Torna dall’Olanda e apre uno studio legale “europeo”. Oggi dà lavoro a 15 professionisti

Paolo, 37 anni, un dottorato a Tilburgo, gavetta tra avvocati olandesi e italiani. Il suo studio legale ora ha tre sedi in Italia e una in Olanda

Paolo Balboni non è figlio d’arte e non ha avuto la strada già spianata. Ciò che ha fatto è frutto di coraggio, spirito imprenditoriale ma soprattutto di un viaggio in una cittadina sconosciuta dell’Olanda, Tilburgo. Oggi è alla guida di uno studio legale che impiega 15 professionisti italiani, ha più di 100 clienti attivi in tutto il mondo, una rete consolidata e mondiale di collaboratori, e quattro sedi, tre in Italia e una ad Amsterdam. Si occupa di una materia poco nota e praticata nel Bel Paese: privacy, diritti delle nuove tecnologie e proprietà intellettuale. In quattro anni e mezzo, il suo studio è diventato il dipartimento legale specializzato in diritto delle nuove tecnologie più grande in Italia per numero di sedi e di professionisti stabilmente coinvolti.

«Non sapevo nemmeno dove fosse. Quando il professore di Diritto Privato Comparato all’Università di Bologna me ne ha parlato, sono andato alla Feltrinelli e ho cercato Tilburgo sulla Lonely Planet», racconta oggi Paolo, 37 anni, sposato e con due (quasi tre) figli. «Quella città e quel professore mi hanno letteralmente cambiato la vita». È il 2002, e Paolo, su consiglio del professor Franco Ferrari parte per un Erasmus a Tilburgo. Diritto Privato Comparato è una delle poche materie in cui è riuscito a prendere un bel 30. È naturale per lui chiedere la tesi in quella materia e fare un Erasmus coerente. «Ferrari mi ha consigliato quel campus del sud dell’Olanda perché eccelle in Europa nella materia cui ero interessato. Arrivato lì ho seguito un corso di Privacy e protezione dei dati personali, un corso che a Bologna, a distanza di più di dieci anni, è ancora assente. Quasi quasi mi propongo per insegnarlo», scherza Balboni.

È il professore di Diritto delle assicurazioni a fargli la proposta che gli cambia la vita. Sostituire uno studente cinese in un dottorato in Privacy e Protezione dei Dati

Durante una delle lezioni olandesi il professore suggerisce un tema su cui sarebbe interessante fare ricerca, un Phd. Al termine, Paolo lo raggiunge e chiede in cosa consiste un Phd. «Deve scrivere un progetto di ricerca e poi lavorarci per quattro anni», si sente rispondere. Paolo dà l’arrivederci al professore, convinto che non sia roba per lui.

Finito il semestre, arriva il momento di fare i bagagli e tornare in Italia. Balboni fa un giro di saluti tra i docenti più stimati. È quello di Diritto della Responsabilità Civile a fargli una proposta. Un suo ricercatore cinese ha appena mollato un dottorato in Privacy and Data Protection (Responsabilità dei fornitori dei servizi internet). A due mesi dall’inizio, quel ragazzo ha deciso di tornare in Cina. Paolo potrebbe sostituirlo. «È l’occasione della vita», pensa lui. Rimanda il volo di tre giorni e fa i colloqui necessari con i docenti del campus coinvolti nel progetto. Gli fanno sapere di aver avuto una buona impressione di lui e che se riesce a laurearsi entro dicembre 2002, quel posto è suo. A gennaio 2003 iniziano i quattro anni di Dottorato di Balboni.

Finito il Dottorato Paolo non è né carne né pesce. Né avvocato Olandese né italiano. Deve tornare e sporcarsi le mani in uno studio milanese

Ma c’è ancora un tratto di strada da fare prima di capire dove quella serie di coincidenze lo sta portando. È al termine del dottorato, durante un colloquio con un partner dello studio Baker and McKenzie di Amsterdam, che Balboni viene messo di fronte a una realtà inaspettata. Il Phd gli ha permesso di costruirsi un profilo internazionale. Ma ora lui non è né carne né pesce. Né Olandese né Italiano. «Non saprei cosa farmene di te», gli dice quell’avvocato. «Il diritto è localizzato negli stati membri dell’Unione Europea. Non basta avere un Phd in Olanda per poter lavorare in tutta Europa». È allora che Paolo decide di rientrare e di “sporcarsi le mani”. «Ho iniziato la mia gavetta in due studi milanesi, Bird&Bird e Becker and McKenzy. Entrambi si occupavano in parte della materia in cui ero specializzato. Avevo bisogno di calare quel che avevo appreso in Olanda nel contesto italiano».

Dopo tre anni e mezzo, Paolo incontra due realtà interessate ai servizi legali in cui è esperto. Balboni è di fronte a un nuovo bivio: o li porta nello studio per cui lavora, oppure li fa diventare suoi clienti personali. Sceglie la seconda strada e nasce ICT Legal Consulting. Nel progetto Balboni coinvolge anche Luca Bolognini, avvocato di Roma presidente dell’Istituto Italiano per la privacy con cui aveva in precedenza collaborato. «Eravamo coetanei, entrambi interessati nella stessa materia e capaci di completarci a vicenda». La prima sede è a Bologna, città natale di Paol, la seconda a Roma, dove opera Luca. Due anni dopo aprono anche a Milano, con il coinvolgimento di un terzo giovane partner specializzato in Proprietà intellettuale.

Il segreto del successo è una rete di collaboratori internazionali creata attraverso incontri fatti in Erasmus o durante il Phd

Il segreto del successo di questo studio legale è la rete di professionisti che Paolo ha costruito in tutto il mondo. «Sono tutte persone che ho conosciuto di persona e di cui ho massima fiducia. Le ho incontrate durante il lavoro all’Università di Tilburgo, negli anni di lavoro a Milano e Amsterdam, o a conferenze fatte durante il Phd». I suoi clienti, infatti, sono per lo più multinazionali che hanno bisogno di contrattualizzare servizi tecnologici da offrire in tutto il mondo, oppure trasferire ingenti quantità di dati personali. Questo li porta a destreggiarsi tra normative nazionali differenti. «Stiamo aiutando ad esempio un’azienda a trasferire dati personali da otto paesi europei agli Usa», spiega. «A chi fornisce servizi tecnologici su scala internazionale, occorrono dei documenti tecnici che sa scrivere solo chi conosce la disciplina locale dei vari stati. L’headquarter italiano prepara la documentazione principale (in gergo i master agreement, le matrici dei contratti), poi tutto deve essere “localizzato”, cioè adattato ai vari paesi in cui l’azienda vuole portare i suoi servizi. Ed è necessario rivolgersi ad esperti locali, i collaboratori di Paolo, appunto. «In questo modo generiamo lavoro sia in Italia che all’estero. Sono in molti tra i colleghi stranieri a stupirsi di questa insolita propulsione che viene dall’Italia».

Ora è Amsterdam il punto nevralgico per sviluppare le attività dello studio

Dopo essersi “italianizzato”, però, arriva di nuovo il momento di aprirsi al mondo e dare un nuovo senso all’esperienza fatta all’estero. Nel 2014 Balboni &Co aprono una sede ad Amsterdam, nell’Olanda del suo Phd. La ICT Consulting creata da un italiano espatriato diventa multinazionale. «L’Olanda è tra le aree in Europa con la più alta concentrazione di aziende tecnologiche, quelle per cui noi lavoriamo». Le aziende la scelgono perché «le regole per aprire e gestire una società sono semplicissime, c’è un regime fiscale interessante. Tutti sanno l’inglese, compresa la vecchietta che incontri per strada. E c’è una infrastruttura tecnologica eccellente e la rete dei trasporti è sviluppata ed eccellente».

Amsterdam è un punto nevralgico per sviluppare la sua attività e offrire servizi non solo alle imprese italiane. «Dobbiamo avvicinarci agli headquarter delle multinazionali, accreditarci sul mercato di Amsterdam. E dobbiamo farlo in fretta, prima che entri in vigore la nuova riforma europea sulla protezione dei dati». Pensata sia per garantire i diritti dei cittadino che per semplificare le regole per le aziende, la riforma, spiega Balboni, prevede che sia l’headquarter di una multinazionale a gestire e stabilire la disciplina sul trattamento dei dati da parte delle sedi di tutto il gruppo. «Oggi, spiega meglio l’avvocato, se un’azienda ha sei società in sei diversi stati membri dell’Ue, deve allinearsi a sei normative differenti. Con l’entrata in vigore della riforma europea, ci sarà un’unica legge per tutta Europa e saranno i quartieri generali ad avere peso enorme in materia». Balboni è il protagonista di un documentario, Democracy, dedicato proprio a questo tema (qui il trailer) e di cui ha parlato anche l’inglese Guardian.

«Sono diventato un pendolare Ue. Ma è grazie al viaggio a Tilburgo che ho creato tutto questo»

Paolo dice di sentirsi italiano al 100%, anche se da quando ha aperto al sede olandese è diventato un «pendolare Ue» e alterna una settimana a Bologna a una ad Amsterdam, dove ha trasferito la famiglia. Se guarda alla sua storia, sa che tutto quello che ha creato lo deve al viaggio fatto nella remota Tilburgo. «Ho avuto la fortuna di specializzarmi in Data protection al momento opportuno. Ma anche di scegliere di tornare e calare le conoscenze in Italia, dove questa disciplina è ancora pochissimo praticata ad alto livello».

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