L’appuntamento è stato fissato alcuni giorni fa. Ore 18.30, Piazza di Pietra, Roma. Domani, appena tornato dal rendez vous teutonico con la Cancelliera Angela Merkel, il presidente del Consiglio Matteo Renzi è atteso al Tempio di Adriano per la presentazione del libro “Non solo Euro”, di Massimo D’Alema. I cronisti politici hanno segnato da qualche giorno l’evento sull’agenda. Liquidare l’appuntamento alla stregua di un incontro tra rottamato e rottamatore sarebbe uno sbaglio. La serata di domani è molto di più. E racconta meglio di tante altre vicende la svolta a sinistra del segretario del Partito democratico. Sincera o presunta non fa poi troppa differenza.
Perché certo, l’avvicinamento con Massimo D‘Alema non è il frutto di un’improvvisa infatuazione. I due sono prima di tutto politici di razza, e conseguentemente si comportano. Al segretario del Pd serve il sostegno dell’ex premier (dicono che l’intercessione dell’illustre predecessore abbia aiutato il governo non poco nel primo, difficile, passaggio parlamentare sulla legge elettorale). D’altra parte al presidente della fondazione Italianeuropei non può non servire la sponda di Renzi, se davvero punta al ruolo di commissario europeo.
Intanto il presidente del Consiglio ha iniziato a guardare a sinistra. Ostentatamente. Non è un caso se uno dei primi risultati da segretario del Pd sia stato proprio l’ingresso del partito nel Pse. Un passaggio atteso da tempo, mai formalizzato. Una svolta da lasciare a bocca aperta buona parte della minoranza interna. La scorsa settimana, poi, la presentazione del piano di riforme renziane a Palazzo Chigi ha sorpreso mezzo partito. Sostegno in busta paga ai lavoratori più indigenti, aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. «Certo, un programma di sinistra. Vedremo se ci saranno le coperture» balbettavano il giorno dopo gli oppositori interni, a lungo convinti che lo stesso Matteo Renzi fosse un’emanazione del centrodestra.
Ultima, è arrivata la novità pacifista. Per far quadrare i conti, oggi il presidente del Consiglio chiede tre miliardi alla Difesa. Annunciando la dismissione di centinaia di caserme, ma anche una riduzione dei militari e dei discussi cacciabombardieri F35. Come un Nichi Vendola qualsiasi. Per non parlare del sussidio universale di disoccupazione allo studio del ministero del Lavoro. Un progetto di sinistra con la esse maiuscola.
Poco importa se la svolta politica del presidente del Consiglio sia vera o presunta. Il punto non è questo. Oggi Matteo Renzi si è dotato di un’immagine per molti inedita. Sarebbe ingiusto definirla una mera operazione di marketing. Ma certo gli servirà – se non gli è già servita – per scrollarsi di dosso le tante critiche che hanno accompagnato gli accordi con Silvio Berlusconi su legge elettorale e riforme. Del resto fino a poco tempo fa nel Pd c’era chi considerava Renzi quasi un estraneo. Lui che alla Leopolda si accompagnava con Pietro Ichino e il finanziere Davide Serra. Quando durante le primarie del 2012 si era permesso di chiedere il voto anche agli elettori di centrodestra, il giovane rottamatore era quasi passato da traditore. Persino per molti che oggi lo sostengono apertamente.
E quante ironie il giorno che Renzi si era presentato in diretta tv da Maria De Filippi. Ospite di Amici, in prima serata su Canale Cinque. Stando alle polemiche più ingenerose che in quei giorni gli erano cadute addosso, la trasmissione era la dimostrazione stessa del legame tra il sindaco di Firenze e rivoluzione politica e culturale del Cavaliere. Tante malizie le aveva sollevate solo la sua partecipazione alla Ruota della fortuna di Mike Bongiorno. Un vecchio filmato di ormai vent’anni fa che continua a girare in rete. Per molti, a sinistra, l’occasione per raccontare con sarcasmo quel rapporto nascosto tra Renzi e l’essenza stessa del berlusconismo. Letture difficili da argomentare. Roba da psicanalisi, siamo sinceri.
A scanso di equivoci, adesso Renzi prova a far chiarezza. Con buona pace dei format della tv commerciale, il presidente del Consiglio guarda a sinistra. Davanti all’inatteso programma di governo, qualcuno già storce la bocca. «Già il fatto che ci si chieda se il programma di Renzi sia sinistra, significa che non c’è più una cosa che noi chiamavamo di sinistra», ha spiegato pochi giorni fa l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti all’Huffington Post. «Non vedo in Renzi assolutamente un uomo di sinistra: lui sarà di sinistra quando gli converrà, così come di destra, basta vedere il patto con Berlusconi su questa legge elettorale pessima che distrugge tutte le minoranze», ha chiarito recentemente lo storico Paul Ginsborg. Sinistra o meno, e se queste critiche fossero un buon punto di inizio?