brian Acton (a sinistra) e Jan Koum

Koum a scuola era un piantagrane, ma dai 18 anni aveva imparato da autodidatta il “computer networking”, acquistando manuali da un negozio di libri usati e restituendoli una volta letti. Si unì a un gruppo di hacker chiamato w00w00 sulla piattaforma di chat Efnet, intrufolandosi nei server della Silicon Graphics e chattando con il co-fondatore di Napster Sean Fanning. 

Si iscrisse alla San Jose State University, facendo un secondo lavoro presso Ernst & Young come collaudatore di sicurezza. Nel 1997 si trovò seduto su una scrivania da Acton, un dipendente di Yahoo di 44 anni, per ispezionare il sistema di pubblicità della società. «Si potrebbe dire che era un po’ diverso», ricorda Acton. «Era molto diretto, diceva cose tipo “Quali sono le vostre politiche di qui, cosa ci fai qui?”». 

Si scoprì che anche a Koum piaceva lo stile diretto di Acton: «Nessuno di noi ha talento per le stronzate», dice Koum. Sei mesi più tardi Koum fece un colloquio con Yahoo e ottenne un lavoro come ingegnere dell’infrastruttura. Era ancora alla San Jose State University, quando, dopo due settimane di lavoro a Yahoo, uno dei server della società si ruppe. Il co-fondatore di Yahoo David Filo chiamò il suo cellulare per chiedere aiuto. «Sono in aula», Koum rispose timidamente. «Che cazzo stai facendo in classe?», disse Filo. «Alza il culo e vai in ufficio». Filo aveva un piccolo team di ingegneri per i server e aveva bisogno di tutto l’aiuto che poteva ottenere. «In tutti i casi odiavo la scuola», dice Koum. La abbandonò. 

Quando la madre di Koum morì di cancro nel 2000, il giovane ucraino fu improvvisamente solo, suo padre era morto nel 1997. Acton

gli offrì supporto e lo aiutò a reagire. «Lui mi invitava a casa sua», ricorda Koum. I due andavano a sciare e a giocare a calcio e a frisbee.

Nel corso dei successivi nove anni, la coppia ha anche visto Yahoo passare attraverso diversi alti e bassi. Acton investì nel boom delle dotcom, e perse milioni nel crollo del 2000. Tutta la sua avversione per la pubblicità di ora c’era anche profondamente allora, ma aiutò Yahoo nell’importante e tanto in ritardo lancio della piattaforma pubblicitaria Project Panama, nel 2006. «Avere a che fare con la pubblicità è deprimente», dice ora. «Tu non rendi la vita di nessuno migliore facendo funzionare meglio la pubblicità». Era emotivamente svuotato. Nel suo profilo LinkedIn, Koum descrive senza entusiasmo i suoi ultimi tre anni di Yahoo con le parole: «Ha fatto qualche lavoro».

Nel settembre 2007 Koum e Acton, infine, lasciano Yahoo e si prendono un anno per decomprimersi, viaggiando in tutto il Sud America e giocando a ultimate frisbee. Entrambi si candidarono, senza successo, per lavorare a Facebook. «Facciamo parte del club degli scarti di Facebook», dice Acton. Koum stava mangiando i suoi 400.000 dollari di risparmi da Yahoo, e andava alla deriva. Poi, nel gennaio 2009, comprò un iPhone e si rese conto che l’App Store, che era stato lanciato sette mesi prima, era in procinto di creare il settore completamente nuovo delle app. Visitò la casa di Alex Fishman, un amico russo che invitava la comunità russa locale nella sua casa di West San Jose per le serate settimanali di pizza e film. Si presentavano fino a 40 persone. I due stavano per ore a parlare al bancone della cucina delle idee di Koum sulle app.

«Jan mi stava mostrando la sua rubrica», ricorda Fishman. «Il suo pensiero era che sarebbe stato davvero bello avere degli status accanto ai nomi delle persone». Gli status avrebbero dovuto mostrare se si stava chiamando, se la batteria era bassa, o se eri in palestra. Koum avrebbe potuto fare il backend, ma aveva bisogno di uno sviluppatore di iPhone, quindi Fishman lo presentò a Igor Solomennikov, uno sviluppatore in Russia, che aveva trovato su RentACoder.com. 

Koum quasi subito scelse il nome WhatsApp perché suonava come “cosa succede”, e una settimana dopo il suo compleanno, il 24 febbraio 2009, registrò WhatsApp Inc. in California. «È molto preciso», spiega Fishman. L’applicazione non era ancora stata scritta. Koum passò giorni creando il codice di backend per sincronizzare la sua app con qualsiasi numero di telefono in tutto il mondo, studiando attentamente una voce di Wikipedia che elencava prefissi internazionali – avrebbe trascorso molti mesi esasperanti aggiornandola con le centinaia di sfumature regionali.

All’inizio WhatsApp continuava fare crash o a bloccarsi, e quando Fishman la installò sul suo telefono cellulare, scaricò sull’applicazione solo una manciata di numeri sulle centinaia presenti nella sua rubrica – amici russi per lo più locali. Fishman andò dritto ai problemi e Koum prese appunti in uno dei quaderni di epoca sovietica che aveva portato negli anni prima e che conservava per i progetti importanti. 

Il mese successivo, dopo una partita di ultimate frisbee con Acton, Koum a malincuore ammise che probabilmente avrebbe dovuto lasciar perdere e iniziare a cercare un lavoro. Acton esitò. «Saresti un idiota a uscire ora», gli disse. «Dagli ancora un paio di mesi».

Un aiuto arrivò da Apple quando lanciò le notifiche push nel giugno 2009, consentendo agli sviluppatori di verificare se gli utenti non usavano un’app. Jan aggiornò WhatsApp in modo che ogni volta che si cambiava status – “Non posso parlare, sono in palestra” -, tutto il network sarebbe stato avvisato. Gli amici russi di Fishman cominciarono a usarlo per eseguire il ping a vicenda con stati personalizzati e ironici, come, “Mi sono svegliato tardi”, o “I’m on my way”. 

«A un certo punto è diventato una sorta di instant messaging», dice Fishman. «Abbiamo iniziato ad usarlo come “Ehi, come stai?” e poi qualcuno avrebbe dovuto rispondere». Jan osservò gli status che cambiavano su un Mac Mini nella sua casa di Santa Clara, e si rese conto che aveva inavvertitamente creato un servizio di messaggistica. «Essere in grado di raggiungere qualcuno in mezzo alla strada in tutto il mondo istantaneamente, su un dispositivo che è sempre con te, era potente», dice Koum.

Continua a leggere sul sito di Forbes

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club