Guzzanti asfalta Fiorello, ma in fondo chi ride sempre è Sky

Il format ideato da Fiorello sul web nel 2011 sbarca in televisione con un doppio appuntamento giornaliero su Sky, ma non basta la provenienza "made in web" per farne un prodotto innovativo e di qualità.

Ieri è stato il primo giorno di Edicola Fiore in televisione, in contemporanea su Sky Uno e su Tv Otto. Il format inventato da Fiorello ha un primato: nato nel 2011 su Twitter, passato dalla radio e da YouTube, è il primo prodotto “born in web” che conquista i palinsesti televisivi. O almeno questa è la lettura che ne danno molti degli analisti sui quotidiani. «Fiorello porta in televisione “l’antitelevisione”», scrive sul Fatto Domenico Naso, che aggiunge: «In una tv che non lascia più nulla al caso, con format scritti dalla prima all’ultima parola, dove tutto è schedulato, contingentato e già previsto (anche l’imprevisto), Fiorello propone un “prodotto” che vive di associazioni di idee nate sul momento, di improvvisazioni, di spalle improvvisate e spesso inconsapevoli che alzano palle perfette per le schiacciate dello showman siciliano». «Viene da internet, dal web; dalla telecamerina di Fiorello, dal suo canale Youtube (lui, che nativo digitale non è) e da un’idea fresca e dinamica di intrattenimento», scrive invece Gianmaria Tammaro su Il Foglio.

Il Web che sbarca in Tv, quindi, “idee fresche”, “palle perfette per le schiacciate dello showman siciliano”. Ma siamo così sicuri che si tratti di un prodotto Web che sbarca in Televisione? Siamo sicuri che ci siano delle novità nel linguaggio e nello stile di questo format?

Prima cosa: Edicola Fiore è un prodotto Web come lo è il podcast che sento tutte le mattine del Demone del tardi di Radiopopolare. Per entrambi i prodotti, il web non è altro che un canale distributivo, non produttivo. Semplicemente perché, se Fiorello avesse usato il web per sfruttare le caratteristiche che fanno di Internet una medium diverso dalla televisione, quel format sarebbe rimasto sul web. Perché la differenza tra il web e la televisione non è solo una questione di tempi, ma anche di modi, di multimedialità, di interazione e soprattutto di libertà. E la libertà di ironia non è esattamente portare in televisione un benzinaio ignorante. O meglio, sì, ma la libertà di ironia è quella di lasciarlo bestemmiare. Una cosa che, e Fiorello lo sa bene, in Tv te la sogni.

Ma Fiorello le sa benissimo queste cose. Perché la convenienza specifica di Fiorello non è innovare, non ne ha bisogno, non è il suo obiettivo. Come lui stesso ha dichiarato nel 2011 a TvTalk: «Nessuno aveva intenzione di innovare niente, noi volevamo fare il varietà, cioé una varietà di cose. Secondo me innovare significa fare questo perché non esiste più: adesso è questa la novità». Questa fu la sua risposta alle critiche che colpirono il suo show #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, e la cui grande innovazione si fermava al titolo, un hashtag. L’interesse di Fiorello, come quello di tutti noi, è di lavorare. E finché in Italia ci sarà un pubblico disposto a vedere queste cose — occhio, che i numeri di Fiorello sul web, e si parla di 2 milioni di seguito, è abbastanza basso se messo a confronto con quello delle vere star di YouTube — Fiorello lavorerà. Ma lo sta facendo con una televisione di retroguardia, non con un prodotto innovativo e d’avanguardia che viene dal web.

Insomma, dov’è la novità? Nei vecchi vestiti da pirla con sguardi bovini che fanno da sfondo? Dai, su, quelli li abbiamo già visti nelle prime file della Corrida di Corrado. E già lì erano penosi. È una novità la spalla intellettuale che dice le parole difficili nell’ordine di “didascalico” e “Victor Hugo”? Oppure è in Fedez che interviene sui Marò per dire che ora ci manca il cane dei Marò? O nel Pompa, il benzinaio che fa ridere la platea balterando in romanesco che la spazzatura è una merda e Roma fa schifo mentre la spalla intellettuale, il giornalista sportivo Stefano Meloccaro, ripete per tre volte, alzandosi in piedi «Questo è un programma che parla AL PAESE REALE!»? Suvvia, qui di innovazione vera c’è molto poco.

C’è solo un grande merito che, questo sì, bisogna riconoscere più che a Fiorello a Sky. L’aver capito, un po’ come Netflix, che nel 2016, se sei una televisione privata a pagamento e devi far abbonare la gente, devi riuscire ad accontentare tutti. È proprio in questa logica che Sky ha prodotto contemporaneamente format così diversi, per target così diversi come Edicola Fiore di Fiorello, Dov’è Mario? di Guzzanti o Dago in the Sky con Dagospia.

È la lezione di Netflix: se conosci il tuo pubblico — e Sky, anche se non lo conosce come potenzialmente lo conosce Netflix, lo conosce in maniera incredibilmente più dettagliata, sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto l’aspetto qualitativo, dei classici canali generalisti — se conosci il tuo pubblico, dicevamo, puoi sapere abbastanza bene cosa piacerà e cosa non piacerà. Se quei dati ce li hai e li sai leggere, come Netflix e Sky, ti sei già accorto che il tuo pubblico non è più un pubblico, ma sono tanti, e il tuo obiettivo per fare centro è cercare di accontentarli tutti, di accumularli.

È così che nella stessa emittente convivono prodotti così diversi. È per questo che posso scrivere quante volte voglio che Edicola Fiore è un prodotto di pessima televisione, prima che di pessimo web, o che Dov’è Mario? è, al contrario, un prodotto di alta qualità. Anche una volta che ho titolato questo articolo Guzzanti asfalta Fiorello, ma in fondo chi ride sempre è Sky.

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