Per sconfiggere Daesh e il terrorismo jihadista è necessario interrompere i flussi di finanziamento e bloccare la vendita di armi a quei paesi “amici” che nel recente passato hanno supportato direttamente o indirettamente lo Stato islamico. Poche ore dopo l’abbattimento di un jet militare russo da parte delle forze armate turche – con il conseguente aumento di tensione sul conflitto siriano – il Parlamento continua a interrogarsi sulla crisi internazionale. A lanciare una serie di proposte sono i deputati di Sinistra Italiana, che dopo aver depositato una mozione a Montecitorio chiedono un confronto con il governo. Il documento articola una lunga strategia di contrasto al terrorismo, presentando alcuni dati particolarmente significativi.
«Negli ultimi anni, mentre il Medioriente bruciava – si legge – contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell’area medio orientale e del Nord Africa»
Un passaggio centrale è dedicato alla fornitura di armi verso i combattenti jihadisti. Un fenomeno che ci riguarda direttamente. «Negli ultimi anni, mentre il Medioriente bruciava – si legge – contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell’area medio orientale e del Nord Africa». Anche l’Italia ha un ruolo importante. «Dalle relazioni inviate dal governo alle Camere, si evince che nel quinquennio 2010-2014 la meta principale delle nostre armi è stato il Medio Oriente. Cinque miliardi di euro, rispetto ai poco meno di quattro del quinquennio 2005-2009». I parlamentari di Sinistra Italiana spiegano come attraverso la “triangolazione” con paesi alleati, in alcuni casi finanziatori del Daesh, le armi siano finite nelle mani dei terroristi. «E quindi siamo al paradosso – si legge – che combattiamo contro le armi che noi stessi abbiamo venduto in Medio Oriente». La mozione cita l’Unodc, l’agenzia Onu che si occupa di droga e criminalità. Secondo le stime dell’organizzazione internazionale almeno il 90 per cento dei traffici illegali di armi proviene proprio dal commercio legale. «Frutto della triangolazione o dell’aver armato gruppi che poi cambiano alleanze, come avvenuto in Iraq e Siria».
Il documento parlamentare riporta la ricerca “Small Arms Survey” dell’Istituto universitario di alti studi internazionali e dello sviluppo. Secondo questa analisi «Daesh ha avuto disponibilità di armi provenienti dall’Arabia Saudita e la stessa accusa grava sul Qatar». L’emirato, ricordano i parlamentari, in cui l’Italia ha esportato armi per 146 milioni di euro dal 2012 al 2014. Adesso la mozione depositata alla Camera chiede al governo di intraprendere urgenti iniziative per impedire la vendita di armamenti «ai Paesi responsabili di aver aver supportato direttamente o indirettamente Daesh». Lavorando con la nostra diplomazia per proporre anche a livello internazionale una moratoria sulle esportazioni verso i paesi sospettati di aver armato e finanziato i gruppi terroristici.
È fondamentale «non partecipare a bombardamenti scarsamente efficaci su larga scala e senza un obiettivo preciso che finiscono per coinvolgere in larga parte la popolazione civile già martoriata dal conflitto»
La mozione punta poi sul fenomeno dei foreign fighters. Per arginare il flusso di combattenti stranieri arruolati dal Califfo è importante fare pressioni sulla Turchia per istituire un controllo internazionale lungo la linea di frontiera con la Siria. Allo stesso tempo il documento sostiene la decisione del nostro esecutivo in merito ad azioni militari contro lo Stato islamico. È fondamentale, si legge, «non partecipare a bombardamenti scarsamente efficaci su larga scala e senza un obiettivo preciso che finiscono per coinvolgere in larga parte la popolazione civile già martoriata dal conflitto». Così come diventa importante aumentare l’impegno, anche economico, per accrescere le attività di intelligence e un maggior coordinamento a livello europeo. «A discapito di una sorveglianza di massa, scarsamente efficace e costosa, non solo in termini di diritti civili».
Daesh ha in mano pozzi di petrolio, opere d’arte, persino caveau di banche «conquistate nel conflitto». Ma la capacità economica dell’Isis dipende molto dalla capacità di riciclaggio della finanza del Golfo
L’altro grande intervento necessario per sconfiggere il terrorismo, però, riguarda la sfera economica. Con l’aiuto dei nostri alleati internazionali bisogna interrompere i flussi di finanziamento a Daesh. Ancora una volta la mozione punta il dito verso i paesi sunniti del Golfo come il Qatar, Arabia Saudita e Kuwait. «Formalmente nostri alleati nella coalizione anti-Daesh» si legge nel documento. E che pure «in maniera più o meno indiretta, hanno finanziato attraverso donazioni i gruppi islamici dell’opposizione siriana, inclusi quelli estremistici come Al Nusra e Daesh». I terroristi dello Stato islamico possono in parte sostenersi grazie al bottino di guerra degli ultimi anni. La mozione spiega che Daesh ha in mano pozzi di petrolio, opere d’arte, persino caveau di banche «conquistate nel conflitto». Ma le disponibilità economiche dell’Isis dipendono molto dalla capacità di riciclaggio della finanza del Golfo. «Il sistema bancario del Kuwait – si legge ancora – ha norme antiriciclaggio poco trasparenti e permette anche l’awala, il trasferimento di denaro, anche all’estero, da individuo a individuo senza alcuna tracciabilità».
I deputati di Sinistra Italiana chiamano in causa anche la Turchia. La permeabilità della frontiera con la Siria, accusano, avrebbe giocato un ruolo fondamentale nel contrabbando di petrolio a basso costo. Una delle principali fonti di finanziamento di Daesh. Discorso a parte merita l’abbattimento del jet russo da parte delle forze di Ankara. Sinistra Italiana chiede al governo di riferire alle Camere in tempi brevi. È necessaria «una definizione maggiore da parte dell’Italia del ruolo della Turchia» spiega il capogruppo Arturo Scotto a Montecitorio. Erdogan «non può essere la mattina al fianco della Nato e la sera bombardare i curdi che combattono in prima linea contro il Daesh».