Criminalità e potereDa Reggio Calabria al Senato, così la cupola della ‘ndrangheta controllava la politica

L’inchiesta “Mammasantissima” della Dda di Reggio Calabria svela il vertice segreto della ‘ndrangheta, in grado di controllare le elezioni locali fino a mandare i suoi uomini in Parlamento. Chiesto l’arresto per il senatore Gal Antonio Caridi

Si chiama “Mamma Santissima” l’ultima operazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Perché svela la cupola di potere della ‘ndrangheta, la struttura di vertice invisibile che da Reggio Calabria tesse le trame degli interessi dei clan e soprattutto condiziona la politica. A tutti i livelli, dalla Calabria fino a Roma e Bruxelles. Il 15 luglio la Dda reggina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di cinque persone per associazione mafiosa. Nell’elenco dei destinatari ci sono l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, già agli arresti dal 9 maggio scorso; l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra; l’avvocato Giorgio De Stefano, anche lui già detenuto; Francesco Chirico, ex dipendente della Regione e cognato del boss Orazio De Stefano; e il senatore di Gal Antonio Stefano Caridi, per il quale è stata già chiesta l’autorizzazione per l’arresto al Senato. Un’indagine «spartiacque», che ridisegna l’assetto della criminalità organizzata calabrese. Perché svela nomi e volti della parte più segreta della ‘ndrangheta sullo Stretto.

Incrociando le carte dell’operazione “Meta” e di altre operazioni chiave con i verbali di alcuni pentiti rimasti per anni negli archivi della Procura, il pm di Reggio Calabria Giusepppe Lombardo è riuscito a unire i puntini dimostrando l’esistenza di una sorta di direttorio di ‘ndrangheta. Sovraordinata rispetto alla “Provincia”, l’organo di governo dell’organizzazione mafiosa dove sono rappresentate le cosche dei tre mandamenti.

È quella che si chiama Santa, una zona grigia di incrocio tra la politica, le istituzioni e la massoneria deviata. Che già negli anni Settanta la ‘ndrangheta aveva creato per meglio tutelare i propri interessi ed evitare di pagare i massoni per interloquire con i politici. È la società maggiore, una sorta di élite della ‘ndrangheta, che la base dell’organizzazione nemmeno conosce e che avrebbe «allevato» i propri uomini nei palazzi delle istituzioni. In questo livello criminale superiore avrebbero agito Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, servendosi di uomini politici come Alberto Sarra, sottosegretario nel governo regionale guidato da Giuseppe Scopelliti, e il senatore Antonio Caridi. Queste figure sarebbero state utilizzate per infiltrarsi nelle stanze del potere. Condizionando puntualmente le elezioni «in ambito comunale, provinciale, regionale». Fino a individuare «i propri affiliati da proiettare nel parlamento nazionale».

Così la Santa avrebbe scommesso su Giuseppe Scopelliti, portandolo alla guida di Reggio. Tant‘è che l’abitazione e gli uffici di Scopelliti sono stati perquisiti. E allo stesso modo la cupola avrebbe scelto poi Pietro Fuda a capo della provincia reggina e l’ex assessore regionale Umberto Pirilli per occupare i banchi del Parlamento europeo. Fino a puntare su Caridi in Senato. Come un gioco degli scacchi in cui le pedine devono occupare i posti che contano. Per avere un proprio referente ovunque ci sia potere.

Viene fuori la cupola segreta della ‘ndrangheta, un direttorio segreto e invisibile che da Reggio Calabria tesseva le trame degli interessi dei clan e soprattutto condizionava la politica a tutti i livelli

Il nome chiave dell’inchiesta è proprio quello del senatore Antonio Caridi, ex Forza Italia ed Ncd, oggi nel Gruppo autonomie e libertà. Un nome che sullo Stretto è sempre stato campione di voti. Nel 1997 era stato eletto consigliere comunale di Reggio Calabria, risultando il primo degli eletti tra tutte le liste. Candidato alle regionali calabresi nel 2000 e nel 2005, prima nella lista del Ccd e poi in quella dell’Udc, dal 2002 è stato anche assessore all’Ambiente nella giunta comunale di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Scopelliti. Nel 2010, poi, viene eletto consigliere regionale per il Popolo delle libertà, risultando il primo delle liste della provincia con oltre 11mila preferenze, fino alla nomina ad assessore regionale per le Attività produttive nella giunta Scopelliti. Finché nel 2013 viene eletto senatore per il Pdl, occupando i banchi delle commissioni Industria, commercio e turismo, Igiene e sanità e quella per le questioni regionali. Secondo i magistrati, in quttua la sua sua carriera politica avrebbe fruito «dell’appoggio della ‘ndrangheta». Con il sostegno di famiglie diverse, dai De Stefano ai Crucitti.

Il nome di Caridi, però, non era nuovo alla Dda. Di lui per primo parlò il pentito Giovambattista Fracapane, ex killer dei De Stefano, riferendo ai magistrati di aver sentito più volte i nomi dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti e di Antonio Caridi negli ambienti della cosca del quartiere Archi di Reggio Calabria. Nel 2011, poi, Caridi era comparso pure nelle carte della Dda di Genova. Tant’è che i magistrati liguri si misero di traverso quando nel 2013 il capogruppo al Senato del Pdl, Renato Schifani, lo propose come membro della Commissione parlamentare antimafia. Nelle carte fatte arrivare a Roma emergeva il collegamento di Caridi con gli esponenti della cosca Gullace-Raso-Albanese, che avrebbe condizionato le elezioni regionali in Calabria per favorire l’ascesa politica di Caridi. Dal 2013 poi, il senatore è passato prima tra i banchi dell’Ncd di Angelino Alfano, per aderire poi a fine 2014 al gruppo Gal. Ora per il suo arresto bisognerà aspettare l’autorizzazione del Senato.

La Santa avrebbe scommesso su Giuseppe Scopelliti, portandolo prima alla guida di Reggio e poi della Regione Calabria, per mettere mani nei fondi pubblici. E allo stesso modo avrebbe scelto Pietro Fuda a capo della provincia reggina e l’ex assessore regionale Umberto Pirilli per occupare i banchi del Parlamento europeo. Fino a puntare su Caridi in Senato

La struttura segreta, di cui Caridi sarebbe stato esponente a Roma, avrebbe avuto il ruolo di «definire le strategie criminali di massimo livello» per «estendere il programma criminoso negli ambiti di maggiore interesse, con particolare riferimento a quelli informativi, imprenditoriali, economici-finanziari-bancari, amministrativi – politici – istituzionali», interagendo anche con «enti pubblici locali territoriali e singoli membri di organi politici di rilievo costituzionale». Quello che emerge è che non è la politica che si mette a disposizione della criminalità. Ma che la criminalità si sia dotata di una sua struttura che autonomamente muove gli uomini nelle istituzioni per raggiungere i suoi obiettivi. E che per questo è diventata potente.

Tramite figure come quelle di Caridi e l’ex sottosegretario regionale Sarra, sarebbero così arrivati in contatto figure centrali della politica nazionale. Come l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che non risulta indagato e che avrebbe beneficiato anche lui dell’appoggio elettorale della Santa. O come l’attuale vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che si sarebbe rivolto ai politici reggini per trovare lavoro a un suo amico.

Una commistione tra clientelismo, politica, massoneria e criminalità. Una potente cupola di invisibili che avrebbe deciso assunzioni e nomine. In grado di «dettare le linee strategiche dell’intera organizzazione» e di «interagire sistematicamente e riservatamente con gli ambienti politici, istituzionali e imprenditoriali». Ma anche di gestire «le relazioni con le altre organizzazioni similari inserite in un più vasto sistema criminale di tipo mafioso operante in Italia e all’estero». Un Mammasantissima segreta che avrebbe intrattenuto rapporti persino con Camorra e Cosa Nostra.

Quello che emerge è che non è la politica che si mette a disposizione della criminalità. Ma che la criminalità si sia dotata di una sua struttura che autonomamente muove gli uomini nelle istituzioni per raggiungere i suoi obiettivi. E che per questo è diventata potente

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